involuzione

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Poche cose abbiamo imparato dalla storia all'infuori di questa: che le idee si condensano in un sistema di ortodossia, i poteri in una forma gerarchica e che ciò che può ridare vita al corpo sociale irrigidito è soltanto l'alito della libertà, con la quale intendo quella irrequietezza dello spirito, quell'insofferenza dell'ordine stabilito, quell'aborrimento di ogni conformismo che richiede spregiudicatezza mentale ed energia di carattere.
Io sono convinto che se non avessimo imparato dal marxismo a vedere la storia dal punto di vista degli oppressi, guadagnando una nuova immensa prospettiva sul mondo umano, non ci saremmo salvati. O avremmo cercato riparo nell'isola della nostra interiorità o ci saremmo messi al servizio dei vecchi padroni. Ma tra coloro che si sono salvati, solo alcuni hanno tratto in salvo un piccolo bagaglio dove, prima di buttarsi in mare, avevano deposto, per custodirli, i frutti più sani della tradizione intellettuale europea: l'inquietudine della ricerca, il pungolo del dubbio, la volontà del dialogo, lo spirito critico, la misura nel giudicare, lo scrupolo filologico, il senso della complessità delle cose.
Norberto Bobbio

sabato 27 settembre 2014

DAL SOGNO AL FOGNO


 ECCO CHE SUCCEDE A CHI nella propria ingenuità(che non è una colpa ,intendiamoci) CREDE AI DISPENSATORI DI MIRACOLI

 di Dmitrij Sokolov-Mitrich   FONTE

Amavamo l'America. Me ne ricordo, l'amavamo. Quando eravamo ragazzi, crescendo nei primi anni '90; la maggior parte dei miei amici della stessa età non metteva nemmeno in discussione il proprio atteggiamento verso la civiltà occidentale. Era fantastica, come poteva essere altrimenti?
A differenza dei nostri nonni e anche dei nostri padri, non pensavamo all'URSS che cadeva a pezzi - la "più grande catastrofe geopolitica del XX secolo" - come a un disastro. Per noi era l'inizio di un lungo viaggio. Alla fine, volevamo irrompere attraverso il guscio sovietico nel grande mondo - nuovo e senza limiti. Infine, volevamo appagare la nostra privazione sensoriale. Eravamo nati, forse non nel posto giusto, ma sicuramente al momento giusto - o così abbiamo pensato. E' difficile crederci adesso, ma anche la Chiesa ortodossa che usciva da sotto la supervisione comunista era per noi la stessa cosa del trionfo dei valori liberali occidentali. La celebrazione del 1000° anniversario del Battesimo della Russia e il primo concerto degli Scorpions a Mosca con il loro "Winds of Change" - era tutto, per noi, parte della stessa cosa.
La guerra in Iraq e anche la disgregazione della Jugoslavia, erano per lo più sfuggite alla nostra attenzione, in qualche modo. E non era solo che eravamo giovani e spensierati. Io, per esempio, ero già stato addestrato alla "Komsomolskaja Pravda", presso il Dipartimento Internazionale. Controllavo le agenzie inglesi Reuters piene di Izetbegovic, Karadzic e Mladic, ma in qualche modo non prendevo sul serio tutti questi eventi. Era da qualche parte lontano, e non nella nostra zona. E, naturalmente, la guerra nei Balcani non rientrava per me all'interno di qualsiasi tipo di trama anti-occidentale. I croati uccidevano i serbi, i bosniaci uccidevano i serbi, i serbi uccidevano entrambi gli altri – perché biasimare l'America?
Nel 1990 votavamo per i democratici di "Jabloko", andavamo sulle barricate della Casa Bianca dalla parte delle forze democratiche, vedevamo il neonato "Canale" e ascoltavamo alla radio l'Eco di Mosca. I nostri primi articoli giornalistici menzionavano sempre il "mondo civilizzato" ed eravamo fermamente convinti che fosse davvero civilizzato. A metà degli anni '90, hanno iniziato ad apparire i primi euroscettici nelle nostre fila, ma erano più nella categoria degli avvocati del diavolo. Io stesso condividevo una camera di dormitorio con Petja il comunista e Arsenij il monarchico. I miei amici di altre stanze mi salutavano ogni sera con parole di rammarico: "Ciao, torna al tuo manicomio".
Il primo duro colpo per il nostro orientamento di vita filo-occidentale fu il Kosovo. Fu uno shock; i nostri occhiali colorati di rosa si sono frantumati in mille pezzi. Il bombardamento di Belgrado è stato, per la mia generazione, ciò che gli attacchi dell'11 settembre sono stati per gli americani. Le visioni del mondo hanno fatto una svolta di 180 gradi assieme all'aereo del primo ministro Evgenij Primakov, che era sopra l'Oceano Atlantico sulla via dall'Irlanda verso gli Stati Uniti quando seppe dell'inizio dell'aggressione americana – e diede il comando di tornare in Russia .
In quei giorni non c'era propaganda statale di massa. Gli astuti padroni di casa liberali su NTV continuavano a spiegare che gettare bombe su una grande città europea era un po' troppo, naturalmente, ma Milosevic era il più grande bastardo della storia recente, così se lo meritava, e non era una gran cosa. Il loro spettacolo satirico, "Bambole", raffigurava gli eventi come un buon litigio in un appartamento comunale, dove un vicino di casa ubriaco tormentava "la signorina Kosovo" e nessuno in casa poteva aiutare, tranne che il suo amante con un potente busto e il volto di Bill Clinton. Noi guardavamo, ma non credevamo più. Non era più divertente. Avevamo già capito che la Jugoslavia era una dimostrazione di ciò che sarebbe potuto accadere a noi in un futuro relativamente prossimo.
In secondo luogo l'Iraq, l'Afghanistan, la separazione finale del Kosovo, "primavera araba", la Libia, la Siria - tutto questo è stato sorprendente, ma non più sconvolgente. Le illusioni erano state perse: ci era più o meno chiaro dove andava a parare l'Occidente. Ma nonostante questo, dopo tutto, viviamo tutti sullo stesso pianeta ... Il mito della "malvagia America, gentile Europa" era ancora in giro; le paure indotte dal Kosovo si sono gradualmente placate. Il compromesso è stato qualcosa di simile a questo: sì, essere i migliori amici di questa gente è impossibile, ma noi dobbiamo lavorare insieme. Dopo tutto, con chi altro avremmo da lavorare?
La sfilata delle "rivoluzioni colorate" sembrava essere uno scherzo meschino fino all'ultima. Ma EuroMaidan e la successiva feroce guerra civile ha messo le cose in chiaro: "il processo democratico" – privo di regole e procedure e lanciato nel territorio nemico – non è un giocattolo geopolitico, ma una vera e propria arma di distruzione di massa. È 'unico tipo di arma, che può essere usato contro uno stato dotato di armi nucleari. È tutto molto semplice: quando si preme il pulsante e si spedisce un missile nucleare attraverso l'oceano, se ne riceverà certamente un altro identico in cambio. Ma quando hai avviato una reazione di caos a catena in territorio nemico, non sei da biasimare. Aggressione? Ma quale aggressione ?! Questo è un naturale processo democratico! L'eterno desiderio di libertà del popolo!
Vediamo sangue e crimini di guerra, corpi di donne e bambini, un intero paese che scivola di nuovo negli anni '40 – e il mondo occidentale, che ci era piaciuto così tanto, ci assicura che niente di tutto questo sta accadendo. La cultura che ci ha portato Jim Morrison, Mark Knopfler e i Beatles, non la vede. I discendenti di Woodstock, e gli stessi partecipanti; gli hippies invecchiati che cantavano così spesso "All you need is love", non lo vedono. Anche i riflessivi tedeschi della generazione post-bellica dei baby boomers, che hanno cercato così duramente di fare penitenza per i peccati dei loro padri, non lo vedono.
È stato uno shock più forte di quello del Kosovo. Per me e per molte migliaia di russi di mezza età, venuti al mondo con il sogno americano nelle nostre teste, il mito del "mondo civilizzato" è crollato completamente. L'orrore è assordante. Non c'è più "mondo civilizzato." E non è solo la frantumazione degli ideali giovanili, ma un gravissimo pericolo. L'umanità ha perso i suoi valori, trasformata in una banda di predatori, e una guerra enorme è semplicemente una questione di tempo.
Venti anni fa, non siamo stati sconfitti. Ci siamo arresi. Non abbiamo perso militarmente, ma culturalmente. Abbiamo solo voluto essere come loro. Il rock-n-roll ha fatto più di tutte le testate nucleari. Hollywood era più forte delle minacce e ultimatum. Il rombo delle Harley-Davidson durante la guerra fredda era più forte del rombo di caccia e bombardieri.
America, sei così stupida! Tutto quello che dovevi fare era aspettare 20 anni – e saremmo stati per sempre tua. Venti anni di vegetarismo – e i nostri stessi politici avrebbero consegnato le nostre armi nucleari; anche stringendoti le mani in segno di gratitudine per portartele via. Che benedizione che tu ti sia rivelata così stupida, America!
Nemmeno ci conosci! Abbiamo gridato queste parole, tra le altre, verso il Cremlino appena due anni fa. Da allora, grazie a te, America, il numero di coloro che vogliono scendere in piazza è crollato. Dici sciocchezze su di noi, pensi sciocchezze su di noi; e come risultato, fai un errore dietro l'altro. Eri un grande paese, una volta, America. La tua superiorità morale è aumentata in Europa dopo la prima guerra mondiale ed è stata rafforzata dopo la seconda guerra mondiale. Sì, hai avuto Hiroshima, il Vietnam, il Ku Klux Klan e un armadio pieno di altri scheletri, come ogni impero. Ma per un certo tempo tutte quelle schifezze non hanno raggiunto la massa critica che trasforma il vino in aceto. Hai mostrato al mondo come vivere per il bene della creatività e della libertà artistica. Hai fatto di alcuni paesi dei miracoli economici: Germania, Giappone, Corea del Sud e Singapore. Ma sei cambiata molto da allora. È passato un po' da quando hai scritto una canzone che sia cantata in tutto il mondo. Stai sprecando la tua risorsa principale – la superiorità morale. E quella risorsa ha una proprietà molto brutta: non può essere ripristinata.
Stai iniziando a morire lentamente, America. E se pensi che io stia gongolando per questo – ti sbagli. Un grande cambiamento di epoche è sempre accompagnato da molto sangue, e a me non piace il sangue. Noi, le persone che hanno vissuto il tramonto del nostro impero, potremmo anche spiegarti cosa stai facendo di male. Ma non lo faremo. Indovinalo tu stessa.