dal blog di Fulvio Grimaldi
Caro Fulvio,
ci
permettiamo di renderti parte di un problema personale in quanto ormai
ci sei diventato prezioso compagno di percorso in questa difesa del
popolo siriano.
Ci
tenevamo ad informarti della vile abuso della rete effettuato nella
serata di ieri nei confronti nostri e di nostri cari amici.
Questo vergognoso album: https://www.facebook.com/media/set/?set=a.353559504721105.83744.345570488853340&type=3
E questo post: https://www.facebook.com/photo.php?fbid=263255470458020&set=a.227147480735486.48352.100003207082262&type=3&theater
insieme
ad altri, diffusi in pagine anti-Assad dalla più frequentata "Vogliamo
la Siria libera!" ad altre pagine e profili affini
ledono
la nostra privacy e il nostro onore, pieni come sono di dati personali
(religione, provenienza in Siria, residenza italiana e numero di
cellulare) e infamie (osama è descritto come capo degli shabbiha e spia
per l'ambasciata siriana; io come giornalista al soldo di Assad).
Ovviamente
siamo prontamente ricorsi alle autorità, ma intanto, ogni notte, a
qualunque ora, riceviamo telefonate anonime piene di insulti e minacce.
TI lascio solo immaginare lo stress (anche perché, ogni volta che
squilla il telefono in orari improbabili in primo pensiero corre
irrimediabilmente alla Siria).
Purtroppo
questo è solo l'ultimo atto di una lunga catena di eventi vergognosi
nei nostri riguardi e completamente ignorati dai nostri media.
A
titolo di completezza di informazioni, per permetterti di avere un
quadro più completo della situazione milanese, ti giro questa mia
ricostruzione perché quanto sta accedendo qui nella totale indifferenza è
un pallido riflesso di quanto ogni giorno i siriani pro-governo sono
costretti a sopportare nel loro Paese.
Un caro saluto
Pierangela
Che in Siria sia in corso una lotta per imporre libertà e democrazia, è
finalmente messo in dubbio da molti.
Che in Siria sia in corso una vergognosa battaglia mediatica che non si ferma
davanti allo stravolgimento degli eventi pur di attirare l'opinione pubblica, non
è orami un mistero.
In Siria, come all'estero, vengono spesso denunciate le presunte persecuzioni
degli oppositori del governo da parte dei servizi segreti siriani. Amnesty
International la scorsa estate aveva rimediato titoloni su tutti i media
internazionali a questo riguardo.
Ma dei perseguitati, in Siria esattamente come all'estero, tra i filogovernativi
non se ne parla mai. Eppure ce ne sono, molti, anche qui in Italia.
Basta farsi un rapido giro sulle pagine di Facebook per trovare molte
cosiddette "liste della vergogna" con foto, nomi e dati personali di presunti
"shabbiha", così vengono definiti dagli oppositori coloro che sostengono
apertamente il governo, con inviti anche espliciti ad attaccarli, colpirli,
perseguitarli e, una volta uccisi, viene messo un timbro sul loro volto. Nel
silenzio e nell'indifferenza generale, con il beneplacito di media, associazioni e
istituzioni.
A queste pagine, in Siria, già più volte gli estremisti hanno attinto le loro
vittime designate, è accaduto a Damasco a fine dicembre, quando sono morti
due studenti universitari, e successo qualche mese fa con un'insegnante di
Deir ez-Zor. Apici di una situazione grave perché largamente diffusa e
sottovalutata nella sua pericolosità.
Anche l'Italia ha la sua "lista della vergogna" e le sue "vittime predestinate".
Si tratta di siriani - cristiani, sunniti e alauiti - accomunati dalla volontà di
sostenere apertamente il governo siriano e di non aver timore di dichiararlo in
manifestazioni e conferenze.
L'ultimo attacco mirato è avvenuto ieri sera (venerdì 17 agosto), quando un
siriano che si fa chiamare "Ahmed Sara" ha postato sul suo profilo delle foto di
alcuni di questi sostenitori del governo (siriani e italiani), accompagnate da
informazioni infamanti sul loro conto e dati strettamente personali
(appartenenza religiosa, indirizzo di casa, numero di cellulare, targa e modello
dell'auto), ledendo così allo stesso tempo la loro privacy e la loro moralità.
Non contento, le immagini sono state diffuse sulla pagina "Vogliamo la Siria
libera", che conta quasi 6.000 sostenitori, e su "Boicottiamo Informare per
Resistere" che ha realizzato un vergognoso album dal titolo "A.A.A. cercasi
shabbiha" e ora stanno circolando impunemente per la rete.
Primo esito di questo abuso della rete sono state le molestie telefoniche: il
telefono di queste vittime è squillato a ogni ora del giorno e della notte con
nuovi insulti, intimidazioni e minacce, sempre in arabo, da parte di ignoti.
Ma questo è solo l'ultimo, gravissimo, episodio di una lunga serie di
aggressioni iniziate oltre un anno fa contro questi stessi soggetti.
Eccone una sintesi:
Il primo esempio risale al 6 luglio 2011 quando un bar di Cologno Monzese è
stato semi-distrutto da un gruppo composto da una ventina di persone guidate
da esponenti dell'opposizione, che già da tempo minacciavano i proprietari
colpevoli di essersi recati, proprio la sera stessa, a una manifestazione a
sostegno del presidente Al-Assad e del suo programma di riforme contro ogni
ingerenza straniera. I due siriani cristiani, oltre agli ingenti danni morali e
economici, sono stati pesantemente malmenati dal gruppo e uno dei due ha
riportato ben undici punti di sutura alla nuca. Colpito anche un altro amico
siriano alawita che li accompagnava e che ha rimediato anche l'auto distrutta.
E' bene ricordare che quel locale, fino a pochi mesi prima (prima che in Siria
scoppiasse quella che molti si ostinano a definire "primavera") era un punto di
ritrovo per l'intera comunità siriana che conviveva, in Italia esattamente come
in Siria, senza screzi.
Dopo un periodo di calma apparente, durante il quale il gruppo di oppositori si
limitava a frecciatine, più o meno velate minacce durante le manifestazioni di
piazza o sulla rete, la situazione è andata acuendosi nelle ultime settimane e
si è palesata in due nuove spregevoli aggressioni.
La prima risale alla sera del 25 febbraio quando un gruppo di cinque persone
si è recato sotto casa di un sostenitore del governo "colpevole", dal loro punto
di vista, di essere sunnita e non appartenere alle fila degli oppositori e, con un
tranello, lo hanno invitato a scendere e tentato di aggredire armati di
manganelli e coltelli; non riuscendo a colpire la vittima predestinata - che
fortunatamente è riuscita a riparare in casa per tempo - si sono sfogati sulla
sua auto (mezzo che, come gli aggressori ben sapevano, gli è fondamentale
per poter lavorare) distruggendone i vetri, ammaccando la carrozzeria e
tagliando tutte e quattro le gomme. Non contenti il giorno seguente lo hanno
nuovamente minacciato al telefono, dicendogli che sarebbero tornati quella
sera per finire quanto avevano lasciato in sospeso.
A un altro ragazzo, sempre in prima fila nelle manifestazioni pro-governo, è
stato riservato un altro trattamento: invece di prendersela direttamente con
lui, cercano di convincere il responsabile del luogo di lavoro che se non lo
licenzia ne subirà le conseguenze.
Il secondo atto, invece, si è consumato nuovamente di fronte al locale di
Cologno Monzese, intorno alla metà di marzo questa volta a farne le spese è
stato un siriano alawita (tengo a precisare ogni volta l'appartenenza religiosa
non perché i siriani ci tengano particolarmente, ma solo perché da quando è
scoppiato questo caos per una parte dell'opposizione il credo sembra essere
diventato fondamentale), promotore delle manifestazioni nel nord Italia a
sostegno del governo di Assad. Dopo le bestemmie religiose e le pesanti
minacce, un gruppo - che in questo caso si è trasformato in vero e proprio
branco - di centinaia di individui ha cercato di attaccarlo, provvidenziale è
stata la possibilità di rifugiarsi nel bar fino all'intervento delle forze dell'ordine.
Ne sono seguite ulteriori minacce personali e a tutti i partecipanti - siriani -
delle manifestazioni milanesi contro la rivolta ("Non organizzate altre
manifestazioni a Milano, altrimenti, a chiunque parteciperà, noi taglieremo le
gambe", è stato dichiarato al telefono).
Aggressioni vili ed agghiaccianti, soprattutto se si pensa che a perpetrarle
sono state le stesse persone che si ergono continuamente a difesa dei vessilli
di libertà e democrazia, ma che poi, nottetempo, cercano di toglierle a quanti
non la pensano come loro vorrebbero.
E, purtroppo, non si tratta di casi isolati: moltissimi, infatti, sono gli esempi di
siriani in Italia che, dopo aver preso parte a manifestazioni filogovernative ed
essersi esposti personalmente senza paura di esprimere il loro punto di vista,
sono poi stati minacciati o aggrediti telefonicamente o via web da questi
“pacifici e democratici” esponenti della corrente opposta.
Ma questi casi, chissà come mai, non interessano le grandi associazioni che
operano per la difesa dei diritti, le istituzioni e i media che operano nel nostro
territorio. Peccato, perché potrebbero aiutare ad aprire nuovi spiragli per
analizzare in modo più completo e oggettivo la crisi siriana, o, forse, è proprio
questo che si sta cercando di evitare?
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