di Vincenzo Maddaloni
Berlino. Silenzio assoluto - paradossale come sempre - sul dodicesimo roud di negoziati appena concluso a Bruxelles tra Stati Uniti e Ue sul Transatlantic Trade and Investment Partnership (Ttip), il Trattato transatlantico sulla liberalizzazione del commercio e delle garanzie per investimenti. Il Ttip riguarda 850 milioni di abitanti fra il Nordamerica e l'Europa, che insieme rappresentano il 45 per cento del Pil mondiale.
Il commercio transatlantico che verrebbe influenzato dalle nuove regole del Ttip, in settori come le commesse, opere pubbliche, servizi, supera i 500 miliardi di euro all'anno. I soli investimenti diretti dagli Usa in Europa superano i 320 miliardi, quelli europei negli Stati Uniti sono un po' più della metà. Il TTIP insomma potrebbe essere usato per bloccare inutili forme di protezionismo ma anche per impedire politiche di miglioramento delle condizioni dei lavoratori o dell’ambiente o del pubblico dominio della conoscenza e altro.
Pertanto il vero punto debole resta la trasparenza. L' ha denunciato Katia Lipping, battagliera deputata tedesca della Linke :"Misure di sicurezza degne di un carcere speciale, deputati trattati come potenziali spie, come nemici inconsapevoli, o peggio della libertà di commercio... Cosa c'è di tanto segreto in questo Ttip?”.
Eppure riguarda la vita dei cittadini e delle imprese. Scrive Katia Lipping :"Chiunque stesse andando a questi negoziati per migliorare la protezione dell'ambiente, la tutela dei consumatori e le norme sul lavoro non avrebbe nulla da temere dalla trasparenza. Chiunque sia invece impegnato nella svendita della democrazia, d'altra parte, è ovviamente interessato ad evitare il controllo pubblico. Se i negoziatori sono davvero così convinti dei benefici di Ttip, perché non mettono il testo on-line, a disposizione di tutti?", conclude la deputata tedesca.
Naturalmente, anche questa denuncia sebbene pronunciata da una tribuna sostenuta dal peso economico internazionale della Germania non ha prodotto nulla poiché anche l'ultima tornata negoziale Usa-Ue, appena conclusa a Bruxelles si è svolta a porte chiuse. Perché continua ad accadere tenta di spiegarlo un post di un sito british, truepublica.org.uk che scrive: "La ragione per cui i negoziati del Ttip sono così segreti è che gli americani hanno raccomandato di tener celato il dibattito fino a quando l’adozione sia diventata ineludibile”.
“Essi - si legge sul post - vogliono armonizzare gli standard fra Eu e Ue, visti dagli oppositori come un grave colpo alle sudate protezioni su cibo e sicurezza chimica, cosmetici , insetticidi e pesticidi, l’ambiente e i diritti dei lavoratori. Il settore agricolo americano sta premendo fortemente l’Europa perché importi prodotti OGM attualmente illegali (ma di cui l’UE ha autorizzato l’ importazione nell’aprile 2015) e carne non conforme agli standard europei, vale a dire bestiame cresciuto con ormoni della crescita (questo divieto continua ma con un accordo per comprare ulteriori 48 mila tonnellate annue di carne americana senza ormoni della crescita).”.
Graham Vanbergen, l'autore del post di TruePublica sottintende il punto di vista britannico e anche per questo è interessante poiché aiuta a capire le ragioni delle resistenze di tanti cittadini inglesi, orgogliosi della loro indipendenza e diffidenti non solo dell’Ue, ma anche dei ‘cugini’ americani.
In ballo, infatti, ci sono le regole, l'attribuzione dei poteri, le priorità da proteggere. E non è da tempo un mistero che le regole Usa su alimentazione, ambiente o farmaci siano assai più lasche di quelle europee, dettate spesso direttamente dalle multinazionali anziché “fondate scientificamente”.
Negli Usa, il “principio di precauzione” sulla commercializzazione di questi prodotti non esiste. Ragion per cui essi premono da sempre per affidare il verdetto ad arbitrati privati, con il meccanismo di risoluzione noto con l'acronimo anglosassone Isds (Investor-state dispute settlement). Praticamente sono persone scelte tra gli avvocati del commercio internazionale, che diventano a seconda delle circostanze “consulenti di parte”, oppure dei veri e propri giudici, generalmente “asserviti”, sia dalle multinazionali che dai singoli Stati.
Insomma, sono sentenze già scritte in base al peso specifico dei protagonisti. E' il motivo per cui, sostiene Graham Vanbergen su TruePublica, gli americani hanno dato vita al non meno segreto Gruppo Bilderberg, definito come un gruppo di lobbisti di élite, vertici di multinazionali Usa, funzionari Ue, capitani di industria, capi di agenzie di intelligence e reali europei. Insomma tutti i principali lobbisti degli affari e della finanza a favore del Ttip sono sotto lo stesso tetto, conclude Vanbergen. Che azzarda. “Quello a cui siete testimoni è un ‘ colpo di stato corporate’ dell’Europa da parte dell’America delle multinazionali.”.
E' il suo un grido di allarme che rimbalza su quello dei parlamentari tedeschi, sicuramente i più ferrati in Europa sull'argomento. Sono gli unici che sono riusciti ad ottenere una “Leseraum” (Reading Room, Sala di lettura) dedicata al Ttip. Moltissimo vi hanno influito le mobilitazioni imponenti (oltre mezzo milione di persone solo a Berlino, qualche mese fa), e una raccolta firme di oltre tre milioni.
Katia Lipping, la deputata della Linke, è stata una dei primi parlamentari ad entrare nella Leseraum: "Martedì 2 febbraio era il mio giorno. Mi ero registrata per la sala di lettura. Una guardia mi ha portato ai controlli di sicurezza e mi ha chiesto di chiudere a chiave la giacca e la borsa. Ha controllato che non stessi prendendo qualsiasi una macchina fotografica o il cellulare nella sala di lettura e poi ha bussato a una porta. Il livello elevato di segretezza mi ha reso ancora più curiosa su quello che stavo andando a trovare, ma la camera in sé era non niente di speciale.”.
"C'erano otto stazioni di lavoro al computer, e mi è stato permesso di sedermi a quella designata per me. Una donna dall'atteggiamento amichevole era seduta nella stanza. Lei mi ha fatto firmare le regole dei visitatori - se non si firma, non si ottiene l'accesso - così ho firmato. C'era un thermos di caffè e un piatto di biscotti in un angolo. Eppure, nessuna quantità di caffeina o di zuccheri nel sangue mi avrebbe permesso di passare attraverso le circa trecento pagine di testo nelle due ore che ho avuto a mia disposizione”.
“Infatti - prosegue la deputata della Linke - le due ore che ho avuto a disposizione nella sala di lettura sono state, ovviamente, insufficienti a leggere tutti i documenti. Eppure, mi sono resa conto che nulla di quel che avevo letto mi potrebbe far ritrarre nessuna delle mie precedenti critiche al Ttip. Non ho letto nulla che possa alleviare la mia preoccupazione sul fatto che la parte americana vuole rendere la vita più difficile alle imprese pubbliche e comunitarie e per garantire condizioni migliori per multinazionali nella battaglia per appalti pubblici. Non ho letto neanche nulla per ridurre i miei timori circa il fatto che i negoziatori europei sono disposti a sacrificare i nostri standard sociali e ambientali in cambio della prospettiva di vincere lucrosi contratti per le grandi imprese europee”.
I tedeschi se la sono conquistata questa sala di lettura il Leseraum , perché - unici in Europa – sono stati capaci di andare a protestare in massa contro il Ttip. Sebbene i parlamentari tedeschi siano stati trattati come dei nemici - e addirittura passibili di sanzioni, in caso di divulgazione, come ricordava Katia Lipping - essi comunque sono riusciti a farsi aprire la porta e a vedere le carte. Non risulta che i loro colleghi italiani siano interessati a una simile impresa.
Si sono spese settimane per una legge incompleta sulle Unioni civili, ma in Parlamento non s'è parlato di Ttip. Un silenzio assurdo, poiché la bilancia commerciale italiana poggia su regole come la produzione di alimenti a denominazione di origine controllata, come le misure per attrarre investimenti. Più di ogni altra nazione è l'Italia che campa di commercio, che ha molto più da perdere che da guadagnare con il Ttip. Provate a chiedere a un qualsiasi parlamentare italiano cosa ne sa. O meglio se lo sa.
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Berlino. Silenzio assoluto - paradossale come sempre - sul dodicesimo roud di negoziati appena concluso a Bruxelles tra Stati Uniti e Ue sul Transatlantic Trade and Investment Partnership (Ttip), il Trattato transatlantico sulla liberalizzazione del commercio e delle garanzie per investimenti. Il Ttip riguarda 850 milioni di abitanti fra il Nordamerica e l'Europa, che insieme rappresentano il 45 per cento del Pil mondiale.
Il commercio transatlantico che verrebbe influenzato dalle nuove regole del Ttip, in settori come le commesse, opere pubbliche, servizi, supera i 500 miliardi di euro all'anno. I soli investimenti diretti dagli Usa in Europa superano i 320 miliardi, quelli europei negli Stati Uniti sono un po' più della metà. Il TTIP insomma potrebbe essere usato per bloccare inutili forme di protezionismo ma anche per impedire politiche di miglioramento delle condizioni dei lavoratori o dell’ambiente o del pubblico dominio della conoscenza e altro.
Pertanto il vero punto debole resta la trasparenza. L' ha denunciato Katia Lipping, battagliera deputata tedesca della Linke :"Misure di sicurezza degne di un carcere speciale, deputati trattati come potenziali spie, come nemici inconsapevoli, o peggio della libertà di commercio... Cosa c'è di tanto segreto in questo Ttip?”.
Eppure riguarda la vita dei cittadini e delle imprese. Scrive Katia Lipping :"Chiunque stesse andando a questi negoziati per migliorare la protezione dell'ambiente, la tutela dei consumatori e le norme sul lavoro non avrebbe nulla da temere dalla trasparenza. Chiunque sia invece impegnato nella svendita della democrazia, d'altra parte, è ovviamente interessato ad evitare il controllo pubblico. Se i negoziatori sono davvero così convinti dei benefici di Ttip, perché non mettono il testo on-line, a disposizione di tutti?", conclude la deputata tedesca.
Naturalmente, anche questa denuncia sebbene pronunciata da una tribuna sostenuta dal peso economico internazionale della Germania non ha prodotto nulla poiché anche l'ultima tornata negoziale Usa-Ue, appena conclusa a Bruxelles si è svolta a porte chiuse. Perché continua ad accadere tenta di spiegarlo un post di un sito british, truepublica.org.uk che scrive: "La ragione per cui i negoziati del Ttip sono così segreti è che gli americani hanno raccomandato di tener celato il dibattito fino a quando l’adozione sia diventata ineludibile”.
“Essi - si legge sul post - vogliono armonizzare gli standard fra Eu e Ue, visti dagli oppositori come un grave colpo alle sudate protezioni su cibo e sicurezza chimica, cosmetici , insetticidi e pesticidi, l’ambiente e i diritti dei lavoratori. Il settore agricolo americano sta premendo fortemente l’Europa perché importi prodotti OGM attualmente illegali (ma di cui l’UE ha autorizzato l’ importazione nell’aprile 2015) e carne non conforme agli standard europei, vale a dire bestiame cresciuto con ormoni della crescita (questo divieto continua ma con un accordo per comprare ulteriori 48 mila tonnellate annue di carne americana senza ormoni della crescita).”.
Graham Vanbergen, l'autore del post di TruePublica sottintende il punto di vista britannico e anche per questo è interessante poiché aiuta a capire le ragioni delle resistenze di tanti cittadini inglesi, orgogliosi della loro indipendenza e diffidenti non solo dell’Ue, ma anche dei ‘cugini’ americani.
In ballo, infatti, ci sono le regole, l'attribuzione dei poteri, le priorità da proteggere. E non è da tempo un mistero che le regole Usa su alimentazione, ambiente o farmaci siano assai più lasche di quelle europee, dettate spesso direttamente dalle multinazionali anziché “fondate scientificamente”.
Negli Usa, il “principio di precauzione” sulla commercializzazione di questi prodotti non esiste. Ragion per cui essi premono da sempre per affidare il verdetto ad arbitrati privati, con il meccanismo di risoluzione noto con l'acronimo anglosassone Isds (Investor-state dispute settlement). Praticamente sono persone scelte tra gli avvocati del commercio internazionale, che diventano a seconda delle circostanze “consulenti di parte”, oppure dei veri e propri giudici, generalmente “asserviti”, sia dalle multinazionali che dai singoli Stati.
Insomma, sono sentenze già scritte in base al peso specifico dei protagonisti. E' il motivo per cui, sostiene Graham Vanbergen su TruePublica, gli americani hanno dato vita al non meno segreto Gruppo Bilderberg, definito come un gruppo di lobbisti di élite, vertici di multinazionali Usa, funzionari Ue, capitani di industria, capi di agenzie di intelligence e reali europei. Insomma tutti i principali lobbisti degli affari e della finanza a favore del Ttip sono sotto lo stesso tetto, conclude Vanbergen. Che azzarda. “Quello a cui siete testimoni è un ‘ colpo di stato corporate’ dell’Europa da parte dell’America delle multinazionali.”.
E' il suo un grido di allarme che rimbalza su quello dei parlamentari tedeschi, sicuramente i più ferrati in Europa sull'argomento. Sono gli unici che sono riusciti ad ottenere una “Leseraum” (Reading Room, Sala di lettura) dedicata al Ttip. Moltissimo vi hanno influito le mobilitazioni imponenti (oltre mezzo milione di persone solo a Berlino, qualche mese fa), e una raccolta firme di oltre tre milioni.
Katia Lipping, la deputata della Linke, è stata una dei primi parlamentari ad entrare nella Leseraum: "Martedì 2 febbraio era il mio giorno. Mi ero registrata per la sala di lettura. Una guardia mi ha portato ai controlli di sicurezza e mi ha chiesto di chiudere a chiave la giacca e la borsa. Ha controllato che non stessi prendendo qualsiasi una macchina fotografica o il cellulare nella sala di lettura e poi ha bussato a una porta. Il livello elevato di segretezza mi ha reso ancora più curiosa su quello che stavo andando a trovare, ma la camera in sé era non niente di speciale.”.
"C'erano otto stazioni di lavoro al computer, e mi è stato permesso di sedermi a quella designata per me. Una donna dall'atteggiamento amichevole era seduta nella stanza. Lei mi ha fatto firmare le regole dei visitatori - se non si firma, non si ottiene l'accesso - così ho firmato. C'era un thermos di caffè e un piatto di biscotti in un angolo. Eppure, nessuna quantità di caffeina o di zuccheri nel sangue mi avrebbe permesso di passare attraverso le circa trecento pagine di testo nelle due ore che ho avuto a mia disposizione”.
“Infatti - prosegue la deputata della Linke - le due ore che ho avuto a disposizione nella sala di lettura sono state, ovviamente, insufficienti a leggere tutti i documenti. Eppure, mi sono resa conto che nulla di quel che avevo letto mi potrebbe far ritrarre nessuna delle mie precedenti critiche al Ttip. Non ho letto nulla che possa alleviare la mia preoccupazione sul fatto che la parte americana vuole rendere la vita più difficile alle imprese pubbliche e comunitarie e per garantire condizioni migliori per multinazionali nella battaglia per appalti pubblici. Non ho letto neanche nulla per ridurre i miei timori circa il fatto che i negoziatori europei sono disposti a sacrificare i nostri standard sociali e ambientali in cambio della prospettiva di vincere lucrosi contratti per le grandi imprese europee”.
I tedeschi se la sono conquistata questa sala di lettura il Leseraum , perché - unici in Europa – sono stati capaci di andare a protestare in massa contro il Ttip. Sebbene i parlamentari tedeschi siano stati trattati come dei nemici - e addirittura passibili di sanzioni, in caso di divulgazione, come ricordava Katia Lipping - essi comunque sono riusciti a farsi aprire la porta e a vedere le carte. Non risulta che i loro colleghi italiani siano interessati a una simile impresa.
Si sono spese settimane per una legge incompleta sulle Unioni civili, ma in Parlamento non s'è parlato di Ttip. Un silenzio assurdo, poiché la bilancia commerciale italiana poggia su regole come la produzione di alimenti a denominazione di origine controllata, come le misure per attrarre investimenti. Più di ogni altra nazione è l'Italia che campa di commercio, che ha molto più da perdere che da guadagnare con il Ttip. Provate a chiedere a un qualsiasi parlamentare italiano cosa ne sa. O meglio se lo sa.
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