1. Non fidatevi dei predicatori di austerità, delle agenzie di rating, dei ministri al taglio. Stanno tutti covando le uova delle recessione, con faccia allegra o triste secondo l’entità del debito sovrano di loro pertinenza. Ma con l’identico risultato di strozzare lo sviluppo, accrescere la divaricazione fra chi ha e chi non ha, favorire la speculazione finanziaria. Un abbaglio colossale, che replica quello del 1929 pur in condizioni strutturali diverse, e che avrà per conseguenza un cambiamento internazionale di egemonia a favore delle potenze emergenti del Bric.
2. Della “discontinuità di governo, cioè della rimozione di Berlusconi, non ce ne può fregare di meno. E’ la scusa ufficiale per mollare ogni difesa di classe a favore dell’unità della società civile nella cornice dello Stato tricolore. Agli estremi margini di un Occidente in declino. Sospettiamo che un nuovo governo più centrista e “presidenziale” farebbe ancora di peggio.
3. Di altrettanta molesta irrilevanza risulta la modifica all’art. 41 della Costituzione, che dovrebbe essere sostituito con una “fate quello che cazzo vi pare, se non è espressamente vietato” –ma allora meglio il “vietato vietare” di sessantottina memoria! Introdurre poi un obbligo costituzionale di pareggio del bilancio sembra inutile quanto assurdo, una resa causidica alla logica dell’indebitamento finanziario.
4. Il mantra delle liberalizzazioni e delle privatizzazioni (alias svendita, ai prezzi attuali), fiaccamente contrastato dalla Cgil, è il rilancio fuori tempo di un neoliberismo sfrenato che ci ha portato alla catastrofe e vorrebbe cancellare perfino i frutti delle vittoriose campagne referendarie. A questo punto costruiamo pure le centrali nucleari. Il doppio tuffo sarà inevitabile.
5. Solo i riots metropolitani costituiscono una valida alternativa alla recessione galoppante. Non solo un sintomo, come tutti riconoscono, ma un elemento di resistenza, perché fa valere in modo tumultuario l’opposizione al divario sociale e al blocco dei consumi che è un elemento strutturale della finanziarizzazione. Sono molto più efficaci del suicida pareggio di bilancio per contrastare cause ed effetti della crisi. Agiscono frammentariamente ma potentemente sulla povertà –fra la minaccia redistributiva e l’incentivo keynesiano selvaggio....La logica dei cuts genera quella del looting: il saccheggio è però un incentivo al consumo migliore dei tagli.
6. Le politiche di pareggio del bilancio scatenano il conflitto sezionale all’interno di ogni paese –sezioni di classe o territoriali contro i meno privilegiati (Tea Party negli Usa, Csu bavarese contro Merkel, Lega padana contro il centro-sud, ecc.), mentre i tumulti mobilitano pezzi di classe e di precariato, communities e lavoratori della conoscenza, migranti e insorgenti generazionali contro la governance finanziaria. Tutti costoro, non i poteri forti locali o transnazionali, hanno il diritto e il dovere di commissariare gli ormai incapaci apparati di governo.
7. Con il solito trucco dell’interventismo democratico (ieri Clinton con il Kosovo, oggi Obama con la Libia) tiene per le palle l’Europa e spinge la “sinistra” (ieri D’Alema, oggi Napolitano) a tirare le castagne fuori dal fuoco per conto di altri. Oggi pure pagando di tasca propria, in ossequio all’ideologia del rientro dei deficit. La guerra vicaria subordina l’Europa agli Usa, l’euro al dollaro, in una parodia dell’ormai perduto egemonismo americano.
8. La sovranità moderna e l’obbedienza alle legge sono nate secolarizzando il debito infinito che il senso di colpa alimentava verso il Dio cristiano, il cui Figlio si era sacrificato per redimere l’umanità dal fallo di Adamo. Insomma, dall’obbligo fisico della restituzione forzosa del debito alla colpa metafisica e infine all’obbligazione giuridica. Con la crisi della sovranità si compie il percorso inverso: dalla mistica dell’obbedienza allo Stato alla materialità del debito che sostituisce ogni potere dello Stato, fino a mettere in Costituzione il pareggio del bilancio. I tumulti fanno saltare quel vincolo superstizioso e l’austera brutalità che ne rivela l’intima natura. A riot is the language of the unheard.
9. La sovranità si definisce con il monopolio legale della violenza, con il fatto cioè che è il solo a produrre legge ed esercitare violenza. Il tumulto comincia con il distribuire la violenza, continua con il produrre istituzioni.
10. Fatti i debiti elogi a Tunisia e Siria, evocati ripetutamente piazza Tahrir e i quartieri londinesi, sarà il caso di pensare seriamente alle forme di lotta da adottare in Italia contro la macelleria sociale che è stata avviata con la manovra economica, a rinforzo di una già pesante crisi salariale e occupazionale dell’industria e dei servizi.
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