Il termine “lobby” è usato di solito dai media come epiteto
mistificatorio nei confronti di categorie deboli, del tipo dei
pensionati o dei tassisti. In ambito accademico "bocconiano", non manca
però chi cerca di far passare il lobbying dei potentati affaristici come
una risorsa per la democrazia e per la crescita; ciò a dimostrazione
del fatto che l’unica materia prima davvero inesauribile è la faccia
tosta.[1]
Per fortuna esistono anche ricerche serie sul lobbying reale. Un ottimo articolo di qualche tempo fa sul giornale on-line "Linkiesta", ha illustrato la mappa europea del lobbying bancario a Bruxelles: la rete organizzativa, le agenzie e le sedi istituzionali soggette a pressione affaristica.[2]
Grazie a questo articolo si viene a sapere che esistono persino scuole di lobbying, come l'European Training Institute, in cui si imparano le tecniche per far vedere il mondo attraverso il filtro esclusivo degli interessi affaristici.[3]
La ricerca su Linkiesta si conclude illustrando l'iniziativa di un politico francese: una ONG che faccia da osservatorio del mercato finanziario, e che costituisca un contraltare alle agenzie di lobbying delle banche. Ma affidare le proprie sorti ad una Organizzazione Non Governativa risulta quantomeno illusorio. Le ONG sono da decenni uno strumento delle multinazionali, a cui serve ogni tanto un'organizzazione di copertura, cioè creare l'illusione di una faccia pulita dietro alla quale celare i propri affari più sordidi. Una denuncia a proposito della funzione mistificatoria delle ONG risale addirittura ad un film thriller del 1965, diretto da Edward Dmytryk, "Mirage".[4]
Il lobbying tende per sua natura ad invadere ed occupare tutti gli spazi che contano, ed ognuno che possa contare qualcosa viene prima o poi fatto oggetto di tentativo di reclutamento da parte del lobbying. Far parte di una rete di lobbying significa infatti avvantaggiarsi di una piattaforma di lancio per la carriera.
Il lobbying occulto ha ovviamente le sue ipocrisie, perciò l'appellativo ufficiale per indicare il lobbista mascherato è quello di "consulente" o di "advisor", e sono noti i casi di Romano Prodi, Gianni Letta e Mario Monti, tutti e tre "advisor" di Goldman Sachs; oppure di Giuliano Amato, "advisor" di Deutsche Bank. Un altro uomo di Deutsche Bank, Caio Koch-Weser, è addirittura co-presidente del Business and Economics Advisors Group del Consiglio Atlantico, l'organo dirigente della NATO. Si tratta dello stesso Business and Economics Advisors Group di cui fa parte anche Mario Monti, il quale riveste contemporaneamente incarichi di consulenza nel Consiglio Atlantico della NATO, in Goldman Sachs, nella Coca Cola e nell'agenzia di rating Moody's.[5]
L'alibi della "consulenza" è quindi una porta girevole che funziona a due sensi: consente agli uomini delle istituzioni di farsi agganciare dalle banche, ma permette anche ai banchieri di insediarsi direttamente nelle istituzioni in veste di consulenti. L'intreccio tra militarismo e finanza che si verifica all'interno della NATO, è certamente un matrimonio di convenienza, ma è soprattutto un'affinità elettiva.
L'arte del lobbying non consiste affatto nel modo di presentare un'offerta, bensì nella capacità di creare false domande, false esigenze, false emergenze; allo stesso modo in cui la pubblicità induce nei consumatori dei falsi bisogni. Il lobbying esprime perciò la sua massima efficacia quando è occulto, cioè intrecciato in modo inestricabile con le istituzioni, usando direttamente gli uomini delle istituzioni, e avvalendosi della copertura del segreto di Stato o del segreto militare.
Il militarismo diventa quindi lo strumento ideale del lobbying, e ciò non si limita al grande business delle armi e delle commesse militari. Una base militare può diventare infatti un’idrovora di denaro pubblico. Centotredici basi USA o NATO in Italia non hanno alcuna giustificazione di tipo strategico-militare, ma si spiegano come calamite di spesa pubblica, come modo di occupare un territorio e di assorbire le sue risorse.
L’aspetto interessante è che la spesa militare non figura ufficialmente come tale, ma come sviluppo del territorio, e va a carico degli enti locali. Proprio in queste settimane il governatore della Campania, Caldoro, sta reperendo altri fondi per completare le infrastrutture di supporto alla base NATO di Giugliano, la più grande del Sud d'Italia, e che svolgerà anche le funzioni di sede NATO per il Sud Europa.[6]
Sono anni che le risorse finanziarie della Regione Campania sono indirizzate allo scopo prioritario di foraggiare gli appalti per la base NATO di Giugliano, e si era cominciato già all'epoca del governatorato di Bassolino. [7]
[1] http://www.viasarfatti25.unibocconi.it/notizia.php?idArt=9380
[2] http://www.linkiesta.it/cosi-lobby-delle-banche-protegge-i-derivati-sporchi
[3] http://www.e-t-i.be/training_programmes.asp
[4] http://www.youtube.com/watch?v=to2xYmWnQAc
[5] http://www.acus.org/people/beag
[6] http://denaro.it/blog/2012/01/25/sede-nato-di-giugliano-via-alle-infrastrutture/
[7] http://archivio.denaro.it/VisArticolo.aspx/VisArticolo.aspx?IdArt=590839&KeyW
fonte
Per fortuna esistono anche ricerche serie sul lobbying reale. Un ottimo articolo di qualche tempo fa sul giornale on-line "Linkiesta", ha illustrato la mappa europea del lobbying bancario a Bruxelles: la rete organizzativa, le agenzie e le sedi istituzionali soggette a pressione affaristica.[2]
Grazie a questo articolo si viene a sapere che esistono persino scuole di lobbying, come l'European Training Institute, in cui si imparano le tecniche per far vedere il mondo attraverso il filtro esclusivo degli interessi affaristici.[3]
La ricerca su Linkiesta si conclude illustrando l'iniziativa di un politico francese: una ONG che faccia da osservatorio del mercato finanziario, e che costituisca un contraltare alle agenzie di lobbying delle banche. Ma affidare le proprie sorti ad una Organizzazione Non Governativa risulta quantomeno illusorio. Le ONG sono da decenni uno strumento delle multinazionali, a cui serve ogni tanto un'organizzazione di copertura, cioè creare l'illusione di una faccia pulita dietro alla quale celare i propri affari più sordidi. Una denuncia a proposito della funzione mistificatoria delle ONG risale addirittura ad un film thriller del 1965, diretto da Edward Dmytryk, "Mirage".[4]
Il lobbying tende per sua natura ad invadere ed occupare tutti gli spazi che contano, ed ognuno che possa contare qualcosa viene prima o poi fatto oggetto di tentativo di reclutamento da parte del lobbying. Far parte di una rete di lobbying significa infatti avvantaggiarsi di una piattaforma di lancio per la carriera.
Il lobbying occulto ha ovviamente le sue ipocrisie, perciò l'appellativo ufficiale per indicare il lobbista mascherato è quello di "consulente" o di "advisor", e sono noti i casi di Romano Prodi, Gianni Letta e Mario Monti, tutti e tre "advisor" di Goldman Sachs; oppure di Giuliano Amato, "advisor" di Deutsche Bank. Un altro uomo di Deutsche Bank, Caio Koch-Weser, è addirittura co-presidente del Business and Economics Advisors Group del Consiglio Atlantico, l'organo dirigente della NATO. Si tratta dello stesso Business and Economics Advisors Group di cui fa parte anche Mario Monti, il quale riveste contemporaneamente incarichi di consulenza nel Consiglio Atlantico della NATO, in Goldman Sachs, nella Coca Cola e nell'agenzia di rating Moody's.[5]
L'alibi della "consulenza" è quindi una porta girevole che funziona a due sensi: consente agli uomini delle istituzioni di farsi agganciare dalle banche, ma permette anche ai banchieri di insediarsi direttamente nelle istituzioni in veste di consulenti. L'intreccio tra militarismo e finanza che si verifica all'interno della NATO, è certamente un matrimonio di convenienza, ma è soprattutto un'affinità elettiva.
L'arte del lobbying non consiste affatto nel modo di presentare un'offerta, bensì nella capacità di creare false domande, false esigenze, false emergenze; allo stesso modo in cui la pubblicità induce nei consumatori dei falsi bisogni. Il lobbying esprime perciò la sua massima efficacia quando è occulto, cioè intrecciato in modo inestricabile con le istituzioni, usando direttamente gli uomini delle istituzioni, e avvalendosi della copertura del segreto di Stato o del segreto militare.
Il militarismo diventa quindi lo strumento ideale del lobbying, e ciò non si limita al grande business delle armi e delle commesse militari. Una base militare può diventare infatti un’idrovora di denaro pubblico. Centotredici basi USA o NATO in Italia non hanno alcuna giustificazione di tipo strategico-militare, ma si spiegano come calamite di spesa pubblica, come modo di occupare un territorio e di assorbire le sue risorse.
L’aspetto interessante è che la spesa militare non figura ufficialmente come tale, ma come sviluppo del territorio, e va a carico degli enti locali. Proprio in queste settimane il governatore della Campania, Caldoro, sta reperendo altri fondi per completare le infrastrutture di supporto alla base NATO di Giugliano, la più grande del Sud d'Italia, e che svolgerà anche le funzioni di sede NATO per il Sud Europa.[6]
Sono anni che le risorse finanziarie della Regione Campania sono indirizzate allo scopo prioritario di foraggiare gli appalti per la base NATO di Giugliano, e si era cominciato già all'epoca del governatorato di Bassolino. [7]
[1] http://www.viasarfatti25.unibocconi.it/notizia.php?idArt=9380
[2] http://www.linkiesta.it/cosi-lobby-delle-banche-protegge-i-derivati-sporchi
[3] http://www.e-t-i.be/training_programmes.asp
[4] http://www.youtube.com/watch?v=to2xYmWnQAc
[5] http://www.acus.org/people/beag
[6] http://denaro.it/blog/2012/01/25/sede-nato-di-giugliano-via-alle-infrastrutture/
[7] http://archivio.denaro.it/VisArticolo.aspx/VisArticolo.aspx?IdArt=590839&KeyW
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