involuzione

involuzione
Poche cose abbiamo imparato dalla storia all'infuori di questa: che le idee si condensano in un sistema di ortodossia, i poteri in una forma gerarchica e che ciò che può ridare vita al corpo sociale irrigidito è soltanto l'alito della libertà, con la quale intendo quella irrequietezza dello spirito, quell'insofferenza dell'ordine stabilito, quell'aborrimento di ogni conformismo che richiede spregiudicatezza mentale ed energia di carattere.
Io sono convinto che se non avessimo imparato dal marxismo a vedere la storia dal punto di vista degli oppressi, guadagnando una nuova immensa prospettiva sul mondo umano, non ci saremmo salvati. O avremmo cercato riparo nell'isola della nostra interiorità o ci saremmo messi al servizio dei vecchi padroni. Ma tra coloro che si sono salvati, solo alcuni hanno tratto in salvo un piccolo bagaglio dove, prima di buttarsi in mare, avevano deposto, per custodirli, i frutti più sani della tradizione intellettuale europea: l'inquietudine della ricerca, il pungolo del dubbio, la volontà del dialogo, lo spirito critico, la misura nel giudicare, lo scrupolo filologico, il senso della complessità delle cose.
Norberto Bobbio

venerdì 20 dicembre 2013

SUL FILO DEL RASOIO

Si è tenuta la scorso 7 novembre a Bologna una conferenza di Luciano Vasapollo, professore di Metodi di Analisi dei Sistemi Economici alla Sapienza-Università di Roma e, inoltre, professore all’Università de La Habana (Cuba) e all’Università Hermanos Saìz Montes de Oca di Pinar del Rio (Cuba). La serata – organizzata dalla Rete dei Comunisti di Bologna e aperta dal poeta argentino Hector Celano - ha voluto proporre una riflessione sull’Alleanza bolivariana dei popoli di Nuestra America (ALBA).
Una realtà difficile quanto ricca di opportunità
Ha introdotto i relatori Francesco Olivo, membro del Coordinamento dei giovani della Rete dei Comunisti. Egli ha voluto sottolineare come i movimenti di trasformazione sociale – di fronte all’incisiva offensiva del capitale, sotto il profilo economico e politico – si inseriscono in un contesto alquanto negativo, in cui, sostanzialmente, si riscontra una stasi importante che mette in difficoltà la progettualità politica e la sua affermazione concreta. Tuttavia – parallelamente – le economie dell’occidente capitalista sono confrontate con una crisi economica di carattere sistemico che, evidenziando alcune contraddizioni dell’attuale modello di sviluppo, permette – potenzialmente – di ritornare con rinnovata carica sul terreno della proposta politica rivolta all’alternativa sociale. In questo stato di cose se, da una parte, si presenta il decadimento della posizione imperiale degli Stati Uniti, dall’altra si osserva l’emergere di formazioni regionali – i BRIICS – che stanno acquistando progressivamente rapporti di forza a livello internazionale in termini economici e politici. All’interno di questa cornice la questione latino-americana e, segnatamente, la galassia dei paesi aderenti all’AlBA, si presenta come una questione di centrale interesse.
La cultura come motore della trasformazione
Hector Celano
Hector Celano
Il poeta argentino Hector Celano – fondatore del Comitato internazionale per la liberazione dei 5 anti-terroristi cubani (arrestati nel 1998 a Miami dall’FBI e isolati in celle di punizione per 17 mesi prima che il loro caso fosse portato di fronte ad un tribunale: la loro missione negli Stati Uniti era il monitoraggio delle attività delle organizzazioni terroristiche contro Cuba) – ha voluto rimarcare la fondamentale importanza della dimensione culturale all’interno dell’alleanza bolivariana. La costruzione di un progetto come quello dell’ALBA richiede – per forza di cose – l’attivazione di un processo di mobilitazione della società che passi per il cuore e per le emozioni. Tale dinamica, infatti, fortifica e stimola la lotta per la giustizia sociale: parlare direttamente alle genti, coinvolgerle mettendo un bagaglio artistico-culturale si presenta in tal senso quale operazione di fondamentale importanza nel processo di trasformazione sociale. E, tutto ciò, nel contesto latino-americano, si concretizza attraverso la necessità di conferire rinnovata vitalità alla cultura pre-colombiana: si tratta – quest’ultima – di un patrimonio d’inestimabile valore in nessun modo eludibile anche e soprattutto per il fatto che conserva elementi di assoluta attualità: si pensi al ruolo svolto dai valori ruotanti attorno al concetto di Pachamama (in lingua quechuala Madre Terra, divinità venerata dagli Inca e da altri popoli abitanti l’altopiano andino che, nel processo d’integrazione bolivariano, ha trovato rinnovato vigore anche e soprattutto nel connotare il senso più profondo del cambiamento in atto) e anche, per fare un altro esempio, alla celebre promessa che, nel 1781, il capo ribello aymare Tùpak Katari, prima di essere torturato e squartato vivo dai colonizzatori spagnoli, volle fare: “tornerò e sarò milioni”. Ed è proprio con questi riferimenti storici capaci, a distanza di molto tempo, di creare un’efficace mobilitazione identitaria, che la cultura bolivariana vuole dialogare. Peraltro questa operazione di recupero si configura quale contro-tendenza al modello occidental-capitalista di intendere il funzionamento e lo sviluppo delle società umane: un’arma concreta e ad alto valore aggiunto per combattere la pervasività dei grandi mezzi d’informazione eterodiretti e, più in generale, lo sfacelo causato dai disvalori che caratterizzano i modelli di mercato.
Hector Celano – concludendo il suo intervento – ha voluto mettere in evidenza un elemento di centrale importanza al fine di comprendere nella loro essenza i processi di trasformazione sociale: le contraddizioni, la concretezza che sfugge ai modelli teorici. In tal senso – attraverso una formulazione certamente efficace, che risente della sua vena poetica – ha paragonato l’alleanza bolivariana ad un parto doloroso e difficile. Quest’ultimo appunto – che poi si ripresenterà anche nella relazione di Luciano Vasapollo – è apparso come un messaggio chiaro rivolto a tutte quelle realtà politiche-partitiche che si prodigano in una continua critica – che nella maggior parte delle volte è meramente distruttiva – ad una realtà in transizione come quella bolivariana, evidenziandone – all’interno di un discorso de-storicizzante e de-contestualizzante – pecche e limiti. Insomma, una tale alterazione dello stato di cose qual’è la costruzione del socialismo bolivariano – anche pensando al processo rivoluzionario cubano – non può in nessun modo essere pura e immacolata. In stretto collegamento a ciò, il poeta argentino ha infine sottolineato la fondamentale importanza dell’appoggio internazionale al processo che si cristallizza nell’ALBA.
L’ALBA come risultato di una paziente quanto attiva presenza all’interno delle contraddizioni nazionali
Luciano Vasapollo
Hugo Chavez – come figura politica di calibro continentale – non giunge affatto da un momento all’altro, ma, invece, si caratterizza proprio per un lavoro di lungo periodo nella realtà sociale e politica del Venezuela. Nel 1989, nel paese, vi fu una protesta popolare – detta caracazo – contro il caro-vita, nell’ambito della quale la popolazione prese di mira i supermercati: l’esercito uccise 3’000 persone e, in tale delicato frangente, Chavez – all’epoca ufficiale tra le file dell’esercito venezuelano – rifiutò, assieme ad altri colleghi che condividevano l’ottica bolivariana, di scendere in piazza e, di conseguenza, il loro operato venne sottoposto a controllo. Nel 1992 un gruppo di militari bolivariani tentò una ribellione: il sommovimento venne soffocato dall’esercito e Hugo Chavez recluso. Durante il soggiorno in prigione egli – tra gli altri, a testimonianza della rete di contatti di ampio respiro che gradualmente si andò a comporre – incontrerà periodicamente Jorge Giordani, ovvero l’attuale ministro dell’economia e della pianificazione del Venezuela (nonché studioso di Gramsci). Hugo Chavez – che dichiarerà molto più tardi la sua adesione al marxismo – poco dopo l’uscita dalla prigione, inizia l’attività politica con il movimento progressista e, parallelamente a questa esperienza, coglie immediatamente il valore strategico dell’unità continentale (la Nuestra America, appunto). Una visione geo-politica che è al contempo culturale: nell’ambito della narrazione collettiva di questa nuova realtà, per esempio, sarà infatti fondamentale integrare una figura come quella del Libertador Simon Bolivar.
Nel frattempo, in Bolivia, Evo Morales, dato che le miniere in cui lavorava chiusero i battenti, si trasferì in campagna, dove partecipò alla coltivazione delle foglie di coca (le quali – per gli andini – hanno prima di tutto un importante valore intrinseco: esse permettono di convivere con il problema dell’ossigenazione che si riscontra nelle alture e, inoltre, si caratterizzano per un valore proteico e sanitario-farmaceutico molto alto): ivi assumerà la direzione del sindacato dei cocaleros, con il quale porterà avanti numerose battaglie per il progresso. Nel 1998 si presenta alle elezioni, ma raccoglie pochi consensi (1,2%). Il processo di radicamento nelle contraddizioni della realtà boliviana tuttavia non s’interrompe. Importanti, in tal senso, gli sviluppi teorici e pratici che ruotano attorno al concetto del vivir bien (cioè la vita in armonia con la natura: un’altra volta ancora si osserva il recupero della parte più florida delle ancestrali culture continentali), che, oltre ad avere un legame armonico con il sopracitato concetto di Pachamama, si contrappone al vivir mejor di provenienza occidentale. Evo Morales, non a caso, una volta alla guida della Bolivia, dedicherà una parte della costituzione boliviana proprio ai diritti della Pachamama, di cui l’uomo è componente e non, invece, entità indipendente. Questo intenso lavoro creativo quanto concreto a contatto con le contraddizioni della realtà boliviana darà i suoi frutti: presentatosi alle elezioni del 2005, Evo Morales – sostenuto da una confederazione di movimenti e organizzazioni politiche – s’imporrà conseguendo il 54% dei voti.
Il processo bolivariano: un’alternativa continentale
Il 14 dicembre 2004 nasce l’ALBA. Originariamente, tuttavia, questa sigla voleva significare Alternativa Bolivariana per le Americhe: un accordo tra il governo venezuelano e quello cubano nell’ambito del quale, tra le altre cose, il primo avrebbe fornito risorse petrolifere e il secondo personale medico e scolastico (il Venezuela, due anni dopo questo storico accordo, verrà dichiarato paese libero dall’analfabetismo). Nel 2005 – a testimonianza del procedere di questa sinergia – si pone la questione basilare della comunicazione, che è anche e soprattutto ideologico-culturale. La riflessione che fa approdare a questo punto è molto semplice: non ci si afferma concretamente se non si attua una partecipazione attiva nella definizione dei mezzi di comunicazione: Hugo Chavez, in tal senso, proporrà la geniale idea di Telesur, la televisione bolivariana, che si configurerà fin da subito come strumento fondamentale per la diffusione degli ideali e delle parole d’ordine di questa realtà in divenire.
Nel 2005 – come detto – Evo Morales vince le elezioni in Bolivia: nel 2006 porta il suo paese nell’ALBA; nel 2007 il Nicaragua e, nel 2009, l’Ecuador, si aggiungeranno a loro volta. Nel frattempo l’organizzazione assume il nominativo attuale: Alleanza Bolivariana per i popoli di Nuestra America. Tale processo d’integrazione dell’America Latina si configura sostanzialmente in contrapposizione e, di conseguenza, in alternativa all’imperialismo statunitense. Gli accordi economico-commerciali che caratterizzano tale alleanza s’inscrivono in un quadro complessivo i cui principi fondanti – in antitesi ai modelli del profitto e dell’economia di mercato – sono la solidarietà e la complementarietà (per la quale ogni paese membro s’impegna ad offrire quanto di meglio riesce a realizzare). A dettare legge non è certo il paese con il tasso maggiore di produttività.
ALBA e Unione Europea: due processi d’integrazione opposti
In base a quanto appena detto possiamo desumere come l’ALBA non possa in nessun modo essere paragonata all’Unione Europea: siamo confrontati con due processi d’integrazione (tra stati nazionali) completamente diversi e, perdipiù, opposti. L’Unione Europea, infatti, si caratterizza per un’integrazione fondata sui valori di mercato (liberoscambismo e concorrenza al ribasso sui fattori di produzione) in cui non ha rilevanza la spesa sociale: in tale contesto i rapporti interni all’euro-polo a guida germanica (che – fondandosi essenzialmente sull’irrorazione dei prodotti del modello esportatore germanico nel resto dell’Europa – crea squilibri a livelli di bilancia commerciale, sanati tramite il prestito dei paesi in attivo a quelli in passivo a cui consegue l’indebitamento e le conseguenti imposizioni della Troika) possono essere paragonati a quelli che sussistevano tra Stati Uniti e America Latina nel momento in cui il Fondo Monetario Internazionale (FMI) imponeva i cosiddetti piani di aggiustamento strutturale ai paesi indebitati. In teoria – peraltro – una moneta dovrebbe rappresentare la ricchezza creata da un paese: l’Euro, essendo basato sul potere del marco tedesco, è una moneta comune non ponderata sulla ricchezza creata dalle singole nazioni componenti (la capacità produttiva della Germania – infatti – è circa due volte quella italiana): non a caso in Italia – dopo l’introduzione della moneta europea – si è presentato un movimento inflativo (il potere d’acquisto si dimezzerà) determinato dalla rimozione delle differenze nazionali in termini di capacità produttiva. Dal canto suo il Sucre, ovvero una moneta di conto virtuale creata fra i paesi dell’Alba per equilibrare i commerci interni al gruppo e bypassare l’uso del dollaro, parte da premesse certo alternative. La sua virtualità è data sostanzialmente dalla volontà di evitare che la speculazione internazionale agisca in termini di svalutazione. I mercati internazionali sono attualmente dominati dal dollaro statunitense, che si presenta come moneta di riferimento internazionale da tutti utilizzata nell’ambito degli scambi: tale stato di cose soffoca gravemente – attraverso la speculazione su tassi di cambio – coloro i quali la debbono usare come intermediario commerciale. La moneta bolivariana virtuale, in tal senso, evita questo attacco speculativo di carattere monetario e predispone delle partite compensative tra i paesi aderenti. La prospettiva futura va ricercata nel rafforzamento del Sucre e, conseguentemente, nel suo diventare moneta effettiva tendenzialmente immune alla speculazione. Già attualmente con i paesi dell’ALBA commerciano nazioni che accettano il sistema delle partite di compensazione (cioè triangolazioni che sopperiscono alle mancanze interne e premiano le eccellenze). In tal senso la Cina – che in nessun modo è assimilabile a un partner imperialista – è uno dei maggiori partner dei paesi dell’ALBA (si pensi in particolare a Cuba, la quale accoglie molti studenti cinesi e in cambio ottiene strumentazioni tecnologiche e mezzi di trasporti). Nei paesi dell’ALBA – infine – la priorità politica determina le scelte economiche: succede cioè il contrario rispetto alle recenti vicende europee, dove l’economia (e, specificatamente, l’interesse economico delle classi dominanti) comanda sulla politica.
La reazione dei “vecchi padroni” e delle forze reazionarie interne
L’Impero, tuttavia, non sta con le mani in mano e agisce attraverso varie coordinate: si va dalla disinformazione e destabilizzazione interna alle varie realtà nazionali, ai tentativi di colpo di stato (in Honduras, nel 2009, il ribaltamento militare del legittimo governo del Presidente Zelaya – reo di essersi avvicinato all’ALBA – è alquanto emblematico). Si ricordino inoltre gli attacchi ai policlinici cubani in Venezuela e in generale i disordini squadristi che la destra (fortissima, spietata e dotata di contatti internazionali molto importanti) ha causato nel paese durante le elezioni del 2013. Sempre nel Venezuela attualmente governato da Nicolas Maduro si è presentato un fenomeno molto pericoloso che indica come l’asticella dello scontro sia stata alzata a livelli importanti da parte delle forze anti-governative: l’inflazione speculativa. Una quota considerevole dei prodotti alimentari venezuelani vengono illegalmente portati in Colombia: il Venezuela, a questo punto, è costretto a riacquistarli e a rimetterli sul mercato in dollari statunitensi, il cui cambio “in nero” – a causa di un processo speculativo che sfrutta le necessità materiali della popolazione – è in continuo aumento (1:40). Questa preoccupante dinamica rappresenta solo una delle tante operazioni messe in campo dalle forze reazionarie locali – che continuano pervicacemente la loro lotta di classe – in stretta connessione con i potentati economici statunitensi.
La ricerca dell’alternativa sociale: un percorso forzosamente intricato
Insomma, quella bolivariana è una difficile realtà di governo e di transizione. Di fronte alle oggettive limitazioni che caratterizzano l’attuale realtà, l’unico socialismo costruibile è – per così dire – quello possibile, quello concretamente sviluppabile in un ben preciso contesto regionale. Luciano Vasapollo non tergiversa sul significato di questo postulato: date ben precise relazioni di forza a a livello internazionale, continentale e nazionale, il processo bolivariano di transizione al socialismo potrebbe spegnersi anche a causa di un semplice “soffio”, di un nonnulla che inceppi un meccanismo che, per forza di cose, non è ancora dotato di anticorpi tali da essere immune ad elementi de-stabilizzanti.
In tal senso, la storia della rivoluzione cubana, è altamente istruttiva. Il processo rivoluzionario si confrontò con difficoltà oggettive soverchianti fin dall’inizio del tentativo di rovesciamento della dittatura di Batista: chi, infatti, avrebbe mai scommesso su una quindicina di disorientati e malridotti guerriglieri? Ma i problemi non si fermarono certo alla fase rivoluzionaria: Cuba è l’unica fiaccola accesa in America Latina che rischia di spegnersi dopo la caduta del muro di Berlino (l’85% del commercio cubano era con i paesi del COMECON), Cuba soffre atrocemente nel Periodo especial, con un PIL del – 355%. Cuba ancor oggi è un esempio da seguire: ci indica la possibilità di risolvere – mettendo in campo tutte le energie possibili – una situazione oggettivamente intricata, affollata di contraddizioni.
Il cammino bolivariano: un percorso di lungo periodo
Luciano Vasapollo ha voluto inoltre sottolineare come, se da una parte, la dinamica della storia ha dimostrato di non essere caratterizzata dalla linearità (si sono infatti potute osservare – nel corso del tempo – una serie di rotture improvvise), dall’altra non è in nessun modo possibile pensare i processi di trasformazione sociale (ed in generale il corso storico) in termini di età biologica. Un’operazione di questo genere apre a conseguenze molto gravi poiché, sostanzialmente, trasforma la tattica in strategia. Ci vollero 500-600 anni di travaglio per sistematizzare in modo definito il capitalismo, i cui originari abbozzi si ebbero con le prime banche del XII° Secolo e con la parziale assunzione dello statuto di merce da parte dei beni prodotti (dalle prime imprese capitaliste). Nell’arco di questo lungo periodo si posero eventi determinanti: la scoperta dell’America (che permise – spillando una linfa preziosa dalle “vene aperte dell’America” – l’accumulazione primitiva), la rottura politica rappresentata dalla Rivoluzione francese (con cui la borghesia si presentò come classe politica dirigente) e, infine, la prima rivoluzione industriale (che affermò economicamente il modo di produzione capitalista). Furono necessarie numerose generazioni affinché il processo di affermazione del capitalismo potesse avere luogo. È, peraltro chiaro che, se il senso della rivoluzione va ricondotto all’operazione di cambiare tutto ciò che bisogna cambiare per soppiantare un modo di produzione con un altro, non è possibile pensare a questo processo in termini di immediatezza.
Le naturali contraddizioni interne al processo di trasformazione bolivariano vanno inserite – al fine di individuarne l’essenza – nel contesto da cui scaturiscono. Si tratta, in tal senso, di una cornice – quella latino-americana – non certo priva di elementi – a livello politico, economico e culturale – che collidono con l’affermazione di una tale ribaltamento dei canoni di organizzazione della società.
Il socialismo quale graduale erosione delle tracce del passato
L’ALBA non è un laboratorio per la transizione, ma, invece, un’alleanza che sta costruendo concretamente la transizione, cioè il passaggio ad un altro regime produttivo. Costruire il socialismo significa edificare la nuova società sulle “macerie” di quella precedente (che, appunto, proietta le sue “macerie”, quindi elementi – seppur disgregati, non più sistematizzati – che ancora permangono al decadere del sistema di riferimento). La transizione, dunque, si configura come percorso in divenire, che convivrà – per forza di cose – con forme di capitalismo, fino a quando esse saranno “naturalmente” dissolte in conseguenza allo svanire delle condizioni che determinano il loro emergere. Alla luce di tutto ciò è quindi più che normale che, nei paese aderenti all’ALBA, vi siano ancora imprese private: è passato in fondo solo un decennio e – come sappiamo – i processi storici – nel caso concreto quelli relativa all’edificazione di un’alternativa di società – si muovono su una dimensione di lungo periodo in cui gli scatti in avanti – non meditati, non rientranti in una strategia che consideri la transizione in ottica diacronica – sono certamente pericolosi. È inoltre di fondamentale importanza la questione dei rapporti di forza: riconoscere, innanzitutto, che il socialismo – per forza di cose – viene coltivato su di un terreno sfavorevole, costituisce il primo passo per la disposizione di una progettualità politica aderente alla realtà. Luciano Vasapollo ha voluto chiudere la sua relazione ricordando l’importante frase pronunciata da Fidel Castro: “rivoluzione è il senso del momento storico”. Insomma, oggi è più che mai necessario comprendere la necessità di vivere, pensare e lavorare all’interno del proprio periodo storico, evitando di rifugiarsi in una teoresi astratta e non in grado di comprendere che i processi rivoluzionari nascono nel seno di una società che cova profonde contraddizioni. È fondamentale partire dalle condizioni oggettive caratterizzanti il periodo storico in cui ci troviamo a vivere per individuarvi le premesse di una trasformazione sociale e conseguentemente, per strutturare l’agente che possa effettivamente abbozzare la transizione: il senso della trasformazione sociale va fatto emergere dalla realtà concreta con la quale i soggetti sociali si trovano confrontati.

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