involuzione

involuzione
Poche cose abbiamo imparato dalla storia all'infuori di questa: che le idee si condensano in un sistema di ortodossia, i poteri in una forma gerarchica e che ciò che può ridare vita al corpo sociale irrigidito è soltanto l'alito della libertà, con la quale intendo quella irrequietezza dello spirito, quell'insofferenza dell'ordine stabilito, quell'aborrimento di ogni conformismo che richiede spregiudicatezza mentale ed energia di carattere.
Io sono convinto che se non avessimo imparato dal marxismo a vedere la storia dal punto di vista degli oppressi, guadagnando una nuova immensa prospettiva sul mondo umano, non ci saremmo salvati. O avremmo cercato riparo nell'isola della nostra interiorità o ci saremmo messi al servizio dei vecchi padroni. Ma tra coloro che si sono salvati, solo alcuni hanno tratto in salvo un piccolo bagaglio dove, prima di buttarsi in mare, avevano deposto, per custodirli, i frutti più sani della tradizione intellettuale europea: l'inquietudine della ricerca, il pungolo del dubbio, la volontà del dialogo, lo spirito critico, la misura nel giudicare, lo scrupolo filologico, il senso della complessità delle cose.
Norberto Bobbio

martedì 27 novembre 2012

Origini dell’attuale crisi finanziaria globale: Keiser Report Intervista Ian Fraser

Origini dell’attuale crisi finanziaria globale: Keiser Report Intervista Ian Fraser:
Ian Fraser: abbiamo un regime di regolamento del mercato molto debole qui nel Regno Unito ma non e’ cosi’ solo da noi. C’era una connivenza tra l’FSA (Regolatore UK), la Banca d’Inghilterra e le banche. L’FSA non effettuo’ determinate indagini nemmeno di recente e persino dopo alcune dichiarazioni fornite da un ex dipendente di Barclays. 
Max Keiser: Anche nel Financial Times si leggeva qualcosa del genere cioè: beh, si hanno commesso dei crimini ma hanno salvato il sistema dal crollò. E’ una risposta legittima secondo lei?
Ian Fraser: No, secondo me non c’èalcuna scusa quando si commettono crimini. E persino se ci furono tempo fa delle sanzioni da parte di Paul Tucker ed altri, non si possono giustificare secondo me.   
Max Keiser: Ma, visti anche numerosi altri casi nella City di Londra, come mai l’FSA e l’ente Anti-Frode nel Regno Unito non hanno fatto nulla. Perche’ Londra ha un Regolatore tanto indegno?
Ian Fraser: Credo che il tutto inizio’ nel 1986, il Big Bang, quando il governo della Signora Thatcher ha deregolamentato il settore finanziario, demolendo la struttura corporativa preesistente. Prima era molto piu’ difficile che si verificassero corruzione e conflitti d’interesse. Ci sono stati alcuni eventi chiave da allora. Uno di questi ebbe luogo nel 1992, quando ci fu praticamente l’ultimo processo penale di un banchiere d’alto livello nella City di Londra; il famoso processo Blue Arrow. Tre banchieri esecutivi di un istituto di credito inglese allora ottennero una sospensione per aver manipolato un’operazione finanziaria di azionariato. Un quarto banchiere e nello stesso procedimento; ottenne anche lui una sentenza di sospensione per lo stesso motivo.  
Il problema pero’ fu che l’lestablishment non la prese bene e i condannati fecero appello. Nel luglio 1992 le sentenze furono soppresse. In quel giorno un mio amico ricevette una telefonata da un suo contatto che lavorava per l’ente Anti-Frodi (SFO = Serious Fraud Office) e che gli disse: il messaggio e’ arrivato da molto in alto; non ci sara mai piu’ un processo nei confronti di banchieri di alto livello o di istituti di credito di una certa rilevanza.
Pertanto, da quel momento e’ chiaro che fu resettato tutto. Come appunto se banchieri e istituti finanziari di certo livello avessero ottenuto carta bianca di fare praticamente quello che volevano.
Questo poteva includere: FALSIFICAZIONI CONTABILI, DEFRAUDARE I LORO CLIENTI, RECICLAGGIO. E sembra appunto che fu creato un pericoloso precedente in quel momento. Ma la situazione peggioro’ ancor piu’ con Tony Blair e Gordon Brown quando nell’anno 2000 vararono una legge, il Financial Services Markets Act 2000, il quale includeva una clausola che dettava, praticamente, che la concorrenza della City era piu’ importante della legge. Diceva che i Regolatori dovevano considerare la mobilita’ finanziaria internazionale degli affari prima di agire e dovevano evitare di danneggiare la concorrenzialita’ del Regno Unito. In pratica, stavano essenzialmente dicendo all’FSA (Regolatore), appena istituita, di valutare se gli istituti finanziari avrebbero potuto decidere di spostarsi all’estero prima che li perseguissero penalmente.
Credo che questo passaggio nel 2000 fu molto grave.
Poi, ancora, nel 2002, un altro evento porto’ ancora a deregolamentazioni del settore finanziario, sotto pressioni degli USA e con Gordon Brown e Tony Blair nel Regno Unito. Non sto dicendo che non ci fossero regolamentazioni; ce n’erano molte; ma la domanda e SE VENISSERO APPLICATE O MENO. La scelta fu in sostanza di NON APPLICARE ADEGUATAMENTE la REGOLAMENTAZIONE.
Max Keiser: secondo lei, e’ possibile che stiamo assistendo ad un momento per il settore finanziario come quello definito ‘Momento dell’Industria del Tabacco’ ossia, data la crisi dal 2008, le banche dovranno ammettere che il loro programma finanziario e’ tossico, che sono un cancro e che il settore deve cambiare?
Ian Fraser: lo spero sinceramente. Ho letto quell’articolo sull’Economist. Fui estasiato di leggere quell’articolo, soprattutto dopo l’altro articolo di gennaio intitolato ‘Salvate la City’ che non posso che descrivere abominevole. Fui disgustato da quel pezzo. Beh, spero davvero che accadra’, che cambieranno rotta ma non sarei tanto ottimista. Ci si chiede davvero; visti i precedenti; se siano davvero in grado di riformarsi. In termini della connivenza tra la Banca d’Inghilterra, il Ministero del Tesoro britannico ed altri, non e’ ancora molto chiaro. E’ difficile stabilire se effettivamente la Banca d’Inghilterra ordino’ alle banche, inclusa la Barclays, di mentire riguardo il Libor (manipolazioni fraudolente) oppure se gli abbiano fatto capire che sarebbe stato possibile tutto sommato se avessero mentito riguardo il Libor. Entrambe le ipotesi sono ovviamente, inaccettabili.
Ci sono altri casi molto gravi, in particolare riguardo l’RBS (Royal Bank of Scotland) sulla quale il Canada sta indagando. Anche Singapore sta indagando alcune frodi dell’RBS. In quest’ultimo caso c’e’ un trader (operatore) che probabilmente e’ stato additato quale capro espiatorio per aver manipolato il Libor per fare profitti illeciti, mentre invece sta emergendo che sia il contrario. Ossia che questi abbia ricevuto tale ordine dai piani alti dell’RBS di farlo
Max Keiser: in pratica sembra sempre che queste banche trovino il colpevole col solito ritornello della “mela marcia”, “operatori senza scrupoli” o simili mentre invece sembra che – in questi casi – sia la Banca d’Inghilterra che stia autorizzando tali azioni; perpetrando un sistema di sindacato del crimine che infetta l’intero sistema.
E riguardo quest’ultimo scandalo sugli Swaps, chi è coinvolto?
Ian Fraser: in pratica tutte le banche britanniche, le principali delle quali: RBS, HSBC, Lloyds, Barcalys, Crysdale; non è certo che Santander (spagnola) sia coinvolta. Praticamente cio’ che hanno fatto e’ vendere Interest Rate Swaps (derivato di scambio sui tassi d’interesse) alle PMI; molte delle quali non hanno capito nulla di cio’ che stavano acquistando e infatti pensavano che fosse qualcosa completamente diverso. Non hanno capito che se il tasso d’interesse fosse sceso avrebbero avuto perdite enormi e che avrebbero subito enormi costi se avessero voluto risolvere il contratto. In sostanza e’ uno degli scandali piu’ gravi che sta affliggendo il sistema bancario britannico da circa due anni e sta praticamente distruggendo le PMI in tutto il Paese, quotidianamente. Le persone e le famiglie stanno perdendo non solo le loro aziende ma anche le loro case. E’ assolutamente osceno. Questi prodotti non avrebbero mai dovuto essere venduti a queste imprese. Queste non avevano alcuna idea di cio’ che stavano sottoscrivendo. Molti stanno pensando al suicidio.
Max Keiser: ma, naturalmente, ci sono anche e soprattutto altri perdenti in questa partita CRIMINALE, in questa FRODE. Sono i pensionati, i risparmiatori che hanno sottoscritto contratti finanziari con la City di Londra.
Ma qualcuno ci va’ in galera in questo caos totale?
Ian Fraser: l’umore della politica in tal senso sta cambiando. Ci sono stati annunci di indagini e denunce; Cameron, Osborne, Ed Milliband ed altri ne ha annunciati. Personalmente, non ci spererei troppo. Il governo e l’ente anti-frode (SFO); un ente questo particolarmente incompetente, data la sua storia di fallimenti quando si tratta di perseguire istituti finanziari di un certo livello, dice che sta considerando la cosa. Mah, staremo a vedere. Certo, si DEVE condannare questi tipi di crimini finanziari e i colpevoli dovrebbero andare in galera. Ma sinceramente non ci credo.”

giovedì 22 novembre 2012

Malcolm X,la politica imperialista



Essere nero negli Stati Uniti d’America è abbastanza per essere considerato “non-USAmericano”, ma essere nero e musulmano equivale a “anti-USAmericano.
 
“Obama si era recato al Cairo come “inviato di un impero” che cercava di rendere universale la potenza usamericana, mentre Malcolm X era andato lì per “internazionalizzare le lotte per la libertà dei neri Afro-americani con le lotte dei neri del terzo mondo, tutti vittime dell’imperialismo”
Con Guantanamo ancora aperta, droni che continuano ad uccidere, e un sentimento anti-musulmano come brontolio di sottofondo dell’Impero, le elezioni presidenziali negli Stati Uniti hanno ancora una volta sollevato lo spettro dell’Islam e del terzo mondo musulmano come minaccia alla sicurezza nazionale degli USA e ai loro interessi. E con Obama, uno dei due candidati in corsa, la questione della “negritudine” entra in campo come l’elefante nella cristalleria.
Mentre molti pretendono ancora una volta di stigmatizzare Obama come “Musulmano segreto” e come il “Candidato arabo” del 21° secolo, altri imputano alla sua negritudine il tentativo di riplasmare l’immagine dell’America e di contribuire a promuovere gli interessi degli Stati Uniti nel terzo mondo musulmano attraverso una nuova e benevolente maschera di facciata “post –razziale”.
 
Ma, come di recente ho esposto dettagliatamente in un mio libro, queste relazioni e vicende tra negritudine, Islam e terzo mondo musulmano non sono una novità negli Stati Uniti.
In realtà, è Malcolm X che è arrivato a definire convergenti queste storie, ed è la sua eredità che per molti versi sta causando tanta inquietudine nazionale negli Stati Uniti post-11/settembre, con un presidente nero il cui secondo nome è Hussein. Essere nero negli Stati Uniti d’America è abbastanza per essere considerato “non-USAmericano”, ma essere nero e musulmano equivale a “anti-USAmericano”.
Mentre “la campagna diffamatoria” contro Obama come musulmano, nel clima post-11/settembre, veniva ispirata dalla minaccia rappresentata da quella entità chiamata “al-Qaeda”, la negritudine di Obama e una sua possibile “vicinanza” all’Islam generano davvero una più profonda preoccupazione, che si va a collocare sulla scia di quell’inquietudine generata da Malcolm X, che lanciava la sfida alle autorità statunitensi non solo per le vicende di un passato avverso ai neri, ma anche per un futuro “nero”, appellandosi alla gente di colore perché considerasse se stessa non come una minoranza nazionale, ma come una maggioranza globale.
 
Per Malcolm X, “l’Islam rappresenta la più grande forza unificante del Mondo Nero”, con la Mecca come centro spirituale; e il terzo mondo musulmano, con le sue lotte contro il colonialismo in Egitto, Algeria, Palestina, Iraq e altrove, aveva avuto un impatto determinante sulla sua vita e sulla sua visione politica.
Ma per Malcolm X, uno non aveva bisogno di essere un musulmano. Ciò che era importante era il riconoscimento di una propria realtà razziale a fronte di una sofferenza secolare provocata dalla supremazia bianca intesa come fenomeno globale, e di conseguenza era importante collegare le lotte nere con quelle del terzo mondo. Tuttavia, vi è stata una persistente richiesta di contenere e addirittura azzerare la possibilità di un internazionalismo nero negli Stati Uniti.
 
In adempimento alla tradizione per i diritti civili, la presidenza Obama ha simbolicamente asserito che non solo le persone di colore devono puntare su questo paese, ma che questo sentimento è reciproco – quindi Obama nel suo ruolo di “leader del mondo libero” cerca di coniugare l’identità nera con gli Stati Uniti, la sua potenza e il suo destino.
Nel 2009, al Cairo, Obama ha cercato di catturare entusiasmi per la sua elezione durante il suo intervento molto pubblicizzato, dal titolo “A New Beginning – Un nuovo inizio”, che avrebbe dovuto segnalare un deciso discostarsi dal militarismo polarizzante del regime di Bush II.
Ma anche Malcolm X aveva parlato al Cairo, e nel 1964 si era rivolto ad una assemblea di capi di Stato presso l’Organizzazione per l’Unità Africana.
 
Obama si era recato al Cairo come “inviato di un impero” che cercava di rendere universale la potenza usamericana, mentre Malcolm X era andato lì per “internazionalizzare le lotte per la libertà dei neri Afro-americani con le lotte dei neri del terzo mondo, tutti vittime dell’imperialismo”.
Al Cairo, Malcolm implorava i capi di Stato di non farsi ingannare dal “lupo imperialista” degli Stati Uniti o dai tentativi del Dipartimento di Stato di usare la propaganda per convincere le nazioni africane che gli Stati Uniti stavano facendo progressi seri verso l’uguaglianza razziale, attraverso la sentenza “Brown v. Board” e l’adozione di una legislazione di tutela dei diritti civili.
 
Come Malcolm ribadiva, queste misure erano una “manovra propagandistica”, e “non sono altro che trucchi della potenza alla guida del neo-colonialismo del secolo”. Malcolm implorava l’assemblea ad ascoltare il suo avvertimento: “Non fuggite dal colonialismo europeo, solo per ridurvi ancora più schiavizzati da un “dollarismo” statunitense ingannevolmente 'amichevole'.”
Nel sottolineare l’uso della propaganda e il sapere ben amministrare all’estero la propria immagine da parte degli Stati Uniti, Malcolm anticipava non solo come, dopo l’11/settembre, il Dipartimento di Stato avrebbe posto i Musulmani in posizioni di alto profilo nel campo delle arti e della politica per influenzare l’opinione pubblica musulmana all’estero, ma anche come l’elezione di Obama e la retorica della “diversità” sarebbero state sfruttate per ridefinire gli Stati Uniti come inclusivi, “post-razziali” e progressisti, al fine di mascherare l’entrata in trincea del potere bianco, in ambito domestico e globalmente.
 
E nel collegare la politica razziale interna usamericana al ruolo degli Stati Uniti come “potenza neo-coloniale” e all’emergere di un “dollarismo usamericano”, Malcolm metteva a nudo come la questione razziale fosse vincolata al colonialismo europeo e all’apparire degli Stati Uniti come superpotenza globale. Mentre Obama si era recato in Egitto, al Cairo, per cooptare questa città sacra e fornire un’immagine caritatevole del potere americano, Malcolm era stato lì per strappare la maschera di benevolenza e rivelare la verità nuda dell’ingiustizia razziale degli Stati Uniti e delle loro ambizioni imperiali. È per questo che l’eredità di Malcolm X è così importante, in quanto mette in luce le dinamiche razziali che modellano il panorama globale di oggi, sotto il potere degli Stati Uniti.
Terrore rosso, nero e verde
Nel periodo immediatamente successivo alla Seconda guerra mondiale, quando gli Stati Uniti hanno sostituito l’Europa come attore dominante sulla scena del mondo, il presidente Truman dichiarava il comunismo “nemico pubblico numero uno”, perfino vedendo nel comunismo una minaccia più grande del colonialismo nei confronti del terzo mondo in fase di decolonizzazione.
Per altro, gli Stati Uniti e i loro alleati in Europa consideravano che un terzo mondo liberato costituisse la più grande minaccia per l’ordine post-bellico che gli Stati Uniti volevano dominare, in quanto si sarebbe creato un vuoto di potere che avrebbe potuto essere riempito dal comunismo.
La paura reale, come avevano ben afferrato Malcolm e altri, come Lumumba, Fanon e Nkrumah, era che la liberazione e l’indipendenza della maggior parte del mondo avrebbero avuto il potenziale di radicalmente ridistribuire il potere e la ricchezza globale, lontano dal mondo dei bianchi.
 
Per contrasto, gli Stati Uniti espandevano la propria impronta imperiale sul terzo mondo e diffondevano la logica del razzismo coloniale, utilizzando l’“anti-comunismo” come mezzo per giustificare i loro interventi, il sostegno dei dittatori, il rovesciamento dei leader democraticamente eletti, gli omicidi e la destabilizzazione in tutto il terzo mondo (di testimonianza: Mossadeq, Arbenz, Lumumba e tanti altri).
Di conseguenza, la politica estera degli Stati Uniti utilizzava l’“anti-comunismo” come agente per procura nella corsa per insidiare la decolonizzazione del terzo mondo.
Malcolm balzava fuori da questo crogiolo della Guerra Fredda, in cui gli attivisti dei diritti civili abbracciavano un’identità americana e sostenevano che la “violenza di Jim Crow” era un tallone di Achille, che arrecava pregiudizio alle ambizioni globali degli Stati Uniti verso un terzo mondo già ostile alla supremazia bianca.
 
Malcolm era profondamente critico nei confronti di tutte le organizzazioni a favore dei diritti civili, che cercavano di addomesticare la lotta dei neri all’interno della struttura sociale degli Stati Uniti  e sostenevano la logica dell’“anti-comunismo”. Per Malcolm e gli altri, la struttura organizzativa in favore dei diritti civili in ambito nazionale, non comprendendo la natura globale della supremazia bianca, non mirava ad ottenere conquiste contro le discriminazioni razziali.
Invece di collegare i loro destini a quelli del terzo mondo in fase di decolonizzazione, annullando il sistema del potere bianco, i mandatari per i diritti civili mascheravano il potere bianco attraverso un atteggiamento riformista nazionale, facilitando al tempo stesso il radicamento aggressivo del potere bianco in tutto il mondo, assumendo la logica incrinata dell’“anti-comunismo”.
Nel 1964, Malcolm X nel suo tanto vituperato discorso “The Ballot or the Bullet - La scheda (di votazione) o la pallottola” contestava le istituzioni in favore dei diritti civili, affermando l’inutilità del voto nero come mezzo per conquistare la parità negli Stati Uniti.
 
Invece, sosteneva che il popolo nero aveva bisogno di internazionalizzare le sue lotte, collegandole alle lotte che si stavano svolgendo in tutto il terzo mondo dell’Africa, Asia e America Latina.
Così Malcolm affermava: “Non portate i vostri casi davanti alle corti criminali, portate i criminali davanti alle vostre corti!”.
Per Malcolm X, il passaggio da “diritti civili” a “diritti umani” avrebbe presentato la condizione dei popoli neri negli Stati Uniti ad un forum più ampio, che avrebbe costretto gli Stati Uniti a sottoporsi ad un esame critico e alla sfida del terzo mondo, e che avrebbe potuto far pendere la bilancia del potere in favore delle nazioni nere, in quanto avrebbe rivelato le ipocrisie degli Stati Uniti, compromesso gli obiettivi di politica estera di questo paese nei confronti del terzo mondo, e rivelato il diffondersi all’interno degli Stati Uniti del razzismo coloniale di stampo europeo.
 
Come parte del suo internazionalismo radicale, e in profondo contrasto con le istituzioni dei diritti civili, Malcolm sosteneva le lotte dei Palestinesi contro il sionismo, paragonava i ghetti di Harlem sottoposti a segregazione razzista alla Casbah di Algeri sotto il dominio coloniale francese, esaltava le prese di posizione di Nasser contro Inghilterra, Francia e Israele, celebrava la Conferenza di Bandung e la considerava come un modello per l’unificazione della politica culturale nera durante la Guerra Fredda, appoggiava la ribellione dei Mau Mau contro il colonialismo britannico e quella dei Vietnamiti contro la dominazione francese, incontrava Fidel Castro, lodava Lumumba come “il più grande Nero che abbia mai calpestato il continente africano”, e come Fanon, dava una giustificazione etica alla possibilità di lotta armata, fondamentalmente sfidando l’opinione generale all’epoca della Guerra Fredda. 
Il post 11/settembre, ora
Nell’epoca di iper-nazionalismo seguita all’11/settembre, che ha alimentato la guerra degli Stati Uniti contro il terzo mondo musulmano, l’eredità di resistenza lasciataci da Malcolm, con l’associazione dell’internazionalismo nero alle politiche del terzo mondo musulmano, ci fornisce un programma per sfidare il consenso all’ideologia imperiale che ha caratterizzato l’era post-11/settembre.
Proprio come l’“anti-comunismo” costituiva un pretesto per azioni razziali durante la Guerra Fredda, così l’“anti-terrorismo” è diventato il nuovo pretesto per azioni razziali e per il nuovo radicamento della supremazia bianca, a giustificazione dell’intervento degli Stati Uniti all’estero, mentre anche il dissenso interno viene represso, e la categoria…logica di “terrorismo” viene utilizzata per determinare chi è un cittadino e chi è un nemico, chi è umano e chi non lo è, e chi deve essere ucciso e chi ha il permesso di vivere.
 
Forgiatasi nell’era della Guerra Fredda, l’eredità di Malcolm può sfidare e contrastare l’accettazione da parte di organizzazioni sociali minoritarie (comprese le musulmane) della retorica del “terrorismo”, riconoscendone le sue radici da codificarsi razziali, e facendo assumere consapevolezza come l’“anti-terrorismo” venga utilizzato dagli organi di polizia contro il dissenso interno, ma anche per consentire la violenta espansione dell’impero degli Stati Uniti.
Non bisogna stare al gioco della logica dell’“anti-terrorismo” che tende a distinguere fra Musulmani “moderati” e “radicali”, altrimenti non si riesce a dare dignità alle sfide alla potenza degli Stati Uniti in tutto il mondo.
Mentre molti attivisti, artisti, studiosi e organizzazioni stanno infondendo le idee di Malcolm nel loro lavoro, è importante che le comunità nere e musulmane, così come le altre comunità di colore, continuino a sottolineare le profonde connessioni internazionaliste che Malcolm ha prodotto.
Il collegamento di queste lotte non corrisponde ad una visione romantica della solidarietà.
 
È il radicamento di una comprensione più profonda di quanto nella realtà siano strettamente connesse queste forze impetuose. Ed è la presa di coscienza che la persistenza del razzismo qui negli Stati Uniti è dovuta al fatto che la supremazia bianca è profondamente intrecciata con le stesse strutture di governo degli Stati Uniti, e perpetuamente prende respiro dal quotidiano procedere degli Stati Uniti  nella conduzione dei loro affari, interni o esteri.
È il riconoscimento che la logica della carcerazione di massa negli Stati Uniti, che ha distrutto la possibilità politica dei neri e ha represso il dissenso e i movimenti di rivolta attraverso gli organi locali di polizia e di contro-insurrezione, è anche ciò che guida l’esercito americano e le sue carcerazioni imperialiste ad Abu Ghraib, Guantanamo, Bagram e in altri posti. È il riconoscimento che la condizione dei migranti attraverso il confine pesantemente militarizzato fra Stati Uniti e Messico è del tutto paragonabile alla condizione che vede represse e distrutte le vite dei Palestinesi.
 
Ed è il riconoscimento che le politiche economiche neoliberiste, che hanno distrutto il salario sociale e hanno assistito all’emergere di uno stato di guerra permanente negli Stati Uniti, sono profondamente radicate nello sfruttamento del terzo mondo attraverso il capitale finanziario globale e la guerra.
Manifestare l’anti-razzismo solo in sede nazionale, e non considerare la supremazia bianca come un problema globale, o muovere solo tiepide critiche alla politica estera degli Stati Uniti, alle loro tattiche e strategie, e non criticare le loro condizioni sociali fondamentalmente razziste, suona a vuoto falsamente e fa perdere di vista l’obiettivo. Perché non fa riconoscere che la supremazia bianca è radicata nella struttura stessa delle relazioni globali che gli Stati Uniti hanno contribuito a porre in essere - un insieme di relazioni in cui diplomazia, traffici, manovre politiche, guerra e questioni di sovranità entrano in gioco in un campo decisamente dissestato, in cui Stati Uniti ed Europa esercitano un’influenza diplomatica opprimente, un potere politico e militare brutale.
 
Ignorare tutto ciò comporta l’adesione alle peggiori forme di internazionalismo liberista, che presuppongono gli Stati Uniti essere una “forza del bene” nel mondo, e si reitera la medesima questione che Malcolm X eroicamente ha combattuto, e per cui alla fine è stato ucciso.
Anche se le pallottole alla fine lo hanno abbattuto, Malcolm ha lasciato un’impronta indelebile sulle generazioni di artisti e attivisti. Ma la sua eredità è sotto attacco, e si tenta di cancellarla del tutto quando la presidenza Obama, con la sua narrazione trionfalistica sui diritti civili, mira a rendere le spinte propulsive internazionaliste dei popoli di colore irrilevanti e obsolete.
 
Mentre ci sono coloro che sostengono che il voto per Obama è l’unica cosa pragmatica da fare, e che votare per una terza parte politica (non democratica, né repubblicana) o non votare è un’opzione del tutto “impraticabile” e “sbagliata”, Malcolm potrebbe rovesciare la questione e chiedere quanto “positivo” sia votare per uno dei due principali partiti, quando le forze violente che li determinano sono così intrattabili e resistenti ad ogni cambiamento, tanto meno ad una profonda trasformazione?
E quando ci si confronta con tali forze, tenendo ben presenti alla mente tutti coloro che in passato hanno tentato tanto valorosamente di contrastare queste forze, è praticabile continuare ad investire e ad impegnarsi in questo processo e aspettarsi qualcosa di diverso? A ben vedere, tutto ciò non risulta “impraticabile” e il percorso non pertinente?
 
Note del traduttore su personaggi ed eventi citati nel documento:
 
Malcolm X, pseudonimo di Malcolm Little, (Omaha, 1925 – New York, 1965), è stato un attivista statunitense a favore dei diritti degli Afro-americani e dei “diritti umani” in genere.
Figlio di un predicatore negro, dopo avere aderito al movimento dei “Musulmani neri” ne uscì nel 1964 in seguito ai contrasti sorti sulla linea separatista del movimento e formò l’Organizzazione per l’unità afro-americana, ispirata ad una linea di nazionalismo negro e di solidarietà con tutti i popoli oppressi non di razza bianca.
Malcolm X teorizzava il ricorso all’autodifesa armata in nome dei “diritti umani”, che si collocano al di sopra dei “diritti civili”.
Fu assassinato durante un comizio a New York il primo giorno della Settimana Nazionale della Fratellanza per mano di membri dell’organizzazione di cui era stato portavoce, la Nation of Islam.
È considerato uno dei più grandi, ma anche controversi, capifila afro-americani del XX secolo. Alla fine di una lunga evoluzione del suo pensiero, sostenne che la religione islamica fosse capace di abbattere ogni barriera razziale e ogni forma di discriminazione.


Sohail Daulatzai

Tradotto da  Curzio Bettio

martedì 13 novembre 2012

Grillo si, Grillo no

Dal blog :  http://antoniomoscato.altervista.org/

L’armata di Grillo.
Radiografia del M5S
Questo libro di Matteo Pucciarelli pubblicato dalle edizioni Alegre è particolarmente utile, in un momento in cui risulta evidente che le demonizzazioni di  Grillo e del suo movimento hanno impedito finora di coglierne la logica e di prevederne la crescita. Servirà in primo luogo a tutti quelli che avevano sparato stupidaggini sulla cosiddetta “antipolitica”, e avevano sprezzantemente liquidato le trovate di Grillo come la traversata dello Stretto di Messina a nuoto, senza capire che servivano semplicemente ad attirare l’attenzione su un movimento che veniva sistematicamente oscurato.
A proposito del suo stile oratorio, lo stesso Grillo aveva dichiarato a Gian Antonio Stella, intervistatore ostile ma intelligente, che “in una piazza aperta, per arrivare alla gente, in fondo, devi gridare. È la mia caratteristica il finto iroso, il finto arrabbiato. Arrivo al culmine della rabbia e poi sdrammatizzo con una battuta”. E alla domanda di Stella: “Vuol dire che nei comizi recita?” Grillo risponde “Assolutamente sì. Capiamoci, la rabbia c’è, l’indignazione c’è, ma sono sempre controllate”. Sono i giornalisti stupidi che, di due ore di comizio-spettacolo, hanno sempre raccolto i 30 o 40 secondi in cui egli ricorreva al turpiloquio. (L’intervista era apparsa sul n. 22 di “Sette” del 1° giugno 2012)
Solo dopo il successo - superiore a qualsiasi previsione - della lista del M5S in Sicilia, tanto più sconvolgente perché sommato a un astensionismo massiccio che ha superato per la prima volta il 50%, molti commentatori hanno cominciato a dover fare i conti seriamente con Grillo e il suo “MoVimento”. Per loro sarà preziosa la “radiografia” del M5S tentata da Pucciarelli, anche con brevi profili dei principali protagonisti, emersi nelle elezioni degli ultimi anni in alcune regioni importanti, da Favia a Bono, alla Federica Salsi a Pizzarotti. Pucciarelli ha colto anche alcune dinamiche che possono aprire serie contraddizioni una volta che l’M5S sarà obbligato a confrontarsi con la necessità di un programma nazionale e di un meccanismo di selezione ed esclusione dei candidati, non facile in un contesto di crescita impetuosa che non ha nulla che vedere con quello che ha permesso i successi di Parma e di città ben più piccole, dove – si chiamasse Meetup o circolo -  operava di fatto un nucleo di amici affiatati, persone comuni che di politica conoscevano poco, ma erano legati da un rifiuto della “politica realmente esistente”, e da un desiderio sincero di un cambiamento. Erano affascinati dalla capacità di Grillo di parlare in modo efficace alla gente comune e dalla sua capacità di sbeffeggiare il ceto politico a tutti i livelli, a partire da quello locale, dove era facile “scoprire” e denunciare le malversazioni che in realtà tutti conoscevano, ma su cui per ragioni varie tutti tacevano.
Ma a livello nazionale, che fare? Comprensibile (e giusto, soprattutto in una prima fase) il rifiuto di alleanze, convergenze, accordi anche tattici: in fondo è la stessa tattica di Syriza, cresciuta proprio rifiutando ogni accordo con i partiti responsabili della crisi e complici dei burocrati europei che l’hanno aggravata dicendo di curarla. Ma poi, sarà possibile sottrarsi alla necessità di pronunciarsi sulle scelte politiche delle altre forze? Grillo aveva detto più volte che prima o poi avrebbe avuto il 100%, ma era ovviamente una battuta per evitare di pronunciarsi troppo presto.
Tra l’altro il libro di Pucciarelli permette di capire che la proposta di candidare Di Pietro alla presidenza della repubblica non era solo provocatoria, ma nasceva da una lunga vicinanza all’IDV: ad esempio al momento delle ultime elezioni europee, Grillo aveva indicato due candidati più o meno indipendenti presenti nelle liste dell’IDV, Sonia Alfano e Luigi De Magistris. E per anni Gianroberto Casaleggio aveva curato anche il sito-blog di Antonio Di Pietro. Probabilmente non solo come consulenza “tecnica”…
Interessante la ricostruzione delle ragioni della proposta, sconcertante e contestata da diversi eletti del M5S, di negare il diritto di cittadinanza ai figli di immigrati anche se nati in Italia: una proposta lasciata poi cadere, senza ritrattarla, e che si spiega con l’attenzione alla crisi evidente della Lega Nord. Un’attenzione che ha dato i suoi frutti: il primo sindaco conquistato dal M5S è a Sarego, in provincia di Vicenza, ma anche a Verona il MoVimento ha raggiunto un ottimo 9,32%, a Monza il suo candidato ottiene il 9,52, a Belluno il 10,92, a Saonara il 18%, ecc. Del caso di Parma si è parlato molto ma va sottolineato che Pizzarotti ha potuto vincere polverizzando non solo il PdL ma anche la Lega, scesa d’altra parte in quasi tutto il nord dell’11,5% rispetto alle regionali del 2010.
Dopodichè si è registrato quello che Pucciarelli definisce un tentativo di “assalto alla diligenza”, mentre un post sul sito veneto del MoVimento ha parlato di “trombati della Lega all’assalto delle 5 stelle”. E in effetti l’ex consigliera di Vicenza Franca Equizi, cacciata nel 2005 dalla Lega, ha provato quest’anno – senza riuscirci - a riciclarsi come “grillina”.
Ma l’attacco è concentrico: si è fatto avanti perfino Willer Bordon, che per oltre venti anni ha attraversato da deputato un grande numero di partiti riuscendo ad averne finalmente uno tutto suo solo nel 2008 (“Consumatori uniti”, che raccolse lo 0,25% dei voti). Partito dal PCI (con doppia tessera al partito radicale), era stato con Mario Segni, Di Pietro, Dini ecc. Un paio di volte è stato ministro (con D’Alema e Amato). Non si sa se lo accetteranno, ma ha cominciato a intervenire sul blog di Grillo. Io lo eviterei accuratamente…
Il problema è che la selezione dei candidati attraverso il web può funzionare quando il movimento è circoscritto territorialmente e soprattutto quando è piccolo e non fa gola a nessuno, ma può essere difficile quando si tratta di coprire l’intero territorio nazionale, scegliendo candidati tra un gran numero di aspiranti in parte sconosciuti. Tanto più che il web di per sé non fa miracoli, o meglio può farli per chi sa manipolarlo bene. Christian Abbondanza della Casa della Legalità di Genova ha spiegato che “con un semplice programma di Linux è possibile creare da un solo pc ben 199 IP: vale a dire, uno da solo può farsi in casa 200 tessere, 200 teste che eventualmente possono spostare voti interni a un candidato piuttosto che a un altro”. E a chi obietta che per iscriversi occorre anche una copia di un documento di identità, gli scettici ricordano che basterebbe Photoshop per falsificare un po’ di documenti…
D’altra parte la circolazione di conoscenze ed esperienze dirette di singoli attivisti del M5S in altre città o province è stata ostacolata dal divieto di costruire organizzazioni nazionali e anche coordinamenti tra diversi territori (è per questo che Valentino Tavolazzi venne privato della possibilità di usare il logo, e messo al bando anche a Parma quando il neo sindaco Pizzarotti lo aveva proposto come direttore generale del Comune). Quindi è praticamente inevitabile che l’ultima parola sulle liste spetti al solo Grillo, insieme naturalmente all’inseparabile Casaleggio. E sui programmi? Nessuno dei due leader indiscussi ha una solidissima cultura politica. Ma il fatto che ogni giorno 14 milioni di italiani si colleghino a Facebook rappresenta un dato nuovo dai risultati imprevedibili.
Lo scrittore Wu Ming2 in un’intervista a Giuliano Santoro, autore del libro Un Grillo qualunque ha sottolineato il significato di alcune sconfitte elettorali del M5S, ad esempio nei comuni della Val Susa, nella Vicenza del No Dal Molin, a Milano al momento della campagna di Pisapia, nella Napoli di De Magistris: evidentemente i Cinque Stelle si trovano in difficoltà di fronte a un movimento territoriale forte, e alla candidatura di outsider che non permettono di puntare sullo slogan “Grillo contro La Casta”. Giuliano Santoro ha condiviso l’analisi, precisando solo che in Val di Susa il risultato debolissimo c’era stato solo nelle elezioni comunalii, mentre alle regionali molti avevano fatto la scelta di votare Grillo invece dei partiti della fu sinistra, come “scelta tattica da parte di una parte di un movimento autonomo e autorevole e ben radicato”. D’altra parte Grillo aveva parlato per primo delle ragioni contro l’Alta Velocità, quando non ne parlava quasi nessuno fuori della valle. Localmente però i 5S non rappresentavano nulla in paragone al lungo e paziente lavoro dei sindaci e dei militanti della valle. A livello regionale invece, inutile dimenticarlo, diedero un notevole contributo alla meritata sconfitta dell’arrogante governatrice PD Mercedes Bresso.
Sintomatico che per qualche tempo dopo l’apparizione di Monti sulla scena politica, Grillo era rimasto spiazzato, perché il nuovo presidente utilizzava due o tre dei suoi argomenti preferiti. Non era “né di destra né di sinistra”, commissariava la politica, e si faceva presentare come contrapposto alla “Casta”. Per questo Grillo il 24 novembre 2011 era arrivato a scrivere al “cittadino Monti” una lettera piena di suggerimenti anche giusti, come il rispetto della volontà popolare espressa nei referendum. Ma gli chiedeva anche di tagliare le province, o i contributi all’editoria, e di riportare sotto la gestione statale le concessioni autostradali (chissà perché non l’ILVA-Italsider o le telecomunicazioni?), e di “rifarsi ai francescani”. Il consiglio più importante era però quello di “rivolgersi direttamente agli italiani”. E Grillo concludeva:
Se non può farlo, le consiglio di lasciare l’incarico. Ripetere gli stessi errori e nefandezze dei politici che l’hanno preceduta non le farebbe onore. Le chiedo un incontro per illustrarle il programma del M5S. spero in una risposta positiva.
L’apertura di credito, e le illusioni di poter influenzare quello che si è confermato rapidamente come il più feroce capo di governo dell’Italia repubblicana, sono durate poche settimane. Ma rivelano un problema reale: la modestissima cultura politica di Grillo, che non a caso aveva avuto qualche simpatia iniziale per Berlusconi (nel 1994 aveva dichiarato che lo avrebbe votato) mentre Casaleggio aveva flirtato con la Lega. Ad esempio appoggiare o proporre i tagli alle province significa non capire l’operazione governativa: i risparmi saranno insignificanti, perché sarebbe difficile eliminare del tutto le loro funzioni essenziali (edilizia scolastica e strade provinciali) anche se spostate ad altra megaprovincia o alla regione, mentre in pratica è stato eliminato il loro carattere elettivo, primo passo verso altre soluzioni autoritarie. E i contributi all’editoria non sono solo quelli truffaldini al finto Avanti di Lavitola o ai giornali di inesistenti partiti monarchici, ma anche quelli a preziosi strumenti informativi di pubblica utilità.
Poi il fatto che praticamente tutti i partiti in parlamento, pur criticandolo, hanno sostenuto Monti accettando passivamente tutti i diktat della BCE, ha determinato la svolta di Grillo e ha creato gli spazi per il boom elettorale delle amministrative di maggio, e delle elezioni siciliane di ottobre. Tuttavia la forza principale del M5S non è in quello che dice o non dice Grillo, ma in quello che fanno e dicono gli esponenti di tutti i partiti rappresentati in parlamento, che hanno ulteriormente aumentato con la loro ipocrisia sulle finte misure “anticasta” la loro forza repellente.
Una parte del libro è dedicata a ridicolizzare le solenni cantonate dei giornali “benpensanti” che hanno regolarmente pontificato sul “grillismo” senza cercare di capire come mai cresceva e si rafforzava. C’è un’antologia di titoli aberranti: “Grillo e il medioevo della ragione”, oppure “Grillo cuore di destra”, “Il mago Otelma dell’antipolitica”, hanno scritto, con effetti assolutamente controproducenti, da “l’Unità” al “Giornale”. Questo, probabilmente, renderà il libro – che non asseconda minimamente questo stile - più accettabile ai militanti che giustamente mal sopportano quel tipo di critiche preconcette. Mentre di critiche franche il M5S ha molto bisogno, ad esempio per superare i dubbi creati dal ruolo singolare di Casaleggio, che non sarà l’uomo occulto dei “poteri forti, dalla massoneria al Bilderberg, alla Golman Sachs” (è lui stesso a respingere queste insinuazioni), ma indubbiamente è un esperto in comunicazione e marketing, titolare di un’impresa nata come costola del gruppo Telecom di Tronchetti Provera e della Pirelli, e che ha avuto tra i suoi dirigenti fino al settembre 2012 Enrico Sassoon, non solo giornalista del confindustriale “il Sole 24 ore”, ma anche presidente o amministratore delegato di molte aziende, da “Leading Events” e “Global Trends”, alla “American Chamber of Commerce in Italy”, una specie di lobby che ha “lo scopo di sviluppare e favorire le relazioni economiche, culturali e politiche tra gli Stati Uniti e l’Italia, di promuovere e tutelare gli interessi dei propri associati nell’ambito dell’attività di business tra i due paesi…” Un associazione nel cui “board of directors” Sassoon siede accanto all’ambasciatore USA David Thorne, a Cesare Romiti, a Veronica Squinzi, figlia di Giorgio, presidente di Confindustria, di Giuseppe Cattaneo, senior advisor to the Chairman dell’Aspen Institute, e tanti altri personaggi dello stesso calibro. Dell’Aspen Institute (da molti complottisti considerato peggio del club Bilderberg) Sassoon è membro del comitato esecutivo, insieme a Mario Monti, Romano Prodi, Fedele Confalonieri, Gianni Letta, Emma Marcegaglia e diversi altri pezzi da Novanta.
Sassoon dimettendosi dalla Casaleggio Associati, ha tenuto a sottolineare che non ha mai avuto rapporti con il M5S, “con il quale intrattiene rapporti il solo Casaleggio”, e che lascia la società “perché i suoi interessi personali e professionali sono altrove, ma anche per spezzare il filo delle speculazioni interessate”. E ha insistito nella polemica con chi parla di “poteri forti”. Ma “i legami di Sassoon sono talmente chiari e documementati – scrive Pucciarelli – che far finta di niente sarebbe stata un’omissione scorretta”. In particolare per la partecipazione al “tavolo Aspen”, attorno al quale “discutono leader del mondo industriale, economico, finanziario politico, sociale  culturale in condizioni di assoluta riservatezza e di libertà espressiva”. Pucciarelli commenta: “dibattito a porte chiuse, in assoluta riservatezza. Insomma campioni della moderna democrazia”.
Riprendendo un’inchiesta di Pietro Orsatti su MicroMega Pucciarelli si domanda: “Ora Grillo parla quasi esclusivamente di politica e di politici. E dov’è finito il ‘messaggio’ della prima ora, quello della lotta contro il ‘signoraggio monetario’? Se qualcuno sulla rete dei Meetup o nei commenti sul blog di Grillo pone l’interrogativo si vedrà cancellare o non pubblicare la propria opinione […] Dopo tutto le regole della ‘moderazione’ sul web le detta chi mette in rete una determinata piattaforma o sito. Funziona così ovunque, funziona così anche sul sito di Grillo. Certi argomenti, determinate domande non compaiono…”
A parte il “signoraggio” (tematica ambigua che forse non è male che sia caduta), il problema c’è. Le nuove responsabilità impongono la definizione di un vero programma al posto dell’elenco confuso e affastellato di misure di diverso peso che c’è oggi. Ma sarà possibile solo attraverso una consultazione veramente democratica, non filtrata da un personaggio come Casaleggio, a cui nessuno rimprovererebbe il pensiero esoterico e le singolari previsioni sul futuro dell’umanità nei prossimi decenni, se non avesse nel movimento un potere così illimitato e sottratto a qualsiasi controllo. Le critiche ai suoi metodi non nascono dal confronto con un astratto modello, ma dalla preoccupazione che l’eccessiva centralizzazione possa provocare assai presto lacerazioni e crisi nel movimento, di cui, su temi solo apparentemente marginali, ci sono stati già i primi preavvisi. Se fosse così, la crescita del M5S risulterebbe effimera, e alla fine sarebbe servita solo a gettare nel panico gli esponenti della vecchia politica.
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sabato 10 novembre 2012

BRICS,grosso modo

I BRICS nelle relazioni internazionali
 
A New Delhi si è tenuto il quarto incontro dei paesi riuniti sotto l'acronimo BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica). E' un summit di un'unione artificiale di Stati molto diversi fra loro, o l'emergere di una futura più forte alleanza in un mondo diventato multipolare? Questione da analizzare più obiettivamente possibile, tanto può pesare nelle relazioni internazionali.
 
I BRICS rappresentano un insieme estremamente importante della popolazione mondiale, oltre 3 miliardi di persone. Le loro economie sono in piena espansione, esse rappresenteranno nel 2015 oltre il 60% della crescita mondiale. La loro inquietudine è forte per le conseguenze della massiccia iniezione di fondi da parte dei maggiori Stati capitalisti (Stati Uniti, Europa essenzialmente) nel sistema bancario globale. Essi temono che la loro crescita sia influenzata dalla situazione economica mondiale e intendono svolgere un ruolo maggiore nella competizione che stimola la concorrenza capitalista su scala mondiale, sia per quel che riguarda l'accesso alle materie prime come per i flussi commerciali di merci e capitali.
 
Per il russo Putin, l'originalità dell'azione dei BRICS è nella loro capacità di rispettare la loro indipendenza posizionandosi "fuori delle grandi alleanze economiche e militari". Da questo punto di vista il vertice di New Delhi ha avanzato la proposta di una banca di sviluppo finanziata dai BRICS che permetterebbe loro di emanciparsi dalla tutela del FMI e dal dollaro USA. Questa iniziativa è indicativa dei movimenti di fondo che animano la scena internazionale e delle rivalità che si acutizzano rapidamente su questa scala.
 

giovedì 8 novembre 2012

Opposti estremismi

Se la vita,con te,è stata crudele e soffri di un dolore indicibile non reagire così:
 




 prendila con filosofia e  rilassati con una gita in barca