C.F. Nel nostro paese la tv è
lo strumento principe della formazione del consenso. E questo la dice
lunga su quanto poco in realtà valgano i “programmi” dei
partiti. Conta chi sa starci dentro, e una tv generalista, con i suoi
talk show e siparietti, è quanto di più lontano possa esistere dal
ragionamento. Il 78% degli italiani usa questa tv per orientarsi al
voto. Di questa stragrande maggioranza ben dodici milioni, usano solo
e solamente quella. Berlusconi lo sa e infatti punta a quello. Si
afferma come il prototipo massimo della commedia all’italiana e in
confronto a Monti è come vedere da una parte l’Alberto Sordi de
“il sorpasso” e dall’altra un Max Von Sidow ne “Il Settimo
Sigillo” di Bergman. Da una parte la barzelletta, la cialtroneria
spaccona, l’arcitaliano aapunto, e dall’altra un film svedese in
bianco e nero di un regista luterano.
Monti sta tentando di cambiare
personaggio: parla del nipotino, sorride, promette…
C.F.Monti cerca di fare il
comico, ora, ma non può riuscirci: lui, come figura politica, è
nato dallo shock, dalla paura: prova a far ridere, con il copione che
gli detta David Axelrod il suo consulente di immagine americano, ma
non può riuscirci. Uno che ha fatto passare le pene dell’inferno a
tutti, quello del terrore del crollo, del baratro, come può pensare
adesso di diventare “pop”? E Berlusconi, che certo non riuscirà
a far dimenticare tutto, però si avvantaggia, proprio grazie a
Monti. Credetemi, nel quadro della politica spettacolo,
dell’audience/consenso, Monti favorisce Berlusconi e Grillo invece
penalizza Berlusconi, perché raccoglie anche una parte dei delusi
del Pdl, che sono il vero obiettivo del cavaliere.
Dopodichè c’è il Pd, il
centrosinistra…
C.F.E che dire? Allargo le
braccia…come si fa a star dietro, se ci si candida ad essere
alternativi, a questa follia? Il pensiero unico domina totalmente. Lo
spiega Monti, per il quale la democrazia consisterebbe nel tagliare
gli estremi per convergere tutti, appassionatamente, verso il centro.
Un’immagine orribile, inquietante, il contrario esatto con il
concetto di pluralismo e differenze con i quali è cresciuta la mia
generazione. E invece il Pd accetta il gioco, lo teorizza, ci sta. E
balbetta, tra il comico e il serioso, tra Alberto Sordi e Max Von
Sidow…
In tutto questo un comico di
professione c’è…
C.F.In effetti. Quello che
arriverà terzo. Prima di Monti, dopo Berlusconi che sarà sorpassato
alla Camera dal Pd. Ma quel terzo posto non avrà il peso dell’ultimo
gradino sul podio, dobbiamo farci attenzione. E’ un fenomeno
problematico, ma sarebbe sbagliato non cogliere le caratteristiche
dello spazio politico che va a ricoprire. Ad esempio Grillo punta su
internet e non va ai Talk. Strategia perfetta per chi sa come
funziona la finta democrazia, trappola, della tv generalista. E’
radicale, sceglie e decide una parte, non tutte. E ad esempio si
rivolge a chi usa internet e cioè il 40% dei cittadini ma
soprattutto i giovani che dai 14 ai 29 anni lo usano moltissimo.
Ricordiamoci, e le metafore sono quello che conta per chi comunica,
che internet è anche lo strumento contemporaneo delle rivoluzioni.
Questa scelta poi gli consente di “rimbalzare” nella Tv, perché
parlano di lui proprio perché egli si sottrae e crea suspence,
audience. E quindi, rifiutando la Tv e i siparietti, vi irrompe più
degli altri. Ciò lo fa risultare più simpatico al “popolo”, che
per il 65% lo considera più efficace e coinvolgente come leader e
come messaggio. Grillo ha conosciuto e lavorato con Coluche, e dal
comico francese che per lottare contro il pensiero unico ipotizzò
persino di candidarsi alle presidenziali, fu segnato. C’è molto
del Coluche di allora in Grillo.
Nella società dello spettacolo in
effetti i comici bravi sono avantaggiati…
C.F.La
comicità è una forma di verità. Una critica immediata, diretta,
che non concede chance e può distruggere in poche battute avversari
e partiti. Berlusconi e il suo editto bulgaro poi, l’hanno
enormemente valorizzata.
Io
dico che insieme ad una valutazione problematica, con tutte le
criticità che vogliamo su ciò che Grillo ha messo in moto, non
possiamo non vedere che lui è arrivato a colmare un vuoto, perché
l’offerta politica italiana è terribilmente desolante. Non si può
valutare Grillo senza rendersi conto cosa di cosa c’è attorno. Di
come ad esempio nessuno risponda alla richiesta di un cambiare rotta
rispetto alla degenerazione della politica dei professionisti, dei
privilegi, della corruzione. Oppure di come Grillo rappresenti in
qualche modo quella rottura con il sistema che ormai la maggioranza o
tollera o subisce. O teme o odia. Ormai il discorso politico ha perso
ogni passione nelle elezioni: si vota valutando chi è il meno
peggio, ma dove sta il phatos, l’ideale, l’utopia, il
combattimento? La politica somiglia sempre più a un’assemblea di
condominio e ha sepolto ogni afrore rivoluzionario, in tutte le sue
forme. Però quando giornali come il New
York Times
hanno parlato di Grillo, l’hanno fatto in termini di novità. Non
lo sottovalutate. Mi ripeto. Non è antipolitica, ma al limite,
a-politica.
Un populismo digitale moralizzatore?
La
denuncia della corruzione non basta. Per invertire la congiuntura
economica, la moralizzazione grillesca è insufficente. Ma coglie un
aspetto fondamentale, che gli altri non osano affrontare per paura di
essere “esclusi” dal loro giocattolino. La verità è che
bisognerebbe prima o poi prendere sul serio l’idea che se
identifichiamo la politica con la liberazione dell’individuo dalle
limitazioni che gli impediscono di conseguire il massimo profitto
individuale, non dobbiamo meravigliarci poi che chi ha raggiunto un
minimo di potere lo utilizzi per i propri interessi. E’ un tema
globale, legato all’ideologia neoliberista, e in Italia si è
sovrapposto alla nostra “genetica” arte di arrangiarsi. Grillo
non è articolato, né argomentativo. Non è un teorico, né un
ideologo. Se deve sostenere una discussione approfondita,
probabilmente perde. Ma e’ il nostro sismografo. Se si guardano
attentamente le oscillazioni, siamo di fronte a un terremoto.
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