involuzione

involuzione
Poche cose abbiamo imparato dalla storia all'infuori di questa: che le idee si condensano in un sistema di ortodossia, i poteri in una forma gerarchica e che ciò che può ridare vita al corpo sociale irrigidito è soltanto l'alito della libertà, con la quale intendo quella irrequietezza dello spirito, quell'insofferenza dell'ordine stabilito, quell'aborrimento di ogni conformismo che richiede spregiudicatezza mentale ed energia di carattere.
Io sono convinto che se non avessimo imparato dal marxismo a vedere la storia dal punto di vista degli oppressi, guadagnando una nuova immensa prospettiva sul mondo umano, non ci saremmo salvati. O avremmo cercato riparo nell'isola della nostra interiorità o ci saremmo messi al servizio dei vecchi padroni. Ma tra coloro che si sono salvati, solo alcuni hanno tratto in salvo un piccolo bagaglio dove, prima di buttarsi in mare, avevano deposto, per custodirli, i frutti più sani della tradizione intellettuale europea: l'inquietudine della ricerca, il pungolo del dubbio, la volontà del dialogo, lo spirito critico, la misura nel giudicare, lo scrupolo filologico, il senso della complessità delle cose.
Norberto Bobbio

martedì 17 marzo 2020

tutto andrà bene ...

Lo slogan "tutto andrà bene" è presente su molti balconi in Italia. È un rituale apotropaico collettivo, che scaccia la sfortuna, essenziale in un momento come questo, tutti abbiamo bisogno di sentirci uniti e forti, di guardare al futuro con speranza.
Ma a questo slogan aggiungerei qualche parola in più, direi "Tutto andrà bene ... perché ti faremo pagare!" 
Non imparare da ciò che sta accadendo in questi mesi in Italia e nel resto del mondo non sarebbe solo un peccato, ma sarebbe criminale, irresponsabile, paradossale.
Non puoi considerare la salute delle persone come un costo per ridurre, contenere, ridurre; la ricerca non può essere ridotta a una sola luce.
Diciamolo, urlalo, scrivilo ... "Andrà tutto bene ... perché ti faremo pagare per questo", perché hai speso decine di miliardi sul TAV (il treno ad alta velocità Torino- Lione) e per acquistare decine di aerei da combattimento F35 e averli rimossi dalla salute pubblica; perché hai assegnato centinaia di miliardi a banche e rimborsi del debito, hai dimezzato il numero di letti e rianimazioni, chiuso dozzine di ospedali, allungato le liste di attesa per i test diagnosi e operazioni, rendendo il trattamento e la prevenzione inaccessibili a milioni di persone; perché in nome di bilanci in pareggio, patto fiscale, vincoli alla spesa pubblica nell'Unione europea, hai smantellato lo stato sociale e i diritti delle persone, dei lavoratori, dei lavoratori precari e dei pensionati, pezzo per pezzo. Perché hai donato intere città a lobby sanitarie private.

Se non li accusiamo (politicamente parlando, ovviamente ...) tutto non andrà per niente bene ...

Fonte: Investig'Action

giovedì 5 marzo 2020

La questione di Stalin e il movimento comunista http://www.senzatregua.it/

Essere comunisti oggi significa, come lo significava già decenni fa, doversi confrontare con l’impatto  che la figura di Stalin ha nell’opinione pubblica. È indubbiamente l’elemento più immediato, che nell’immaginario collettivo è legato all’intera impalcatura della narrazione anticomunista che oggi si impone come verità unica. L’intera narrazione ideologica sul “totalitarismo”, categoria dal discutibile valore scientifico e figlia della produzione accademica statunitense degli anni della Guerra Fredda, si fonda sul parallelismo tra la figura di Stalin e quella di Hitler, dispositivo necessario per raggiungere l’obiettivo ultimo delle classi dominanti: l’equiparazione tra il comunismo e il nazismo, che a suo volta rappresenta la base di ogni tentativo di criminalizzazione dei comunisti. Oggi non a caso questa narrazione da Guerra Fredda diviene dottrina ufficiale dell’Unione Europea, e finisce al contempo per fare da sponda alla persecuzione contro i comunisti nei paesi dell’Est Europa.
 A questo si somma l’utilizzo che negli anni, a sinistra, è stato fatto di questa polemica da parte della socialdemocrazia e degli opportunisti, da quei settori che sostenendo la necessità di abbandonare il marxismo e con esso ogni parvenza di politica rivoluzionaria e di lotta di classe, facevano propria una battaglia contro lo “stalinismo” spesso indistinguibile da quella del campo avversario. Lo stesso smantellamento dei sistemi socialisti nell’Europa dell’Est è stato accompagnato proprio da parole d’ordine simili a queste. Durante la perestrojka fu Gorbaciov a riesumare  la vecchia polemica kruscioviana contro lo “stalinismo”, che già negli anni ’60 aveva accompagnato le riforme economiche che reintroducevano elementi di capitalismo nell’economia sovietica.
Proprio per la rilevanza che questo tema ha sempre avuto resta fondamentale sviluppare una riflessione in merito e saper inquadrare correttamente la questione, anche e soprattutto sul piano del metodo.

Alcuni elementi sul dibattito nel movimento comunista
Negli ultimi anni una parte importante del movimento comunista a livello internazionale ha intrapreso un percorso di grande maturazione politica e ideologica, dopo gli anni seguiti alla crisi dell’89-91, che ha portato molti partiti ad adottare un programma politico apertamente rivoluzionario e a rompere con la stagione dell’opportunismo. Un prodotto di questo avanzamento, che è avvenuto anche sul terreno del bilancio critico della storia del socialismo e del movimento operaio, è stata la nascita dell’Iniziativa dei Partiti Comunisti e Operai d’Europa (ICWPE), i cui partiti membri oggi portano avanti uno sforzo per rafforzare lo scambio, la discussione comune e il coordinamento dell’azione fra i comunisti di tutti i paesi. Sarebbe però sbagliato e riduttivo pensare che l’essenza di questo processo di maturazione, che avviene a livello internazionale tra i partiti che hanno fatto propria una linea rivoluzionaria e marxista-leninista, stia semplicemente nel “recupero” della figura di Stalin. Questa è al contrario proprio la ricostruzione caricaturale che vorrebbero fare i peggiori settori dell’opportunismo. Quello che sta avvenendo è piuttosto un processo di riaffermazione della matrice marxista-leninista nel movimento comunista, che oggi si pone il problema di come costruire una nuova avanzata del movimento operaio nel XXI secolo, e che nel fare questo si interroga sulla strada da percorrere, sui nuovi problemi che il mondo di oggi ci mette dinanzi, e al contempo si pone seriamente la questione di un bilancio della storia del movimento comunista, del socialismo in Urss e nei paesi dell’Est, delle ragioni della controrivoluzione e della degenerazione riformistica di numerosi partiti nati dalla Terza Internazionale. Oggetto delle riflessioni in atto nei settori più avanzati del movimento comunista internazionale sono, ad esempio, l’analisi dell’imperialismo e l’attualità dell’analisi leninista contro l’affermarsi di tendenze che di fatto finiscono per negarla; un giudizio critico sulle “vie nazionali al socialismo” e sull’idea delle “tappe” intermedie nella lotta per il socialismo, un bilancio dell’esperienza dei fronti popolari e della svolta impressa ai partiti operai con quella strategia, etc.
Il giudizio su Stalin e sull’esperienza del socialismo reale, che spesso ha fatto da spartiacque tra i comunisti e l’opportunismo, è parte integrante di questa maturazione, sebbene come detto non la esaurisca. Non si tratta tanto di chiedersi se Stalin faccia parte o no dei “grandi maestri”, la questione è ben altra rispetto al simbolismo e al culto para-religioso di immagini e citazioni, perché questo è un modo idealistico e dogmatico di intendere la questione che sta all’esatto opposto del marxismo e della dialettica. Alla nuova generazione di comunisti non deve interessare il feticcio di Stalin, bisogna piuttosto trarre lezione dal suo pensiero. Tutto il lavoro teorico-organizzativo di Stalin è prezioso proprio perché offre lucidissime analisi di queste stesse deviazioni idealistiche e borghesi che intendono adorare la figura del dirigente spogliandolo dal suo significato politico e rivoluzionario. Il nostro compito deve fondarsi quindi sulla riconquista della capacità dei comunisti di analizzare e tracciare un bilancio critico della propria storia e delle sue contraddizioni, sgombrando il campo dall’influenza dell’ideologia borghese.
A chiusura di queste considerazioni vale la pena riportare per intero un passaggio dall’intervento di Kemal Okuyan, segretario del Partito Comunista di Turchia (TKP), all’ultimo European Communist Meeting del dicembre 2019, che inquadra correttamente l’approccio che i comunisti dovrebbero avere: «Dobbiamo stare attenti ed evitare, dal nostro lato, gli atteggiamenti che faciliterebbero i tentativi di demonizzare il movimento comunista. Cosa intendo? Che il movimento comunista dovrebbe evitare di dare di sé un’immagine maldestra, nostalgica e obsoleta. Dovremmo lavorare sugli elementi che sono utilizzati dagli anticomunisti per caricaturizzare le organizzazioni comuniste, e dirci che siamo irrilevanti. Questo non deve necessariamente significare diventare sleali ai nostri principi e alle nostre tradizioni. Al contrario, il movimento comunista può essere moderno, contemporaneo e fermamente rivoluzionario allo stesso tempo. E in realtà, se i nostri partiti non riescono a raggiungere questo, non saremo capaci di discutere con la classe operaia di oggi e a trasformarla in senso radicale. Compagni, la “trappola Stalin” dovrebbe essere studiata con cautela. Condannare Stalin, per qualsiasi ragione, è anticomunismo. Stalin non era una figura infallibile, ma indietreggiare nel rispondere alle critiche contro Stalin rafforza l’anticomunismo. Nelle discussioni su Stalin non dovremmo mai arrenderci, e tuttavia, dovremmo essere coscienti che un “feticcio di Stalin” fa il più grande danno all’eredità di questo geniale rivoluzionario stesso. La dialettica della lotta attorno al compagno Stalin dovrebbe essere ben calcolata». Considerazioni che condividiamo, frutto dell’elaborazione di uno dei partiti più ideologicamente maturi del continente.
La demonizzazione e la funzione storica del “mito negativo”
L’impatto del mito negativo costruito su Stalin, tanto sulla società e sulla classe operaia in generale quanto su coloro che dovrebbero esserne gli elementi più avanzati, è stato ben descritto da Cristiano Armati nella postfazione a quella che – non vorremmo sbagliarci – è la più recente raccolta di scritti di Stalin pubblicata in lingua italiana, col titolo di “Il libro rosso di Stalin” (Red Star Press, 2014). Un compagno che chiarisce subito di non venire dal marxismo-leninismo, e forse anche per questo è degna di nota la sua critica a quello che definisce «il diffuso atteggiamento di moltissimi che, pur collocandosi in un campo genericamente di sinistra, scuotono perennemente la testa in tutte le occasioni in cui […] un movimento sembra indicare possibili strade al cambiamento dell’esistente. Che fare? Questo particolare genere di “sinistri” lo sa benissimo. Se soffia il vento di rivolta, il loro compito è quello di scuotere la testa. Dotti come sono, citano il “complesso di Saturno” e, ricorrendo all’immagine mitologica del padre che divora i figli, teorizzano come inevitabile il destino di ogni rivoluzione: quello di essere tradita dall’istituzionalizzazione della stessa avanguardia rivoluzionaria senz’altro, “come Stalin”, sempre, irrimediabilmente pronta a varare grandi purghe contro potenziali rivali nella corsa al potere e, per scrupolo, anche a imporre al popolo misure degne del peggior stato di polizia. Risultato di questo diffuso modo di ragionare? Meglio non fare mai nulla».
Il punto di arrivo del mito negativo su Stalin e sul socialismo, il suo impatto sulle nuove generazioni così come sulle vecchie, è proprio l’idea che ogni tentativo di trasformazione rivoluzionaria della società sia destinato a finire con una sconfitta, o per costruire una società peggiore di quella contro cui si combatteva. È un messaggio oggi onnipresente, che permea persino opere letterarie e cinematografiche. Per citare un esempio recente e familiare a molti, l’intera trama della trilogia distopica per ragazzi degli Hunger Games, di Suzanne Collins, da cui sono stati tratti quattro film, si basa sull’idea che anche i rivoluzionari finiscono per tradire il popolo dopo aver preso del potere.
Perché questa operazione ideologica, che di per sé ha come bersaglio tutto il movimento operaio e rivoluzionario, si è focalizzata sulla figura di Stalin? Le ragioni sono essenzialmente storiche e risalgono ai tempi in cui questo attacco è avvenuto e al prestigio unanimemente riconosciuto di cui godeva prima del 1956, tanto nel mondo operaio e socialista quanto più in generale da parte dell’intera politica mondiale dopo il 1945. All’URSS di Stalin guardavano i lavoratori di tutto il mondo come a un faro di speranza, la possibilità concreta che conquistare il potere e liberarsi dei padroni era possibile. I popoli oppressi vedevano nell’URSS un prezioso alleato nella lotta anticoloniale. In Italia le numerose pubblicazioni clandestine del PCI, da “l’Unità” a “Stato Operaio”, contenevano articoli e report sulle conquiste dei lavoratori nell’URSS. Nell’Italia occupata dai nazisti, una delle prime azioni della resistenza partigiana nella capitale fu tappezzare i muri di scritte e manifesti “Viva l’Urss”, “viva Stalin”. Ancora, un aneddoto diffuso vuole che i partigiani delle Brigate Garibaldi catturati dai fascisti e messi alla forca, saltassero per primi dallo sgabello urlando proprio “viva Stalin”.  Un prestigio accresciutosi enormemente nel dopoguerra, quando anche i non comunisti si trovarono ad omaggiare una figura che veniva riconosciuta come l’artefice principale della sconfitta del nazismo, e che ebbe un ruolo non secondario nell’adesione di decine di migliaia di lavoratori al comunismo negli anni ’40-50.
In un momento storico in cui l’avanzata del movimento comunista e del campo socialista minacciava concretamente e in misura sempre maggiore gli interessi del capitale, ogni attacco politico e ideologico al comunismo non poteva non fare i conti con la figura di Stalin e adottarla come bersaglio. E questo è quello che avvenne, anche all’interno dell’Urss. Ma come molti già allora denunciarono, si attaccava Stalin per attaccare Lenin, e con loro tutto il sistema socialista e la legittimità di quelle esperienze rivoluzionarie. Quando questo divenne chiaro, era ormai tardi. L’operazione ideologica è proseguita, e a distanza di decenni una figura che nell’immaginario collettivo veniva considerata il simbolo della sconfitta di Hitler oggi è considerata addirittura peggio di quest’ultimo. L’impatto che questa distorsione ha sulle classi popolari, in termini di rassegnazione dinanzi all’esistenza e all’idea che nessun cambiamento reale sia possibile, è un elemento con cui quotidianamente dobbiamo fare i conti.
Come combattere la falsificazione, alcune questioni di metodo
Il dato ormai incontrovertibile che vede coincidere l’attacco alla figura di Stalin con l’attacco al socialismo nel suo complesso ci aiuta però a comprendere qual è il punto fondamentale da affrontare e in che direzione deve andare chi voglia contestare la faziosità di questa narrazione. Ogni “difesa di Stalin” che venga posta in questi termini, nella forma della “controstoria” e della battaglia a colpi di numeri e fonti, è certo utile ma lascia il tempo che trova se non si procede innanzitutto a un inquadramento generale della vicenda storica in questione.
Per capire cosa intendiamo basti pensare a come oggi si studia la storia della Rivoluzione francese. Una vicenda storica di enorme violenza, con 2,5 milioni di morti in un’Europa che aveva 200 milioni di abitanti, che dal 1789 alla sconfitta di Napoleone nel 1815 sconvolge il volto della Francia e dell’Europa intera. Eppure non ci si fa problemi a riconoscere pacificamente che i rivoluzionari di Francia erano in quel momento dalla parte giusta della storia. Non esiste, o quantomeno non esiste oggi, un mito negativo su Robespierre o su chicchessia che sia paragonabile a quello di Stalin, né sulle vittime che vi furono durante quegli avvenimenti storici. Tutto questo invece esiste per la Rivoluzione d’Ottobre e l’Urss, ed esiste esattamente perché quella rivoluzione e le sue idee minacciarono concretamente il potere del capitale, cioè il potere che tutt’oggi caratterizza la nostra epoca.
Un’osservazione del genere è utile a comprendere che, innanzitutto, bisogna sgombrare il campo dall’idea che possa esistere una lettura storica univoca e oggettiva. O meglio, e questa distinzione è centrale, esiste e deve esistere una sola verità nel momento in cui ci si riferisce ai fatti storici. Il numero stimato di vittime in una guerra civile può essere attendibile entro una certa forbice o viceversa totalmente inattendibile, e sulla definizione dei fatti è bene che avvenga il dibattito tra gli storici e che si basi sulle fonti. Su questo terreno deve avvenire la battaglia contro il revisionismo storico e il tentativo di distorcere la storia a uso e consumo di una certa narrazione dominante. Detto ciò è bene avere chiaro da subito che sulla lettura di determinati fatti è difficile pretendere che possa esistere una visione univoca. Del resto, è difficile credere che i nobili che all’inizio del 1800 avevano fretta di rimettersi le parrucche in testa potessero condividere con i sanculotti un giudizio sulle violenze della rivoluzione francese.
Per quel che riguarda la Rivoluzione d’Ottobre e la storia dell’URSS nei decenni immediatamente successivi ad essa, i comunisti partono proprio da questo principio, dall’inquadrare la vicenda storica dal punto di vista della lotta del proletariato. Ecco allora che bisogna avere chiaro che la questione di Stalin per i comunisti non si esaurisce nel contrastare la falsificazione storica che oggi viene costruita sull’Holodomor, sugli esiti della collettivizzazione, sullo scontro che avviene nel partito bolscevico, ecc. Tutto questo va inserito nel quadro di una lettura complessiva di cosa è stata la costruzione del socialismo e di cosa è avvenuto nel contesto di quel processo. Quello che manca anche negli studi storici, ad esempio, è una lettura che inquadri la vicenda della collettivizzazione e dello scontro con i kulaki (che poi la propaganda di guerra nazista durante l’occupazione militare del ’41 ha abilmente trasformato nel mito dell’Holodomor oggi ripreso per intero dalla storiografia borghese) come la conferma della tesi della continuazione della lotta di classe nel socialismo. Nel famoso libro “Stalin. Storia e critica di una leggenda nera”, sebbene scritto con altra impostazione e intenti rispetto a quelli che enunciamo qui, Losurdo sembra in parte avvicinarsi a questo principio e pone la questione in questi termini: nella Russia rivoluzionaria e in Urss c’è stata non una, ma tre guerre civili. La prima è quella che segue alla presa del potere e vede l’Armata Rossa difendere il paese dall’invasione degli eserciti capitalisti e far avanzare la rivoluzione in tutto il paese; la seconda è lo scontro con i proprietari kulaki nelle campagne durante il periodo del primo piano quinquennale, la terza è quella che logora all’interno il gruppo dirigente bolscevico nel periodo delle purghe.
Indipendentemente dal giudizio sulla giustezza di questa impostazione, è già evidente che parlare di uno scontro interno al paese è molto diverso rispetto al “genocidio ucraino ordinato da Stalin” di cui si parla su certi testi. O ancora la questione delle purghe, citata prima, non si può comprendere se non la si legge assieme a ciò che avviene contemporaneamente in Germania con l’ascesa del nazismo, che dall’inizio ebbe l’obiettivo proclamato di distruggere l’Urss, e dunque con il lavoro di infiltrazione svolto dai servizi segreti tedeschi che – oggi è noto – costruirono quinte colonne praticamente in ogni paese europeo in preparazione dell’invasione. Ludo Martens ad esempio insiste molto su questo aspetto e sul dimostrare i legami con questa operazione di chi fu sottoposto a processo; Anna Strong al contrario sembra suggerire che molti degli errori di quel periodo, di cui finirono vittima anche dirigenti validi, furono proprio il frutto di un lavoro di apparati di infiltrazione della Germania nazista.
Abbiamo citato rapidamente e a titolo di esempio alcune singole questioni, che evidentemente non possono essere affrontate qui in forma estesa ma che rendono idea della complessità rispetto ad alcune vicende. Ma quello che ci preme di più sottolineare è una questione di fondo. Il periodo della dirigenza di Stalin nell’Urss rivoluzionaria è il periodo del consolidamento del potere politico dei bolscevichi e della costruzione del socialismo nel campo economico, processi che incontrano resistenze, danno luogo a conflitti e anche ad eccessi tipici di una situazione di conflitto e di scontro, che si inquadrano nel  contesto della continuazione della lotta di classe nel socialismo. Questa è la principale chiave di lettura da comprendere per procedere verso un giudizio complessivo su quelle vicende storiche.
La “riscoperta” strumentale di Stalin da parte della borghesia russa e di alcuni settori nazionalisti.
Vale la pena in ultimo spendere qualche parola su un fenomeno nuovo, che ha interessato progressivamente la Russia capitalista dopo la controrivoluzione e oggi fa breccia anche in alcuni settori del movimento comunista. È evidente da anni un recupero da parte del governo russo di elementi identitari ed estetici della storia sovietica, costantemente svuotati del loro contenuto rivoluzionario e tuttavia utili per la propaganda di un progetto politico che oggi punta alla riaffermazione del peso della Federazione Russa nella politica internazionale. È chiaro che 70 anni di socialismo, un periodo che ha abbracciato intere generazioni e in cui un paese medioevale ha conosciuto uno sviluppo a ritmi fino ad allora mai visti, non possono essere rimossi facilmente dalla memoria di un popolo, né è possibile riproporre la stessa demonizzazione di quel periodo così come la conosciamo noi e pretendere che le persone la facciano propria pur conoscendone la falsità.
La borghesia russa lo sa bene, e oggi preferisce utilizzare strumentalmente la storia dell’Unione Sovietica, torcendone il significato in chiave unicamente patriottica e nazionalista rendendola a proprio uso e consumo. Questo processo, già visto da tempo per quanto riguarda la “grande guerra patriottica” (così in Russia ci si riferisce da sempre alla seconda guerra mondiale) che oggi viene descritta come una vittoria della nazione russa e non del sistema socialista, non risparmia neanche la figura di Stalin e si spinge all’esaltazione dell’Urss nei termini dell’“impero” sovietico, come glorificazione del periodo in cui la Russia è stata una grande potenza mondiale. La stessa figura di Stalin, che oggi in Russia gode di grande popolarità, viene trasformata nell’incarnazione della politica da grande potenza. A questa operazione, che con lo stesso intento recupera anche il pensiero “geopolitico” del primo ‘900 sull’Eurasia (Mackinder, etc…)  si sono prestati purtroppo anche i settori del movimento comunista russo maggiormente legati alla gestione politica della nuova Russia capitalista, e questa impostazione oggi esercita un’influenza anche all’esterno, venendo recepita persino da quel settori nazionalisti che oggi cercano di esercitare un’influenza sul movimento comunista.
Dinanzi a un’operazione del genere, dalla quale già Lenin metteva in guarda nella celebre introduzione al suo “Stato e Rivoluzione”, bisogna avere la capacità di ribadire che la questione centrale dell’importanza storica di Stalin sta proprio nel fatto di essere stato un dirigente rivoluzionario e comunista, un dirigente della classe operaia nel periodo storico della costruzione dei rapporti di produzione socialisti. Ogni apologia che sottolinei esclusivamente il ruolo avuto nella sconfitta del nazismo e i risultati militari dell’Urss (la bomba atomica, ecc), dimenticando invece l’elemento fondamentale, rischia di essere un enorme regalo a settori del campo borghese piuttosto che una difesa di principio di un dirigente rivoluzionario della classe operaia.

Londra e Parigi fecero in modo che l'Unione Sovietica accettasse l'accordo con Hitler

Sono trascorsi 80 anni dalla firma del patto di non aggressione tedesco-sovietico, noto anche come patto Molotov-Ribbentrop. Gli storici occidentali sono arrivati ​​a citare questi eventi come il "grilletto" che ha scatenato il conflitto più sanguinoso della storia umana. Ma i documenti d'archivio presentati dal progetto Internet " 1939. From Appeasement to War" mostrano una storia diversa. RuBaltic.Ru si è seduto con il direttore dell'Archivio militare di stato russo (RGVA) Vladimir TARASOV per discutere del perché l'Unione Sovietica sia stata costretta a rivolgersi a Hitler.
- Signor Tarasov, la mostra ha centinaia di documenti, ma i fondi RGVA e altre agenzie probabilmente ne hanno molti di più. Puoi spiegare come sono stati selezionati i documenti per questa mostra?
- Cominciamo dal fatto che il progetto basato sull'anno 1939 è la continuazione di un altro progetto, uno dedicato all'80 ° anniversario dell'Accordo di Monaco. Per le mostre virtuali, abbiamo selezionato quasi il doppio dei documenti rispetto a quello nella vita reale.
Abbiamo preso il periodo tra il 15 marzo e il 23 settembre 1939. Il progetto dell'Accordo di Monaco si è concluso con marzo, quindi stavamo cercando una continuazione cronologica. E a settembre, la Polonia ha smesso di essere uno stato indipendente.
Quindi abbiamo selezionato i documenti più cruciali e importanti che siamo riusciti a trovare (nel nostro archivio, così come in altri luoghi) per questa mostra. Siamo riusciti a ricevere i documenti mancanti dall'archivio politico dell'AMF tedesco. In particolare, il telegramma del presidente Roosevelt a Hitler.
Non abbiamo aggiunto documenti che, anche se non reiteravano quelli in mostra, non aggiungevano nulla di sostanziale ad esso.
- Hai anticipato una delle domande. Volevo chiederti delle "gemme" distintive del tuo progetto, i documenti più interessanti, forse mostrati per la prima volta. Cos'altro puoi dirci? E perché questo telegramma di Roosevelt è così importante?
- Come è noto, Roosevelt ha sostanzialmente approvato l'accordo di Monaco e ha dato la sua benedizione alla politica britannica e francese di placare la Germania. Nel suo telegramma a Hitler, Roosevelt cercò di dissuadere Hitler dai suoi piani aggressivi e lo invitò a discutere tutte le questioni in una conferenza internazionale, nominò anche 31 stati europei e asiatici, verso i quali il Terzo Reich non doveva intraprendere alcuna azione ostile .
In risposta a ciò, Hitler convocò una sessione del Reichstag, dove sostanzialmente ridicolizzò la posizione del Presidente degli Stati Uniti. Prima di ciò, ordinò ai suoi diplomatici di scoprire se qualcuno dei paesi menzionati da Roosevelt avesse dato agli Stati Uniti il ​​diritto di parlare a loro nome e ovviamente nessuno di loro lo fece.
Allo stesso indirizzo nel Reichstag, Hitler annullò un accordo marittimo militare con il Regno Unito e parlò radicalmente contro il polacco. Questo discorso è stato il presagio della successiva aggressione della Germania.
E tra gli altri documenti, vorrei evidenziare i dispacci dell'agenzia di intelligence dell'Armata Rossa che sono stati pubblicati per la prima volta. Queste sono fonti molto preziose, perché danno un'idea migliore di ciò che stava accadendo nel continente europeo in quel momento. Ad esempio, c'è una spedizione speciale dell'agenzia di intelligence sui preparativi militari della Germania il 23 marzo 1939. Si afferma chiaramente che Berlino sta rafforzando il suo esercito e che cosa si sta preparando a fare.
Esiste anche una mappa propagandistica dei territori tedeschi espansi del 1938-1948. I nazisti lo distribuirono liberamente a Praga e nei Carpazi Ruthenia.
Quindi il Terzo Reich non nascondeva i suoi piani aggressivi per il prossimo decennio.
Mostra chiaramente la cronologia della futura espansione della Germania. E Hitler seguì quel piano.
- L'ambasciata russa in Canada ha pubblicato scansioni delle note del 13 luglio 1939 dell'addetto militare francese a Mosca su Twitter. Alcune risposte a questo ammontano a “Questa è una manipolazione russa. Un'alleanza con la Germania nazista faceva parte dell'agenda sovietica. " I documenti mostrano quando una "alleanza con la Germania nazista" divenne "parte dell'agenda sovietica"? Si può anche parlare di un'alleanza?
- Per tutto il 1939 vi furono negoziati attivi su una varietà di linee.
Immediatamente dopo che Hitler attaccò la Cecoslovacchia e prese Memel (Klaipėda), l'Unione Sovietica parlò di un'azione congiunta con Regno Unito, Francia e Polonia.
Questi suggerimenti, per dirla alla leggera, sono stati svelati, poiché nessuno in Europa voleva stipulare accordi con l'URSS.
Anche Mosca non ha suggerito qualcosa di vago e astratto, ha parlato di un'unione a tutti gli effetti per fermare l'aggressione della Germania. Questo è stato tutto respinto.
Nella nostra mostra abbiamo una serie di documenti relativi a questi negoziati.
Solo dopo che l'Unione Sovietica fu certa di non poter schierarsi con gli inglesi e i francesi, si trasferirono in Germania.
Era chiaro che dopo la Polonia, i tedeschi si sarebbero trasferiti ai confini russi (l'intelligence ha riferito su tutto ciò andando in quel modo). L'obiettivo era spostare ulteriormente il confine occidentale.
Se non avessimo raggiunto quell'accordo con la Germania, il confine sarebbe stato a 30 chilometri da Minsk.
Fino alla fine di luglio 1939, l'Unione Sovietica non fece alcun passo significativo per incontrare Berlino, anche se gli inviti erano già lì. La Germania si rese conto che una guerra su due fronti (Francia e Regno Unito a ovest e Polonia e URSS a est) avrebbe significato una rapida sconfitta.
Per Hitler era importante mantenere neutrale l'Unione Sovietica durante l'attacco alla Polonia. Questo è il motivo per cui era disposto a scendere a compromessi, ed è quello che è successo.
Innanzitutto si parlava di accordi commerciali ed economici. Era un problema importante per l'URSS, in quanto era di fatto un isolamento internazionale. Le spedizioni di attrezzature dalla Germania sono state ben accette.
Ma vorrei ribadirlo: tutto ciò è stato possibile solo dopo la conclusione dei colloqui con Londra e Parigi. Quindi l'Unione Sovietica ha risposto alle iniziative di Berlino
Alla fine abbiamo ottenuto quello che cercavamo: ritardare l'inizio della guerra. Quindi si potrebbe dire che il patto di non aggressione è stato vantaggioso sia per la Germania che per l'Unione Sovietica.
Ma perché i negoziati sovietico-britannico-francesi fallirono? Perché Londra e Parigi non avrebbero compromesso Mosca in primo luogo? O la posizione della Polonia è stata il fattore decisivo quando si sono rifiutati di lavorare con i "Rossi"?
- Penso che entrambe queste affermazioni siano vere.
Durante i colloqui tra URSS, Regno Unito e Francia c'era un forte peso di sfiducia, e questo si faceva sentire e non si cercava di nasconderlo. Il primo ministro britannico Chamberlain è famoso per aver affermato che "preferirebbe dimettersi piuttosto che firmare un'alleanza con i sovietici". E in lettere a sua sorella nega ogni possibile accordo con Mosca. La Francia stava seguendo la Gran Bretagna in termini di queste politiche.
C'erano persone in questi paesi che guardavano le cose in modo più razionale e capivano che solo un'azione congiunta con l'URSS avrebbe aiutato a ottenere cambiamenti positivi con i tedeschi. Ma la politica dell'establishment era diversa. Chiedevano all'Unione Sovietica obblighi unilaterali, che chiaramente non poteva accettare.
Anche la Polonia ha influenzato il corso degli eventi. In nessuna condizione accetterebbe di lasciare l'Armata Rossa sul suo territorio. Questo è stato il problema principale nei colloqui sovietico-britannico-francese. Quindi chiesero che l'Unione Sovietica si opponesse al Terzo Reich, al quale Mosca avrebbe sollevato una logica domanda di non avere un confine con la Germania.
Dovrebbero attraversare la Polonia. E Varsavia non ne avrebbe nemmeno sentito parlare. Il principale Russophobe dell'epoca, secondo me, era il ministro degli affari esteri polacco Józef Beck
Il leader di fatto del paese Marshall Rydz-Śmigły ha anche affermato che, anche se Hitler è il loro avversario, ma almeno è un europeo. E che potevano ragionare con i tedeschi. E l'Unione Sovietica è tutta barbara, al di là di ogni ragione.
E a quanto ho capito, Londra e Parigi non hanno provato a dissuaderli?
- Hanno provato. I discorsi di una sorta di azione congiunta proseguirono con diversa intensità dalla primavera del 1939. E fino alla fine, gli inglesi e i francesi non poterono cambiare idea in Polonia.
Solo il 25 agosto, dopo il patto di non aggressione tedesco-sovietico, riuscirono a convincere la Polonia a concordare una loro vaga formulazione che esaminava una sorta di azioni congiunte con l'Unione Sovietica in determinate circostanze e condizioni. Ma la nave aveva già navigato. La catena di eventi si stava già svolgendo lungo un percorso diverso.
sostoyaniyu ,tedeschi al confine polacco 1 set "39

Il problema di "placare Hitler" è visto in modo diverso da storici diversi. Alcuni sostengono che i garanti della pace di Versailles abbiano appena commesso un errore, hanno scelto la strada sbagliata per l'azione, "mancando" l'aspetto del mostro. Esperti russi spesso esprimono l'idea che l'Occidente stava portando intenzionalmente Hitler ai confini dell'URSS. Quale di questi punti di vista confermano i documenti archivistici?
- Gli archivi confermano che i paesi occidentali stavano cercando di dirigere l'aggressione di Hitler verso l'Oriente. Lo si vede dalle spedizioni di intelligence dell'Armata Rossa, dalle informazioni sugli agenti e dalla corrispondenza di vari diplomatici. E i nostri partner occidentali non lo stanno davvero negando.
Naturalmente, avevano sottovalutato le capacità di Hitler.
La logica andava così, se Hitler non poteva essere placato, allora lascialo andare almeno verso est. E la storia mostra chiaramente perché quella politica fallì.
Si presume comunemente che il patto Molotov-Ribbentrop sia stato un colpo devastante per la diplomazia europea (principalmente britannica). Gli inglesi non si aspettavano che Mosca e Berlino firmassero un patto di non aggressione?
- Concordo sul fatto che questo è stato un duro colpo per la diplomazia britannica e francese. E infatti a Londra non credevano che Mosca e Berlino potessero andare d'accordo. Anche se c'erano funzionari di alto rango in Occidente che si scaldavano degli imminenti accordi tedesco-sovietici che sarebbero venuti a seguito delle politiche della Francia e del Regno Unito. Ad esempio, questo è stato detto dall'addetto militare francese a Mosca, il generale August-Antoine Palasse.
Non ci hanno lasciato scelta, quindi abbiamo dovuto fare un ragionevole compromesso con Hitler. Fu un atto per difendere gli interessi nazionali sovietici e questo fu riconosciuto da molti politici occidentali. Winston Churchill ha scritto che avrebbe fatto la stessa cosa se fosse stato nei panni di Stalin.
La reazione dei diversi paesi alla firma del patto di non aggressione tedesco-sovietico è piuttosto interessante.
Nel Regno Unito ha causato un vero panico, che è stato riferito dall'inviato sovietico a Londra Ivan Maysky. Parigi dovette prendere ulteriori misure per proteggere l'ambasciata sovietica. E c'è stata una crisi politica a pieno titolo in Giappone. I giapponesi, che stavano alimentando i propri piani per i territori dell'URSS, vedevano il patto sovietico-tedesco come una pugnalata alle spalle. E questo ha influenzato anche le future politiche di Tokyo.

martedì 3 marzo 2020

Le sanzioni sono guerra!


Appello all’azione per le Giornate d’Azione Internazionale contro le Sanzioni e la Guerra Economica, in programma per i giorni 13-15 marzo 2020.

Le sanzioni uccidono!

Le sanzioni sono guerra!

Stop alle sanzioni ora!

Le sanzioni vengono imposte dagli Stati Uniti e dai loro alleati minori contro i paesi che si oppongono alle loro politiche. Si tratta di armi della Guerra Economica che producono carenze croniche nelle forniture essenziali, delocalizzazioni economiche, iperinflazione caotica, carestie indotte, malattie, povertà. In ogni paese sono i più poveri e i più deboli – neonati, bambini, malati cronici, anziani – a subire maggiormente l’impatto delle sanzioni.
Le sanzioni imposte dagli USA violano il diritto internazionale e sono uno strumento per i cambi di regime. Coinvolgono un terzo dell’umanità in 39 paesi. Sono un crimine contro l’umanità utilizzato, al pari degli interventi militari, per rovesciare governi e movimenti che hanno il sostegno popolare. Forniscono appoggio economico e militare a forze di destra subalterne agli USA.
Il dominio economico degli USA e le loro oltre 800 basi militari in tutto il mondo impongono a  tutti gli altri paesi di partecipare alle azioni di strangolamento economico. Essi si vedono costretti a porre fine alle normali relazioni commerciali, se non vogliono trovarsi puntata contro l’artiglieria di Wall Street. Le banche e le istituzioni finanziarie responsabili della devastazione delle nostre comunità a livello nazionale, guidano il saccheggio ai danni degli altri paesi.
Numerose organizzazioni lottano da tempo contro le sanzioni e le guerre economiche. ORA abbiamo l’opportunità di unire le forze per far crescere la consapevolezza riguardo a questo cruciale problema.
La nostra campagna allargata comprenderà proteste e manifestazioni, pressioni, petizioni e ogni altra forma di sensibilizzazione.
Come primo passo di questa campagna, proponiamo mobilitazioni e attività di informazione-formazione da organizzarsi in vista delle Giornate d’Azione Internazionale contro le Sanzioni e la Guerra Economica degli Stati Uniti, in programma per i giorni 13-15 marzo 2020.
INVITIAMO AD ADERIRE ALL’APPELLO E A DIFFONDERLO!

domenica 1 marzo 2020

Raccogliere il sangue dei poveri d'America: l'ultima tappa del capitalismo

Pergran parte del mondo, donare il sangue è puramente un atto di solidarietà; un dovere civico che i sani svolgono per aiutare gli altri bisognosi. L'idea di essere pagato per un'azione del genere sarebbe considerata bizzarra. Ma negli Stati Uniti, sono grandi affari. In effetti, nella miserabile economia di oggi, dove circa 130 milioni di americani ammettono l'incapacità di pagare per necessità di base come cibo, alloggio o assistenza sanitaria, comprare e vendere sangue è una delle poche industrie in forte espansione che l'America ha lasciato. 
Il numero di centri di raccolta negli Stati Uniti è più che raddoppiato dal 2005 e il sangue ora rappresenta oltre il 2% del totale delle esportazioni statunitensi in valore. Per dirlo in prospettiva, il sangue degli americani vale ora più di tutti i prodotti di mais o soia esportati che coprono vaste aree del cuore del paese. Gli Stati Uniti forniscono il 70% del plasma mondiale, principalmente perché la maggior parte degli altri paesi ha vietato la pratica per motivi etici e medici. Le esportazioni sono aumentate di oltre il 13 percento, raggiungendo i 28,6 miliardi di dollari, tra il 2016 e il 2017 e si prevede che il mercato del plasma "crescerà in modo raggiante", secondo un rapporto del settore . La maggior parte va in paesi europei ricchi La Germania, ad esempio, acquista il 15 percento di tutte le esportazioni di sangue degli Stati Uniti. Anche Cina e Giappone sono clienti chiave.
È principalmente il plasma - un liquido dorato che trasporta proteine ​​e globuli rossi e bianchi in tutto il corpo - a renderlo così ricercato. La donazione di sangue è cruciale nel trattamento di condizioni mediche come l'anemia e il cancro ed è comunemente richiesta per eseguire interventi chirurgici. Le donne in gravidanza hanno spesso bisogno di trasfusioni per trattare la perdita di sangue durante il parto. Come tutte le industrie in fase di maturazione, alcune enormi aziende assetate di sangue, come Grifols e CSL, sono arrivate a dominare il mercato americano.

Ma al fine di generare profitti così enormi, queste corporazioni vampiriche prendono di mira consapevolmente gli americani più poveri e disperati. Uno studio ha scoperto che la maggior parte dei donatori a Cleveland genera più di un terzo delle loro entrate derivanti dalla "donazione" di sangue. I soldi che ricevono, osserva la professoressa Kathryn Edin dell'Università di Princeton , sono letteralmente "la linfa vitale dei poveri di $ 2 al giorno". Il professor H. Luke Schaefer dell'Università del Michigan, coautore di Edin di $ 2 al giorno: vivere quasi nulla in America , ha detto a MintPress News :
Il massiccio aumento delle vendite di plasma sanguigno è il risultato di una rete di sicurezza in contanti inadeguata e in molti punti inesistente, unita a un mercato del lavoro instabile. La nostra esperienza è che le persone hanno bisogno di soldi, questa è la ragione principale per cui le persone si presentano nei centri al plasma.
Quasi la metà dell'America è al verde e il 58 percento del paese vive stipendio per stipendio, con risparmi inferiori a $ 1000. 37 milioni di americani vanno a letto affamati, tra cui un sesto dei newyorkesi e quasi la metà dei residenti del South Bronx. oltre mezzo milione di persone dormono per strada in una determinata notte, con molti milioni in più di veicoli o affidandosi ad amici o familiari. È in questo contesto che milioni di persone in rosso hanno iniziato a vendere sangue per far quadrare i conti. In un senso molto reale, quindi, queste corporazioni stanno raccogliendo il sangue dei poveri, letteralmente succhiandogli la vita.