Dal blog : http://antoniomoscato.altervista.org/
L’armata di Grillo.
Radiografia del M5S
Questo libro di Matteo Pucciarelli pubblicato dalle edizioni Alegre è
particolarmente utile, in un momento in cui risulta evidente che le
demonizzazioni di Grillo e del
suo movimento hanno impedito finora di coglierne la logica e di
prevederne la crescita. Servirà in primo luogo a tutti quelli che
avevano sparato stupidaggini sulla cosiddetta “antipolitica”, e avevano
sprezzantemente liquidato le trovate di Grillo come la traversata dello
Stretto di Messina a nuoto, senza capire che servivano semplicemente ad
attirare l’attenzione su un movimento che veniva sistematicamente
oscurato.
A proposito del suo stile oratorio, lo stesso Grillo aveva dichiarato a
Gian Antonio Stella, intervistatore ostile ma intelligente, che “in una
piazza aperta, per arrivare alla gente, in fondo, devi gridare. È la
mia caratteristica il finto iroso, il finto arrabbiato. Arrivo al
culmine della rabbia e poi sdrammatizzo con una battuta”. E alla domanda
di Stella: “Vuol dire che nei comizi recita?” Grillo risponde
“Assolutamente sì. Capiamoci, la rabbia c’è, l’indignazione c’è, ma sono
sempre controllate”. Sono i giornalisti stupidi che, di due ore di
comizio-spettacolo, hanno sempre raccolto i 30 o 40 secondi in cui egli
ricorreva al turpiloquio. (L’intervista era apparsa sul n. 22 di “Sette”
del 1° giugno 2012)
Solo dopo il successo - superiore a qualsiasi previsione - della lista
del M5S in Sicilia, tanto più sconvolgente perché sommato a un
astensionismo massiccio che ha superato per la prima volta il 50%, molti
commentatori hanno cominciato a dover fare i conti seriamente con
Grillo e il suo “MoVimento”. Per loro sarà preziosa la “radiografia” del
M5S tentata da Pucciarelli, anche con brevi profili dei principali
protagonisti, emersi nelle elezioni degli ultimi anni in alcune regioni
importanti, da Favia a Bono, alla Federica Salsi a Pizzarotti.
Pucciarelli ha colto anche alcune dinamiche che possono aprire serie
contraddizioni una volta che l’M5S sarà obbligato a confrontarsi con la
necessità di un programma nazionale e di un meccanismo di selezione ed
esclusione dei candidati, non facile in un contesto di crescita
impetuosa che non ha nulla che vedere con quello che ha permesso i
successi di Parma e di città ben più piccole, dove – si chiamasse Meetup
o circolo - operava di fatto un
nucleo di amici affiatati, persone comuni che di politica conoscevano
poco, ma erano legati da un rifiuto della “politica realmente
esistente”, e da un desiderio sincero di un cambiamento. Erano
affascinati dalla capacità di Grillo di parlare in modo efficace alla
gente comune e dalla sua capacità di sbeffeggiare il ceto politico a
tutti i livelli, a partire da quello locale, dove era facile “scoprire” e
denunciare le malversazioni che in realtà tutti conoscevano, ma su cui
per ragioni varie tutti tacevano.
Ma a livello nazionale, che fare? Comprensibile (e giusto, soprattutto
in una prima fase) il rifiuto di alleanze, convergenze, accordi anche
tattici: in fondo è la stessa tattica di Syriza, cresciuta proprio
rifiutando ogni accordo con i partiti responsabili della crisi e
complici dei burocrati europei che l’hanno aggravata dicendo di curarla.
Ma poi, sarà possibile sottrarsi alla necessità di pronunciarsi sulle
scelte politiche delle altre forze? Grillo aveva detto più volte che
prima o poi avrebbe avuto il 100%, ma era ovviamente una battuta per
evitare di pronunciarsi troppo presto.
Tra l’altro il libro di Pucciarelli permette di capire che la proposta
di candidare Di Pietro alla presidenza della repubblica non era solo
provocatoria, ma nasceva da una lunga vicinanza all’IDV: ad esempio al
momento delle ultime elezioni europee, Grillo aveva indicato due
candidati più o meno indipendenti presenti nelle liste dell’IDV, Sonia
Alfano e Luigi De Magistris. E per anni Gianroberto Casaleggio aveva
curato anche il sito-blog di Antonio Di Pietro. Probabilmente non solo
come consulenza “tecnica”…
Interessante la ricostruzione delle ragioni della proposta,
sconcertante e contestata da diversi eletti del M5S, di negare il
diritto di cittadinanza ai figli di immigrati anche se nati in Italia:
una proposta lasciata poi cadere, senza ritrattarla, e che si spiega con
l’attenzione alla crisi evidente della Lega Nord. Un’attenzione che ha
dato i suoi frutti: il primo sindaco conquistato dal M5S è a Sarego, in
provincia di Vicenza, ma anche a Verona il MoVimento ha raggiunto un
ottimo 9,32%, a Monza il suo candidato ottiene il 9,52, a Belluno il
10,92, a Saonara il 18%, ecc. Del caso di Parma si è parlato molto ma va
sottolineato che Pizzarotti ha potuto vincere polverizzando non solo il
PdL ma anche la Lega, scesa d’altra parte in quasi tutto il nord
dell’11,5% rispetto alle regionali del 2010.
Dopodichè si è registrato quello che Pucciarelli definisce un
tentativo di “assalto alla diligenza”, mentre un post sul sito veneto
del MoVimento ha parlato di “trombati della Lega all’assalto delle 5
stelle”. E in effetti l’ex consigliera di Vicenza Franca Equizi,
cacciata nel 2005 dalla Lega, ha provato quest’anno – senza riuscirci - a
riciclarsi come “grillina”.
Ma l’attacco è concentrico: si è fatto avanti perfino Willer Bordon,
che per oltre venti anni ha attraversato da deputato un grande numero di
partiti riuscendo ad averne finalmente uno tutto suo solo nel 2008
(“Consumatori uniti”, che raccolse lo 0,25% dei voti). Partito dal PCI
(con doppia tessera al partito radicale), era stato con Mario Segni, Di
Pietro, Dini ecc. Un paio di volte è stato ministro (con D’Alema e
Amato). Non si sa se lo accetteranno, ma ha cominciato a intervenire sul
blog di Grillo. Io lo eviterei accuratamente…
Il problema è che la selezione dei candidati attraverso il web può
funzionare quando il movimento è circoscritto territorialmente e
soprattutto quando è piccolo e non fa gola a nessuno, ma può essere
difficile quando si tratta di coprire l’intero territorio nazionale,
scegliendo candidati tra un gran numero di aspiranti in parte
sconosciuti. Tanto più che il web di per sé non fa miracoli, o meglio
può farli per chi sa manipolarlo bene. Christian Abbondanza della Casa
della Legalità di Genova ha spiegato che “con un semplice programma di
Linux è possibile creare da un solo pc ben 199 IP: vale a dire, uno da
solo può farsi in casa 200 tessere, 200 teste che eventualmente possono
spostare voti interni a un candidato piuttosto che a un altro”. E a chi
obietta che per iscriversi occorre anche una copia di un documento di
identità, gli scettici ricordano che basterebbe Photoshop per
falsificare un po’ di documenti…
D’altra parte la circolazione di conoscenze ed esperienze dirette di
singoli attivisti del M5S in altre città o province è stata ostacolata
dal divieto di costruire organizzazioni nazionali e anche coordinamenti
tra diversi territori (è per questo che Valentino Tavolazzi venne
privato della possibilità di usare il logo, e messo al bando anche a
Parma quando il neo sindaco Pizzarotti lo aveva proposto come direttore
generale del Comune). Quindi è praticamente inevitabile che l’ultima
parola sulle liste spetti al solo Grillo, insieme naturalmente
all’inseparabile Casaleggio. E sui programmi? Nessuno dei due leader
indiscussi ha una solidissima cultura politica. Ma il fatto che ogni
giorno 14 milioni di italiani si colleghino a Facebook rappresenta un
dato nuovo dai risultati imprevedibili.
Lo scrittore Wu Ming2 in un’intervista a Giuliano Santoro, autore del libro Un Grillo qualunque
ha sottolineato il significato di alcune sconfitte elettorali del M5S,
ad esempio nei comuni della Val Susa, nella Vicenza del No Dal Molin, a
Milano al momento della campagna di Pisapia, nella Napoli di De
Magistris: evidentemente i Cinque Stelle si trovano in difficoltà di
fronte a un movimento territoriale forte, e alla candidatura di outsider
che non permettono di puntare sullo slogan “Grillo contro La Casta”.
Giuliano Santoro ha condiviso l’analisi, precisando solo che in Val di
Susa il risultato debolissimo c’era stato solo nelle elezioni comunalii,
mentre alle regionali molti avevano fatto la scelta di
votare Grillo invece dei partiti della fu sinistra, come “scelta tattica
da parte di una parte di un movimento autonomo e autorevole e ben
radicato”. D’altra parte Grillo aveva parlato per primo delle ragioni
contro l’Alta Velocità, quando non ne parlava quasi nessuno fuori della
valle. Localmente però i 5S non rappresentavano nulla in paragone al
lungo e paziente lavoro dei sindaci e dei militanti della valle. A
livello regionale invece, inutile dimenticarlo, diedero un notevole
contributo alla meritata sconfitta dell’arrogante governatrice PD
Mercedes Bresso.
Sintomatico che per qualche tempo dopo l’apparizione di Monti sulla
scena politica, Grillo era rimasto spiazzato, perché il nuovo presidente
utilizzava due o tre dei suoi argomenti preferiti. Non era “né di
destra né di sinistra”, commissariava la politica, e si faceva
presentare come contrapposto alla “Casta”. Per questo Grillo il 24
novembre 2011 era arrivato a scrivere al “cittadino Monti” una lettera
piena di suggerimenti anche giusti, come il rispetto della volontà
popolare espressa nei referendum. Ma gli chiedeva anche di tagliare le
province, o i contributi all’editoria, e di riportare sotto la gestione
statale le concessioni autostradali (chissà perché non l’ILVA-Italsider o
le telecomunicazioni?), e di “rifarsi ai francescani”. Il consiglio più
importante era però quello di “rivolgersi direttamente agli italiani”. E
Grillo concludeva:
Se
non può farlo, le consiglio di lasciare l’incarico. Ripetere gli stessi
errori e nefandezze dei politici che l’hanno preceduta non le farebbe
onore. Le chiedo un incontro per illustrarle il programma del M5S. spero
in una risposta positiva.
L’apertura di credito, e le illusioni di poter influenzare quello che
si è confermato rapidamente come il più feroce capo di governo
dell’Italia repubblicana, sono durate poche settimane. Ma rivelano un
problema reale: la modestissima cultura politica di Grillo, che non a
caso aveva avuto qualche simpatia iniziale per Berlusconi (nel 1994
aveva dichiarato che lo avrebbe votato) mentre Casaleggio aveva flirtato
con la Lega. Ad esempio appoggiare o proporre i tagli alle province
significa non capire l’operazione governativa: i risparmi saranno
insignificanti, perché sarebbe difficile eliminare del tutto le loro
funzioni essenziali (edilizia scolastica e strade provinciali) anche se
spostate ad altra megaprovincia o alla regione, mentre in pratica è
stato eliminato il loro carattere elettivo, primo passo verso altre
soluzioni autoritarie. E i contributi all’editoria non sono solo quelli
truffaldini al finto Avanti di Lavitola o ai giornali di inesistenti
partiti monarchici, ma anche quelli a preziosi strumenti informativi di
pubblica utilità.
Poi il fatto che praticamente tutti i partiti in parlamento, pur
criticandolo, hanno sostenuto Monti accettando passivamente tutti i
diktat della BCE, ha determinato la svolta di Grillo e ha creato gli
spazi per il boom elettorale delle amministrative di maggio, e delle
elezioni siciliane di ottobre. Tuttavia la forza principale del M5S non è
in quello che dice o non dice Grillo, ma in quello che fanno e dicono
gli esponenti di tutti i partiti rappresentati in parlamento, che hanno
ulteriormente aumentato con la loro ipocrisia sulle finte misure
“anticasta” la loro forza repellente.
Una parte del libro è dedicata a ridicolizzare le solenni cantonate
dei giornali “benpensanti” che hanno regolarmente pontificato sul
“grillismo” senza cercare di capire come mai cresceva e si rafforzava.
C’è un’antologia di titoli aberranti: “Grillo e il medioevo della
ragione”, oppure “Grillo cuore di destra”, “Il mago Otelma
dell’antipolitica”, hanno scritto, con effetti assolutamente
controproducenti, da “l’Unità” al “Giornale”. Questo, probabilmente,
renderà il libro – che non asseconda minimamente questo stile - più
accettabile ai militanti che giustamente mal sopportano quel tipo di
critiche preconcette. Mentre di critiche franche il M5S ha molto
bisogno, ad esempio per superare i dubbi creati dal ruolo singolare di
Casaleggio, che non sarà l’uomo occulto dei “poteri forti, dalla
massoneria al Bilderberg, alla Golman Sachs” (è lui stesso a respingere
queste insinuazioni), ma indubbiamente è un esperto in comunicazione e
marketing, titolare di un’impresa nata come costola del gruppo Telecom
di Tronchetti Provera e della Pirelli, e che ha avuto tra i suoi
dirigenti fino al settembre 2012 Enrico Sassoon, non solo giornalista
del confindustriale “il Sole 24 ore”, ma anche presidente o
amministratore delegato di molte aziende, da “Leading Events” e “Global
Trends”, alla “American Chamber of Commerce in Italy”, una specie di
lobby che ha “lo scopo di sviluppare e favorire le relazioni economiche,
culturali e politiche tra gli Stati Uniti e l’Italia, di promuovere e
tutelare gli interessi dei propri associati nell’ambito dell’attività di
business tra i due paesi…” Un associazione nel cui “board of directors”
Sassoon siede accanto all’ambasciatore USA David Thorne, a Cesare
Romiti, a Veronica Squinzi, figlia di Giorgio, presidente di
Confindustria, di Giuseppe Cattaneo, senior advisor to the Chairman
dell’Aspen Institute, e tanti altri personaggi dello stesso calibro.
Dell’Aspen Institute (da molti complottisti considerato peggio del club
Bilderberg) Sassoon è membro del comitato esecutivo, insieme a Mario
Monti, Romano Prodi, Fedele Confalonieri, Gianni Letta, Emma Marcegaglia
e diversi altri pezzi da Novanta.
Sassoon dimettendosi dalla Casaleggio Associati, ha tenuto a
sottolineare che non ha mai avuto rapporti con il M5S, “con il quale
intrattiene rapporti il solo Casaleggio”, e che lascia la società
“perché i suoi interessi personali e professionali sono altrove, ma
anche per spezzare il filo delle speculazioni interessate”. E ha
insistito nella polemica con chi parla di “poteri forti”. Ma “i legami
di Sassoon sono talmente chiari e documementati – scrive Pucciarelli –
che far finta di niente sarebbe stata un’omissione scorretta”. In
particolare per la partecipazione al “tavolo Aspen”, attorno al quale
“discutono leader del mondo industriale, economico, finanziario
politico, sociale culturale in condizioni di assoluta riservatezza e di libertà espressiva”. Pucciarelli commenta: “dibattito a porte chiuse, in assoluta riservatezza. Insomma campioni della moderna democrazia”.
Riprendendo un’inchiesta di Pietro Orsatti su MicroMega Pucciarelli si
domanda: “Ora Grillo parla quasi esclusivamente di politica e di
politici. E dov’è finito il ‘messaggio’ della prima ora, quello della
lotta contro il ‘signoraggio monetario’? Se qualcuno sulla rete dei
Meetup o nei commenti sul blog di Grillo pone l’interrogativo si vedrà
cancellare o non pubblicare la propria opinione […] Dopo tutto le regole
della ‘moderazione’ sul web le detta chi mette in rete una determinata
piattaforma o sito. Funziona così ovunque, funziona così anche sul sito
di Grillo. Certi argomenti, determinate domande non compaiono…”
A parte il “signoraggio” (tematica ambigua che forse non è male che
sia caduta), il problema c’è. Le nuove responsabilità impongono la
definizione di un vero programma al posto dell’elenco confuso e
affastellato di misure di diverso peso che c’è oggi. Ma sarà possibile
solo attraverso una consultazione veramente democratica, non filtrata da
un personaggio come Casaleggio, a cui nessuno rimprovererebbe il
pensiero esoterico e le singolari previsioni sul futuro dell’umanità nei
prossimi decenni, se non avesse nel movimento un potere così illimitato
e sottratto a qualsiasi controllo. Le critiche ai suoi metodi non
nascono dal confronto con un astratto modello, ma dalla preoccupazione
che l’eccessiva centralizzazione possa provocare assai presto
lacerazioni e crisi nel movimento, di cui, su temi solo apparentemente
marginali, ci sono stati già i primi preavvisi. Se fosse così, la
crescita del M5S risulterebbe effimera, e alla fine sarebbe servita solo
a gettare nel panico gli esponenti della vecchia politica.
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