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Napoli,
29 settembre – Noi,precari ed attivisti
organizzati autonomamente nella rete urbana contro la crisi - " Reclaim! " , abbiamo
occupato l’edificio duecentesco della vecchia sede centrale della storica
scuola media statale “Belvedere” nel quartiere Vomero e, tra l’altro, sita a
pochi passi dai luoghi dove nacquero i moti delle Quattro Giornate.
La
sede centrale della scuola Belvedere, all’inizio di questo anno scolastico e
dopo decenni di permanenza nella medesima struttura, è stata sfrattata dall’ordine
di suore – Le Sorelle del Buon Pastore – che sono proprietarie dell’edificio
per un lascito fattogli da una nobile napoletana nel 1935 al momento della sua
morte (col vincolo che ne venisse fatta un’istituzione rivolta al bene
collettivo). Così ottocento alunni (tra cui vari portatori di handicap) e tutti i
lavoratori (docenti e non) dell’istituto da settembre sono costretti ad una
condizione di estrema precarietà, stretti nella sede che era solo la succursale
fino all’anno scorso. La querelle tra le suore e il comune di
Napoli dura due anni, gli ultimi della precedente Giunta-Iervolino.
Effettivamente erano stati accumulati molti pagamenti inadempiuti e mancavano
degli interventi strutturali per mettere la scuola in sicurezza. Questi i
pretesti iniziali ma, anche quando l’Amministrazione ha sanato tutti i
pagamenti ed ha persino messo a disposizione il budget necessario per gli
interventi strutturali, l’ordine monacale non ha voluto sentire ragioni
mancando il rinnovo del contratto. Cosa c’è dietro questa irremovibilità? Il
medesimo ordine già è noto per altri casi di sfratti di scuole (si veda il caso
della Mirò di Reggio Emilia - http://www.ilrestodelcarlino.it/reggio_emilia/2007/07/11/23493-bimbi.shtml
). In generale gli enti ecclesiastici si fanno sovente protagonisti di
riutilizzo di strutture per fini puramente commerciali soprattutto di tipo
alberghiero. Dato tutto ciò le frequenti voci sulla trasformazione della
storica scuola media in un bed&breakfast di lusso, assumono un senso.
Di
qui l’occupazione simbolica dell’edificio da parte della nostra rete. Lo
abbiamo fatto perché questo caso rappresenta emblematicamente sui nostri
territori metropolitani la contraddizione più generalizzata che ci sbattono in
faccia i privilegi riservati alla Chiesa Cattolica e l’arroganza con cui questa
stessa ricompensa la collettività. Tutto questo ci risulta ancora più
fastidiosi al cospetto delle garanzie, tra cui l’esenzione dell’ICI (la tassa
sugli immobili), che vengono assicurate da un rapporto malato tra lo Stato
italiano e le istituzioni ecclesiastiche, anche in un regime di “austerity”
come quello che le autorità nazionali e sovranazionali vogliono fari pagare
nella base sociale fatta di quelli che privilegi non li hanno mai conosciuti.
Questa
iniziativa per noi si inquadra prima di tutto nella campagna di interventi
urbani che ci sta conducendo verso la data del 15 ottobre, mobilitazione
globale dell’indignazione sociale, e segue quella dell’occupazione dell’Equitalia,
l’agenzia di recupero crediti operante sul nostro territorio metropolitano e
non solo. Si tratta di una campagna che mira ad aggredire tutti i punti
simbolici dell’ingiustizia son cui viene governata la crisi dope decenni di
iniquo governo dello stesso sviluppo.
Poi,
abbiamo preferito che un’azione del genere si intrecciasse con una reale e già
viva vertenza territoriale come quella della popolazione del Vomero per il ri-ottenimento
della sede centrale della storica scuola a partemedia.
In
effetti se da un alto, tramite i media main-stream e i social-network, il nostro
messaggio politico contro i privilegi in tempi di sviluppo e soprattutto in
tempi di crisi ha avuto la sua opportuna eco, dall’altra parte sul territorio
si è riuscito ad innestare un processo di partecipazione maggiore tra le istituzioni
comunali, che tramite l’Assessore alla Scuola Annamaria Palmieri già si stavano
ponendo la problematica, e gli abitanti mobilitati con noi della rete “ Reclaim!
” e riuniti in un’assemblea comune di pomeriggio nell’edificio occupato . Si è
ottenuto un incontro di una delegazione mista tra attivisti, genitori e
docenti, con l’assessorato: un processo in corso di democrazia di prossimità
innestato dal basso insomma.