Mosca, 27 ottobre 1934 *
H.G. Wells - Le sono molto grato per aver
accettato di incontrarmi. Recentemente sono stato negli Stati Uniti. Ho
avuto una lunga conversazione con il presidente Roosevelt e ho cercato
di chiarire quali sono le sue idee principali. Ora sono venuto da lei
per chiederle cosa sta facendo per cambiare il mondo.
Stalin - Non cosi tanto.
- Io giro il mondo come un uomo qualunque, osservo cosa succede intorno a me.
- Le persone importanti come lei non sono "uomini
qualunque". Naturalmente, solo la storia può dire quanto sia stato
importante questo o quel personaggio, ma in ogni caso lei non osserva il
mondo come un "uomo qualunque".
La mia non è falsa modestia.
Quello che voglio dire è che cerco di guardare il mondo con gli occhi
dell'uomo qualunque e non come un esponente di partito o un
amministratore carico di responsabilità. Il viaggio negli Stati Uniti ha
stimolato le mie riflessioni. Il vecchio mondo finanziario di quel
paese sta crollando: la vita economica di quel paese viene riorganizzata
secondo nuovi principi. Lenin aveva detto: "Dobbiamo imparare a fare
gli affari" dobbiamo imparare dai capitalisti. Oggi i capitalisti
debbono imparare da voi, devono imparare a capire lo spirito del
socialismo. Mi sembra che negli Stati Uniti sia in atto una profonda
riorganizzazione, la creazione di una economia pianificata, vale a dire
socialista. Lei e Roosevelt muovete da due diversi punti di partenza. Ma
non c'è un rapporto di idee, un'affinità di idee ed esigenze, fra
Washington e Mosca? Negli
Stati Uniti sono stato colpito dalle stesse cose che vedo qui:
costruiscono uffici, creano nuovi organismi statali di regolamentazione,
stanno organizzando una pubblica amministrazione di cui si avvertiva da
tempo la necessità. Hanno bisogno, come voi di capacità direttive.
- Gli Stati Uniti perseguono un
obiettivo diverso dal nostro. L'obiettivo perseguito dagli americani
nasce dalle difficoltà economiche, dalla crisi economica. Gli americani
vogliono liberarsi dalla crisi con l'attività capitalistica privata
senza cambiare la struttura economica. Stanno cercando di ridurre al
minimo la rovina, i danni provocati dal sistema economico esistente. Qui
invece, come lei sa benissimo, al posto della vecchia struttura
economica ne è stata creata una nuova, completamente diversa. Anche se
gli americani di cui lei parla riuscissero a raggiungere in parte il
loro obiettivo, vale a dire ridurre al minimo questi danni, non
eliminerebbero le radici dell'anarchia che è insita nel sistema
capitalistico esistente. Stanno preservando un sistema economico che
deve inevitabilmente portare - e non può non portare - all'anarchia
della produzione. Non si tratta, quindi, di riorganizzare la società o
di abolire il vecchio sistema sociale che provoca l'anarchia e la crisi,
ma al massimo di limitare alcune delle sue caratteristiche negative, di
limitare alcuni dei suoi eccessi. Soggettivamente, forse, questi
americani pensano di riorganizzare la società, ma obiettivamente ne
stanno salvaguardando le basi. Ecco perché - obiettivamente - non ci
sarà nessuna riorganizzazione della società.
E non ci sarà neppure una economia
pianificata. Cos'è l'economia pianificata, quali sono i suoi elementi
essenziali? L'economia pianificata cerca di abolire la disoccupazione.
Supponiamo che sia possibile, salvaguardando il sistema capitalistico,
ridurre la disoccupazione al minimo. Ma sicuramente nessun capitalista
accetterebbe mai la completa scomparsa della disoccupazione, la
scomparsa dell'esercito di riserva dei disoccupati che serve a tenere
sotto pressione il mercato del lavoro, ad assicurare un rifornimento di
mano d'opera a basso costo. Ecco una delle prime contraddizioni nella
"economia pianificata" della società borghese. Inoltre, l'economia
pianificata presuppone un incremento della produzione nei settori
industriali che fabbricano beni di cui le masse popolari hanno
particolarmente bisogno. Ma come lei sa, in un sistema capitalistico
l'aumento della produzione avviene per motivi completamente diversi, il
capitale si indirizza verso settori economici che assicurano
profitti maggiori. Non potrà mai costringere un capitalista a rischiare
una perdita o ad accettare un più basso tasso di profitto per soddisfare
i bisogni del popolo senza liberarsi dei capitalisti senza abolire il
principio della proprietà privata dei mezzi di produzione, è impossibile
creare una economia pianificata
- Sono d'accordo con molte delle cose che ha detto, ma vorrei sottolineare
l'idea che se un intero paese adotta il principio dell'economia
pianificata, se il governo, gradualmente, passo dopo passo,
comincia ad applicare con coerenza questo principio, l'oligarchia
finanziaria alla fine sarà abolita e verrà introdotto il socialismo,
nell'accezione anglosassone del termine. L 'impatto delle idee del "New
deal" di Roosevelt è davvero forte e secondo me sono idee socialiste. Mi
sembra che invece di sottolineare l'antagonismo fra due mondi, nella
situazione attuale dovremmo sforzarci di trovare una lingua comune per
tutte le forze costruttive.
- Quando dico che è impossibile
realizzare i principi dell'economia pianificata preservando le basi
economiche del capitalismo, non desidero minimamente sminuire le
eccezionali qualità personali di Roosevelt, la sua capacità
d'iniziativa, il suo coraggio e la sua determinazione. Senza dubbio
Roosevelt è una delle figure più forti fra tutti i capitani del mondo
capitalistico contemporaneo. Ecco perché vorrei sottolineare ancora una
volta come la mia convinzione che l'economia pianificata sia impossibile
nel contesto del capitalismo non significa che abbia dei dubbi sulle
capacità personali, il talento e il coraggio del presidente
Roosevelt. Ma se le circostanze sono sfavorevoli, nemmeno il più bravo
capitano può raggiungere l'obiettivo di cui lei mi parlava. In linea
teorica, naturalmente, la possibilità di marciare gradualmente, passo
dopo passo, in un sistema capitalistico, verso l'obiettivo che lei
definisce il socialismo nell'accezione anglosassone del termine, non è
da escludere.
Ma che genere di "socialismo"
sarebbe? Al massimo, frenando almeno in parte i più sfrenati
rappresentanti del profitto capitalistico, si potrebbe ottenere una
maggiore applicazione del principio di regolamentazione dell'economia
nazionale. È senz'altro un'ottima cosa. Ma appena Roosevelt, o qualsiasi
altro capitano del mondo borghese contemporaneo, si deciderà ad
intraprendere qualcosa di serio contro le fondamenta del capitalismo,
andrà inevitabilmente incontro ad una disfatta totale. Le banche, le
industrie, le grandi imprese, le grandi aziende agricole non sono nelle
mani di Roosevelt. Sono proprietà privata. Le ferrovie, la flotta
mercantile, tutto questo è nelle mani dei privati. E infine, anche
l'esercito degli operai qualificati, degli ingegneri e dei tecnici non
ubbidisce agli ordini di Roosevelt, ma agli ordini dei proprietari
privati; lavorano tutti per proprietari privati. Lei non deve
dimenticare le funzioni dello stato nel mondo borghese.
Lo Stato è un'istituzione che
organizza la difesa del paese, il mantenimento dell'"ordine"; è un
apparato per raccogliere le imposte. Lo Stato capitalista non si occupa
troppo di economia nel senso stretto della parola; quest'ultima non è
nelle mani dello Stato. Al contrario, lo Stato è nelle mani
dell'economia capitalista. Per questo ho paura che, nonostante tutta la
sua energia e le sue capacità, Roosevelt non raggiungerà l'obiettivo che
lei ha ricordato, se è davvero quello il suo obiettivo. Forse nel corso
di parecchie generazioni sarà possibile avvicinarsi un pò a questo
obiettivo; ma personalmente credo che neanche questo sia molto
probabile.
- Forse io credo più di lei all'interpretazione
economica della politica. Grazie alle invenzioni e alla scienza moderna,
sono entrate in azione forze immense che si battono per una migliore
organizzazione, per un migliore funzionamento della comunità, vale a
dire per il socialismo. L'organizzazione e la regolamentazione
dell'azione individuale sono diventate necessità meccaniche, a
prescindere dalle teorie sociali. Se cominciamo con il controllo statale
delle banche e continuiamo con il controllo dell'industria pesante,
dell'industria in generale, del commercio, eccetera, un controllo così
generalizzato equivarrà alla proprietà statale di tutti i comparti
dell'economia nazionale. Sarà questo il processo di socializzazione, il
socialismo e l'individualismo non sono antitetici come il bianco e il
nero. Ci sono molti livelli intermedi, c'è l'individualismo che sconfina
nel banditismo e ci sono la disciplina e l'organizzazione che sono
l'equivalente del socialismo. L'introduzione dell'economia pianificata
dipende, in larga misura, dagli organizzatori dell' economia,
dall'intelligenza tecnica qualificata che, passo dopo passo, può
convenirsi ai principi socialisti di organizzazione. E' questo
l'essenziale. Perché l'organizzazione viene prima del socialismo, è il
fatto più importante. Senza l'organizzazione l'idea socialista è
solantanto un 'idea.
- Non esiste, e non dovrebbe
esistere, un contrasto inconciliabile fra individuo e collettività, fra
gli interessi del singolo e gli interessi della collettività. Il
socialismo non può perdere di vista gli interessi individuali. Solo la
società socialista può soddisfate appieno questi interessi personali. Di
più, solo la società socialista può salvaguardare fermamente gli
interessi del singolo In questo senso non esiste un contrasto
inconciliabile fra "individualismo" e socialismo. Ma è possibile negare
il centrasto tra classi, fra la classe possidente, la classe
capitalista, e la classe operaia, classe proletaria? Da una parte
abbiamo la classe dei proprietari che possiede le banche, le fabbriche,
le miniere, i traspòrti, le piantagioni nelle colonie.
Queste persone non vedono che i
propri interessi, la loro ricerca di profitto. Non si sottomettono al
volere della collettività; cercano di subordinare ogni collettività ai
loro voleri. Dall'altra parte abbiamo la classe dei poveri, la classe
sfruttata, che non possiede fabbriche, nè officine, nè banche, che è
costretta a lavorare vendendo la sua forza lavoro ai capitalisti e che
non ha l'opportunità di soddisfare le sue esigenze più elementari. Com'è
possibile conciliare interessi e bisogni così antagonistici? Per quel
che ne so, Roosevelt non è riuscito a trovare il modo di conciliare
questi interessi. Ed è impossibile, come dimostra l'esperienza.
Pertanto, lei conosce la situazione degli Stati Uniti meglio di me,
perché io non ci sono mai stato e seguo gli affari americani soprattutto
sulla stampa. Ma io ho una certa esperienza di lotta per il socialismo,
e quest'esperienza mi dice che se Roosevelt cercherà veramente di
soddisfare gli interessi della classe proletaria a spese delle classe
capitalista, quest'ultima metterà un'altro presidente al suo posto. I
capitalisti diranno: i presidenti vanno e vengono, ma noi esisteremo
sempre; se questo o quel presidente non protegge i nostri interessi, ne
troveremo un'altro. Come potrebbe opporsi il presidente alla volontà
della classe capitalista?
- Non condivido questa classificazione
semplificata dell 'umanità in poveri e ricchi. Naturalmente, esiste una
categoria di persone che aspira soltanto al profitto. Ma queste persone
non sono criticate in Occidente proprio come lo sono qui? Non ci sono
tantissime persone in Occidente per le quali il profitto non è il fine
ultimo, che possiedono una certa ricchezza e che vogliono investire e
ricavare un reddito da questo investimento, ma che non lo considerano
l'obbiettivo principale? Considerano l'investimento come una sgradevole
necessità. E non esistono moltissimi ingegneri o operatori economici,
capaci ed appassionati, la cui attività è stimolata da qualcosa di
diverso del profitto? A mio avviso, esiste una folta classe di persone
capaci che giudicano insoddisfacente il sistema attuale e che sono
destinate a svolgere un grande ruolo nella futura società capitalista.
Negli ultimi anni sono stato molto impegnato - e ho riflettuto a lungo
su questo argomento - nella propaganda a favore del socialismo e del
cosmopolitismo fra gli ingegneri, gli aviatori, gli addetti tecnico
militari, eccetera. E inutile avvicinarsi a questi ambienti con la
propaganda della lotta di classe. Questa gente capisce le condizioni del
mondo. Sì rende conto che è un maledetto imbroglio ma considera
un'assurdità il vostro semplice antagonismo di classe.
- Lei si oppone alla classificazione
semplificata dell'umanità in ricchi e poveri. Ovviamente c'è uno strato
intermedio, c'è l'intellighenzia tecnica di cui ha parlato, fra cui
esistono ottime persone, molto oneste. Però ci sono anche persone
malvagie e disoneste, c'è ogni sorta di gente. Ma prima di tutto
l'onestà è divisa in ricchi e poveri, in possidenti e sfruttati; e
perdere di vista questa divisione fondamentale e l'antagonismo fra
ricchi e poveri significa perdere di vista la questione essenziale, io
non nego l'esistenza di strati intermedi che si schierano con l'una o
con l'altra delle due classi in lotta o che assumono una posizione
neutrale o semineutrale in questa lotta. Ma lo ripeto, perdere di vista
questa divisione fondamentale della società e questa lotta fra le due
classi principali significa ignorare i fatti. Questa lotta è in corso e
continuerà. Il risultato della lotta sarà deciso dalla classe
proletaria, la classe operaia.
- Ma non esistono molte persone che lavorano e lavorano produttivamente, senza essere povere?
- Naturalmente ci sono piccoli
proprietari terrieri, gli artigiani, i piccoli commercianti, però non
sono loro a decidere la sorte di un paese ma le masse lavoratrici, che
producono tutto ciò di cui la società ha bisogno.
- Ma ci sono diversi tipi di capitalisti. Ci
sono i capitalisti che pensano solo al profitto, a diventare ricchi; ma
ci sono anche quelli che sono pronti a sopportare dei sacrifici. Prenda
il vecchio Morgan, ad esempio. Lui pensava solo al profitto, era un
semplice parassita, si limitava ad accumulare ricchezza. Ma pensi a
Rockfeller.
E' un eccellente organizzatore, il suo sistema
di distribuzione del petrolio costituisce un esempio che merita di
essere imitato. Oppure prenda Ford. Certo che Ford è egoista. Ma non è
un appassionato organizzatore della produzione razionalizzata da cui
prendete lezioni? Vorrei sottolineare che recentemente in tutti i paesi
di lingua inglese l'atteggiamento nei confronti dell'U.R.S.S. è
profondamente mutato. Questo cambiamento è dovuto soprattutto alla
posizione del Giappone e agli avvenimenti in corso in Germania. Ma ci
sono altri motivi oltre a quelli legati alla politica internazionale.
C'è una ragione più profonda, vale a dire il riconoscimento del fatto
che il sistema basato sul profìtto privato si sta sgretolando. In queste
circostanze, a mio avviso, non dobbiamo mettere in primo piano
l'antagonismo fra i due mondi, ma dovremmo cercare di unificare il più
possibile tutti i movimenti costruitivi, tulle le forze costruttive. Mi
sembra di essere più a sinistra di lei, Mr. Stalin; sono più convinto di
lei che il vecchio sistema sia vicino alla fine.
- Quando parlo dei capitalisti che
perseguono soltanto il profitto, non voglio dire che sono persone prive
di meriti e incapaci di qualsiasi altra cosa. Molti di loro senza dubbio
hanno grandi doti organizzative che non mi sogno affatto di negare. Noi
sovietici impariamo moltissimo dai capitalisti. Anche Morgan, che lei
dipinge in termini così negativi, era senza dubbio un eccellente
organizzatore. Ma se ha in mente delle persone pronte a ricostruire il
mondo, senza dubbio non potrà trovarle fra quanti servono fedelmente la
causa del profitto. Noi e loro siamo agli antipodi. Lei ha citato Ford.
Certo che è un bravo organizzatore della produzione.
Ma non conosce il suo atteggiamento
verso la classe operaia? Non sa quanti operai ha gettato sul lastrico?
II capitalista è inchiodato al profitto, e non c'è forza al mondo che
possa staccarlo. Il capitalismo non sarà abolito dagli "organizzatori"
della produzione e dell'intellighenzia tecnica, ma dalla classe operaia,
perché questi strati non hanno un ruolo indipendente. L'ingegnere,
l'organizzatore della produzione, non lavora come vorrebbe ma come gli
viene ordinato, per servire gli interessi dei suoi datori di lavoro.
Naturalmente ci sono delle eccezioni; ci sono persone in questo strato
che sono guarite dall'intossicazione di capitalismo. L'intelligenza
tecnica, in certe condizioni può fare miracoli e giovare enormemente
all'umanità. Ma può anche causare danni enormi. Noi sovietici abbiamo
una certa conoscenza dell'intellighenzia tecnica. Dopo la Rivoluzione
d'Ottobre, una certa parte di essa si rifiutò di partecipare all'opera
di edificazione della nuova società; si oppose a quest'opera e la
sabotò. Noi ci adoperammo in ogni modo per coinvolgere l'intellighenzia
tecnica in quest'opera di edificazione; tentammo tutte le strade. Ci
volle parecchio tempo perché la nostra intellighenzia accettasse di
collaborare attivamente con il nuovo sistema. Oggi la parte migliore di
questa intellighenzia tecnica è in prima linea insieme agli edificatori
della società socialista. Con quest'esperienza alle spalle, siamo lungi
dal sottovalutare i lati positivi e negativi dell'intellighenzia tecnica
e sappiamo bene che da una parte si può provocare dei danni, ma
dall'altra può fare "miracoli". Naturalmente le cose sarebbero diverse
se fosse possibile, con un solo colpo, separare spiritualmente
l'intellighenzia tecnica dal mondo capitalista. Ma è un'utopia. Sono
molti gli esponenti dell'intellighenzia tecnica che avrebbero il
coraggio di rompere con il mondo borghese e mettersi al lavoro per
trasformare la società? Pensa davvero che ci siano molte persone di
questo tipo, poniamo, in Inghilterra o in Francia? No, solo pochi
sarebbero pronti a rompere con i loro datori di lavoro per cominciare la
ricostruzione del mondo. Inoltre possiamo perdere di vista il fatto che
per trasformare il mondo è necessario avere il potere politico? Mi
sembra, Mr. Wells, che lei sottovaluti notevolmente la questione del
potere politico, che essa sia completamente assente dalla sua
concezione. Cosa possono fare, anche con le migliori intenzioni del
mondo, se sono incapaci di porre la questione della conquista del potere
e non hanno potere? Al massimo possono aiutare la classe che conquista
il potere, ma non possono cambiare il mondo da soli. Questo può essere
fatto solo da una grande classe che prenderà il posto della classe
capitalista e diventerà sovrana come lo era prima quest'ultima, Questa
classe è la classe operaia. Naturalmente, bisogna accettare l'assistenza
dell'intellighenzia tecnica; ed essa, a sua volta, deve essere aiutata.
Ma non bisogna credere che l'intellighenzia tecnica possa avere un
ruolo storico indipendente. La trasformazione del mondo è un processo
enorme, complesso, doloroso. Per questo grande compito occorre una
grande classe. Sono le grandi navi a fare i viaggi lunghi.
- Certo, ma per i viaggi lunghi occorrono un capitano e un navigatore.
- Questo è vero, ma per un lungo
viaggio occorre innanzitutto una grande nave. Cos'è un navigatore senza
una grande nave? Una persona inutile.
- La grande nave è l'umanità, non una classe.
- Lei, Mr. Wells, muove evidentemente
dal presupposto che tutti gli uomini siano buoni. Io, invece, non
dimentico che ci sono molti uomini malvagi. Io non credo che la
borghesia sia buona.
- Ricordo qual'era la situazione
dell'intellighenzia tecnica alcuni decenni fa. A quell'epoca era ancora
poco numerosa, ma c'era talmente tanto da fare che ogni ingegnere, ogni
tecnico, aveva la sua occasione. E proprio per questo l'intellighenzia
tecnica era la classe meno rivoluzionaria. Ora, invece, c'è una
sovrabbondanza di tecnici e la loro mentalità è sensibilmente cambiata.
Il lavoratore qualificato, che in passato non avrebbe mai dato ascolto
ai discorsi rivoluzionari, ora li segue con grande interesse.
Recentemente sono stato a una cena del Royal Society, la grande società
scientifica inglese. Il discorso del presidente è stato un discorso a
favore della pianificazione sociale e del controllo scientifico. Oggi,
l'uomo che dirige la Royal Society ha posizioni rivoluzionarie e insiste
sulla riorganizzazione scientifica della società umana. La vostra
propaganda per la lotta di classe non si è adeguala a queste realtà, la
mentalità sta cambiando.
- Si, lo so, questo è dovuto al fatto
che la società capitalistica attualmente è in un vicolo cieco. I
capitalisti stanno cercando, senza trovarla, una via d'uscita da questo
vicolo cieco che sia compatibile con la dignità della loro classe e con
gli interessi della loro classe. Potrebbero, in certa misura, strisciare
fuori dalla crisi a quattro zampe, ma non possono trovare uno sbocco
che consenta loro di uscirne a testa alta, una soluzione che non
danneggi sostanzialmente gli interessi del capitalismo. Naturalmente,
larga parte dell'intellighenzia tecnica ne è perfettamente consapevole.
Un ampio settore comincia a capire che i suoi interessi sono gli stessi
della classe che è in grado di indicare la via d'uscita dal vicolo
cieco.
- Lei, Mr. Stalin, di rivoluzioni ne sa
sicuramente qualcosa, dal punto di vista pratico. Le masse si sollevano
davvero? Non è una verità accertata che tutte le rivoluzioni sono fatte
da una minoronza?
- Per fare una rivoluzione occorre
una minoranza rivoluzioinaria che faccia da guida; ma la minoranza più
abile, energica e appassionata sarebbe impotente se non potesse contare
sull'appoggio almeno passivo di milioni di persone
- Almeno passivo? Forse inconscio?
- In parte anche semistintivo e semiconsapevole, ma senza l'appoggio di milioni di persone, la migliore minoranza è impotente.
- Io osservo la propaganda comunista in Occidente e ho l'impressione
che nelle condizioni moderne questa propaganda sembri vecchia,
superata, perché è propaganda insurrezionale. La propaganda a favore del
rovesciamento violento dei sistema sociale era giustissima quando era
rivolta contro la tirannia. Ma ora che il sistema sta comunque
crollando, bisognerebbe porre l'accento sull'efficienza, la competenza,
la produttività, e non sull'insurrezione. Mi sembra che gli accenni
insurrezionali siano obsoleti. La propaganda comunista in Occidente è
un'assurdità per la gente con una visione costruttiva.
- Certo che il vecchio sistema sta
marcendo, crollando. Questo è vero. Ma è anche vero che vengono fatti
nuovi sforzi, con altri metodi e con ogni mezzo, per proteggere e
salvare questo sistema morente. Lei arriva a una conclusione sbagliata
partendo da un postulato corretto. Lei afferma giustamente che il
vecchio mondo sta crollando. Ma sbaglia a credere che stia crollando da
solo. No, la sostituzione di un sistema sociale con un altro è un
processo rivoluzionario lungo e complesso. Non è soltanto un processo
spontaneo, ma una lotta; è un processo collegato allo scontro di classe.
Il capitalismo è in decadenza ma non può essere paragonato a un albero
marcio che prima o poi dovrà cadere a terra da solo. No. La rivoluzione,
la sostituzione di un sistema sociale con un altro, è sempre stata una
lotta, una lotta dolorosa e crudele, una lotta per la vita e per la
morte. E ogni volta che la gente del nuovo mondo è giunta al potere ha
dovuto difendersi dai tentativi del vecchio mondo di restaurare il
vecchio ordine con la forza; questa gente del nuovo mondo doveva essere
sempre in allerta, doveva essere sempre pronta a respingere gli attacchi
del vecchio mondo contro il nuovo sistema.
Si, ha ragione quando dice che il
vecchio sistema sociale sta crollando; ma non sta crollando
spontaneamente. Prenda il fascismo, ad esempio, il fascismo è una forza
reazionaria che sta cercando di preservare il vecchio mondo con la
violenza. Cosa possiamo fare con i fascisti? Vogliamo metterci a
discutere con loro? Vogliamo cercare di convincerli? Ma questo non
avrebbe nessun effetto su di loro. I comunisti non idealizzano affatto
il metodo della violenza. Ma loro, i comunisti, non vogliono essere
presi di sorpresa, non possono sperare che il vecchio mondo esca
volontariamente di scena, vedono che il vecchio sistema si sta
difendendo con la violenza ed è per questo che dicono alla classe
operaia: rispondete alla violenza con la violenza, fate tutto il
possibile per impedire che il vecchio ordine morente vi schiacci, non
consentite che vi incateni le mani, quelle mani con cui rovescerete il
vecchio sistema. Come vede i comunisti considerano la sostituzione di un
sistema sociale con un altro non come un processo spontaneo e pacifico
ma come un processo complesso, lungo e violento. I comunisti non possono
ignorare i fatti.
- Ma guardi cosa sta succedendo nel mondo
capitalista, il collasso non è semplice, è uno scoppio di violenza
reazionaria che sta degenerando nel gangsterismo. E quando si arriva a
uno scontro con la violenza cieca e reazionaria, i socialisti secondo me
possono appellarsi alla legge, e invece di considerare la polizia come
un nemico dovrebbero sostenerla nella lotta contro la reazione. Credo
che sia inutile operare con i metodi del vecchio, rigido socialismo
insurrezionale.
- I comunisti si basano su una ricca
esperienza storica, ed essa insegna che le classi obsolete non
abbandonano volontariamente il palcoscenico della storia. Pensi alla
storia dell'Inghilterra nel diciassettesimo secolo. Non erano molti a
dire che il vecchio sistema sociale era marcio? Ma non ci volle comunque
un Cromwell per abbatterlo con la forza?
- Cromwell agiva sulla base della Costituzione e in nome dell'ordine costituzionale.
- Nel nome della Costituzione fece
ricorso alla violenza. Decapitò il re, sciolse il Parlamento, arrestò
alcuni e decapitò altri.
Oppure prendiamo un esempio dalla
nostra storia. Non era già evidente da un pezzo che il sistema zarista
era in rovina, che stava crollando? Ma quanto sangue si è dovuto versare
per rovesciarlo?
E la rivoluzione d'Ottobre? Non erano
in molti a sapere che solo noi, i bolscevichi, indicavano l'unica
soluzione giusta? Non era evidente che il capitalismo russo era in
rovina? Ma lei sa bene com'è stata forte la resistenza, quanto sangue si
è dovuto versare per difendere la Rivoluzione d'Ottobre da tutti i suoi
nemici, interni ed esterni.
Oppure prendiamo la Francia della
fine del diciottesimo secolo. Molto prima del 1789 erano in tanti ad
aver capito quanto fossero marci il potere reale, il sistema feudale.
Eppure non fu possibile evitare un'insurrezione popolare, uno scontro di
classe. Perché? Perché le classi che debbono abbandonare il
palcoscenico della storia sono le ultime a convincersi che il loro ruolo
è finito. È impossibile convincerle di questo. Pensano che le crepe
dell'edificio in rovina possano essere stuccate, che il traballante
edificio del vecchio ordine possa essere riparato e salvato. Ecco perché
le classi morenti prendono le armi e ricorrono ad ogni mezzo per
salvare la loro esistenza come classe dominante.
- Ma non c'erano alcuni avvocati alla testa della grande Rivoluzione francese?
- Io non nego il ruolo
dell'intellighenzia nei movimenti rivoluzionari. Ma la grande
Rivoluzione francese fu una rivoluzione di avvocati o una rivoluzione
popolare che ottenne la vittoria sollevando le grandi masse popolari
contro il feudalesimo e difendendo gli interessi del terzo stato? E gli
avvocati che guidarono la grande Rivoluzione francese agivano
rispettando le leggi del vecchio ordine? Non introdussero una nuova
legge borghese rivoluzionaria? La ricca esperienza della storia ci
insegna che fino a oggi una classe non ha mai lasciato volontariamente
il posto a un'altra classe. Non esistono precedenti nella prassi
mondiale. I comunisti hanno imparato questa lezione dalla storia. I
comunisti sarebbero ben lieti di assistere a una volontaria uscita di
scena della borghesia. Ma è un'ipotesi improbabile e questo che ci
insegna la storia. Ecco perché i comunisti vogliono essere preparati al
peggio e invitano la classe operaia a essere vigile, a essere pronta
alla lotta. Chi vuole un capitano che allenta la vigilanza del suo
esercito, un capitano incapace di rendersi conto che il nemico non si
arrende, che deve essere sconfìtto? Essere un tale capitano significa
ingannare, tradire la classe operaia. Ecco perché secondo me quello che
lei giudica superato è in realtà un atteggiamento di convenienza
rivoluzionarìa per la classe operaia.
- Non nego che si debba usare la forza, ma penso
che le forme di lotta dovrebbero adeguarsi alle opportunità offerte
dalle leggi esistenti, che debbono essere difese dagli attacchi
reazionari. Non c'è bisogno di disorganizzare il vecchio sistema perché
si sta già disorganizzando da solo. Per questo mi sembra che
un'insurrezione contro il vecchio ordine, contro la legge, sia obsoleta,
superata. Per altro esagero deliberatamente per esporre con maggiore
chiarezza la verità. Potrei formulare il mio punto di vista nel modo
seguente: in primo luogo, sono per l'ordine; in secondo luogo, attacco
il sistema attuale nella misura in cui non riesce ad assicurare
l'ordine; in terzo luogo, penso che la propaganda della lotta di classe
possa allontanare dal socialismo proprio le persone istruite di cui il
socialismo ha bisogno.
- Per raggiungere un grande
obiettivo, un importante obbiettivo sociale, dev'esserci una forza
principale, un bastione, una classe rivoluzionaria. Poi bisogna
organizzare l'assistenza di una forza ausiliaria per questa forza
principale; in questo caso la forza ausiliaria è rappresentata dal
partito, a cui appartengono le forze migliori dell'intellighenzia. Ha
appena parlato di "persone
istruite". Ma a quali persone istruite si riferisce? Non c'erano
moltissime persone istruite dalla parte del vecchio ordine
nell'Inghilterra del Diciassettesimo secolo, nella Francia del
Diciottesimo secolo e nella Russia della Rivoluzione d'Ottobre? Il
vecchio ordine aveva al suo servizio molte persone ben istruite che lo
difendevano e si opponevano al nuovo ordine. L'istruzione è un'arma, ma
il suo effetto dipende dalle mani che la brandiscono, da chi deve essere
colpito. Naturalmente, il proletariato, il socialismo, ha bisogno di
gente ben istruita. È ovvio che i sempliciotti non possono aiutare il
proletariato a lottare per il socialismo, a costruire una nuova società.
Io non sottovaluto il ruolo dell'intellighenzia; al contrario, lo
sottolineo. La questione, tuttavia, è di quale intellighenzia stiamo
discutendo. Perché ci sono diversi tipi di intellighenzia.
- Non può esserci una rivoluzione senza un
cambiamento radicale del sistema educativo. Basti citare due esempi:
l'esempio della repubblica tedesca, che non toccò il vecchio sistema di
istruzione e perciò non divenne mai una repubblica, e l'esempio del
Parlito Laburista, che non ha il coraggio di battersi per un cambiamento
radicale del sistema educativo.
- Questa è una osservazione giusta.
Ora mi permetta di replicare ai tre punti che ha sollevato. In primo
luogo, la cosa principale per una rivoluzione è l'esistenza di un
bastione sociale. Questo bastione della rivoluzione è la classe operaia.
In secondo luogo, occorre una forza ausiliaria, quello che i comunisti
chiamano un partito. Al partito appartengono i lavoratori più preparati e
quegli elementi dell'intellighenzia tecnica che sono strettamente
collegati alla classe operaia. L'intellighenzia può essere forte solo se
si unisce alla classe operaia. Se si oppone alla classe operaia diventa
una nullità. In terzo luogo, occorre il potere politico come strumento
di cambiamento. Il nuovo potere politico crea le nuove leggi, il nuovo
ordine che è un ordine rivoluzionario
Io non mi schiero a favore di
un'ordine qualsiasi. Io mi schiero a favore dell'ordine che risponda
agli interessi della classe operaia. Ma se alcune leggi del vecchio
ordine possono essere utilizzate nella lotta per il nuovo ordine, allora
le vecchie leggi dovrebbero essere utilizzate. Io non mi oppongo al suo
postulato secondo cui il sistema attuale dovrebbe essere attaccato
nella misura in cui non assicura l'ordine necessario per il popolo.
E infine, sbaglia se crede che i
comunisti siano innamorati della violenza. Sarebbero molto lieti di
rinunciare ai metodi violenti se la classe dirigente accettasse di
lasciare il posto alla classe operaia. Ma l'esperienza della storia
smentisce questa possibilità.
- Eppure c'è stato un caso nella storia
dell'Inghilterra in cui una classe ha volontariamente consegnato il
potere a un'altra classe Nel periodo fra il 1830 e il 1870
l'aristocrazia, il cui influsso era ancora molto considerevole alla fine
del Diciottesimo secolo, volontariamente, senza una dura lotta, cedette
il potere alla borghesia che assicurava un appoggio sentimentale alla
monarchia. Successivamente, questo trasferimento del potere ha portato
al domìnio dell'oligarchia finanziaria.
- Ma lei senza accorgesene è passato
dal problema della rivoluzione al problema delle riforme. Non è la
stessa cosa. Non pensa che il movimento cartista abbia avuto un ruolo
importane nelle riforme inglesi del Diciannovesimo secolo?
- I cartisti fecero molto poco e scomparvero senza lasciare traccia.
- Non sono d'accordo con lei. I
cartisti, e il movimento di sciopero che organizzarono, ebbero un ruolo
di rilievo; costrinsero le classi dirigenti a molte concessioni relative
al diritto di voto, all'abolizione dei cosiddetti "borghi putridi" [i
distretti elettorali con pochissimi
votanti] e a diversi altri punti della "Carta". Il cartismo ebbe un
ruolo storico non privo di significato e costrinse una parte delle
classi dirigenti a fare alcune concessioni-riforme per scongiurare una
grave crisi. In generale, va detto che di tutte le classi dirigenti, le
classi dirigenti inglesi, sia l'aristocrazia che la borghesia, si sono
dimostrate le più intelligenti e flessibili dal punto di vista dei loro
interessi di classe, dal punto di vista della conservazione del potere.
Prendiamo ad esempio dalla storia moderna, lo sciopero generale del
1926. La prima cosa che qualsiasi altra borghesia avrebbe fatto dì
fronte a un'iniziativa di questo tipo, quando il consiglio generale del
sindacato ha proclamato lo sciopero, sarebbe stata di arrestare i
dirigenti sindacali. La borghesia inglese non lo fece e agì con
intelligenza dal punto di vista dei suoi interessi. Non riesco a
immaginare che una strategia così flessibile possa essere seguita dalla
borghesia degli Stati Uniti, della Germania o della Francia. Per
mantenere il loro dominio, le classi dirigenti della Gran Bretagna non
hanno mai rinunciato a piccole concessioni, riforme. Ma sarebbe
sbagliato pensare che queste riforme siano rivoluzionarie.
- La sua opinione delle classi dirigenti del mio
paese è più alta della mia. Ma c'è davvero una grande differenza fra
una piccola rivoluzione e una grande riforma? Una riforma non è una
piccola rivoluzione?
- In seguito a una pressione dal
basso, la pressione delle masse, la borghesia a volte può concedere
alcune riforme parziali che non contraddicono il sistema sociale
economico esistente. Sceglie questa linea d'azione perché ritiene che
queste concessioni siano necessarie per salvaguardare il suo dominio di
classe. Questa è l'essenza delle riforme. La rivoluzione, invece,
significa il passaggio del potere da una classe all'altra. Per questo è
impossibile descrivere qualsiasi riforma come una rivoluzione. Per
questo non possiamo sperare che il cambiamento del sistema
sociale avvenga con un'impercettibile trasformazione da un sistema
all'altro attraverso le riforme, grazie alle concessioni della classe
dominante
- Le sono molto grato per questo colloquio, che
ha significato davvero molto per me. Spiegandomi le cose, le sarà
sembrato di tornare ai tempi in cui doveva illustrare i rudimenti del
socialismo nei circoli illegali prima della rivoluzione. Attualmente nel
mondo esistono solo due persone a cui danno ascolto milioni di persone
soppesandone ogni opinione, ogni singola parola - lei e Roosevelt. Gli
altri possono predicare quanto vogliono, quello che dicono non sarà mai
pubblicato o tenuto in gran conto. Non sono ancora in grado di valutare
quello che è stato fatto nel suo paese, sono arrivato solo ieri. Ma ho
già visto i volti sereni di uomini e donne sani e so che state facendo
qualcosa di molto importante. Il contrasto con il 1920 è sbalorditivo.
- Si sarebbe potuto fare di più se i bolscevichi fossero stati più bravi.
- No, se gli esseri umani fossero stati più
bravi. Sarebbe un'ottima cosa inventare un piano quinquennale per la
ricostruzione del cervello umano, che evidentemente è privo di molte
cose necessarie a un perfètto ordine sociale. (Ride)
- Non vuole trattenersi per il Congresso dell'Unione degli scrittori sovietici?
- Purtroppo ho molti impegni da
rispettare e posso restare solo per una settimana. Sono venuto per
parlare con lei e sono molto soddisfatto del nostro colloquio. Ma vorrei
discutere con tulli gli scrittori sovietici che avrò modo di
incontrare, la possibilità di una loro adesione al Pen Club. E'
un'organizzazione internazionale di scrittori fondata da Galsworthy:
dopo la sua morte ne sono divenuto il presidente. L'organizzazione è
ancora debole, ma ha sezioni in molti paesi, e la cosa più importante è
che i discorsi dei suoi membri
sono ampiamente commentati dalla stampa. Insiste molto sulla libera
espressione di opinioni, anche opinioni di opposizione. Spero di
discutere la questione con Gorkij. Non so se siete ancora pronti per
tanta libertà...
- Noi bolscevichi la chiamiamo "autocritica". È molto praticata in Urss ...
* La versione inglese su www.marxists.org/reference/archive/stalin/works/1934/07/23.htm riporta la data del 23 luglio 1934
Nessun commento:
Posta un commento