di Giovanni Cattaruzza
Nel
silenzio assordante dei media nazionali ed internazionali in Messico è
in corso una carneficina che, ora dopo ora, ci parla di morti ammazzati
nelle piazze e sulle barricate in mezzo alle autostrade del sud del
paese.
Possiamo affermare che gli stati di Chiapas e Oaxaca sono stati attaccati,invasi e occupati dall’esercito della Repubblica e dalla polizia federale.
Lo sciopero dei maestri e del settore dell’educazione sta lasciando sull’asfalto un saldo di morti e feriti che ha tutte le caratteristiche di una vera e propria guerra dichiarata dallo Stato contro la sua stessa popolazione.
Per come sono cominciate, le proteste contro la riforma educativa e l’applicazione delle riforme strutturali hanno avuto come protagonista il magisterio,(il sindacato della scuola), rappresentato soprattutto nel paese dalle combattive e storiche Seccion XXII di Oaxaca e Seccion 7 di Tuxtla Gutierrez.
A molti media esteri, senza considerare quelli messicani che sono completamente controllati dal partito di governo, il PRI, la rinata conflittualità fra scuola e Stato è sembrata la stessa battaglia ciclica fra maestri e governo che molti pensavamo chiusa nel 2006 dopo il fallimento dell’esperienza della comune di Oaxaca e della APPO: una questione contrattuale fra sindacati e Stato.
Tuttavia, col passare dei giorni, gli scioperi, le marce, i presìdi, si sono trasformati in una vera e propria insurrezione popolare che sta coinvolgendo intere città e comunità. Dal settore pubblico a quello ospedaliero a quello campesino-indigeno fino a padri e madri di famiglia, l’opposizione alle privatizzazioni del pacchetto di riforme pensate dal governo di Enrique Pena Nieto e al nuovo attacco del neoliberalismo messicano è diventata generale.
La reazione del governo alla sollevazione nel sud del paese è stata quella di rifiutare ogni piano di dialogo e di procedere al licenziamento di migliaia di maestri oltre che al dispiegamento di esercito e polizia per reprimere con brutalità le manifestazioni.
Il sindacato contando sull’appoggio massivo delle famiglie, del settore pubblico,delle comunità indigene e della società civile, sfiancata dalla violenza del NarcoStato, non ha mollato di un millimetro, scegliendo, al contrario, di raddoppiare gli sforzi per costringere il governo a ritirare le riforme.
Non siamo riusciti a contare quanti blocchi stradali, cortei, assemblee e accampate hanno attraversato e attraversano il paese in questo periodo.
Vedendo crescere nel paese il consenso ai maestri, in una fase di ennesima spoliazione delle risorse statali a favore del capitale transnazionale, il governo decide, il 12 giugno di incarcerare i leader del sindacato, Rubén Núñez Ginés e Francisco Villalobos Ricardez fabbricando per entrambi reati di furto e riciclaggio che non hanno mai commesso, e di trasferirli immediatamente in un carcere di massima sicurezza a Hermosillo, stato di Sonora nel nord del paese.
Esplode la rabbia a Oxaca e migliaia di maestri cominciano ad organizzarsi per raggiungere Città del Messico per il 14 giugno, data per cui è prevista una megamarcia sul centro città per esigere la cancellazione delle riforme, la scarcerazione dei leader sindacali e la cessazione delle violenze sui manifestanti nel paese da parte di esercito e polizia.
Intanto il governo continuando con la logica della lotta al nemico interno richiama migliaia di soldati che vengono inviati in Chiapas a tentare di riportare l’ordine a Tuxtla Gutierrez, dove i maestri della Seccion 7 stanno paralizzando la città bloccando entrate ed uscite autostradali, occupando le sedi delle radio pubbliche e private e reagendo con determinazione alla violenza della polizia federale.
Agli angoli delle strade alunne delle elementari mangiano ghiaccioli e cantano “ Maestro campesino maestro proletario, insegnami il cammino del rivoluzionario”.
Il calore di Tuxtla è asfissiante quasi quanto gli elicotteri della polizia federale che gasano dall’alto ma la CNTE (Confederación Nacional Trabajadores Educación) non molla di un millimetro nè qui nè a Oaxaca e anzi si ingrossano i contingenti di maestri e di organizzazioni che dalla comunità indigene dei due stati raggiungono le capitali.
Da Tuxtla il 14 giugno partono 3500 maestri su 32 autobus per raggiungere il D.F ma vengono tutti fermati all’entrata della città dalla polizia federale. La manifestazione a Città del Messico è imponente e tenta di entrare nel centro città ma il governo schiera muri di blindati e di federali per impedire al corteo di entrarvi. Le sedi delle televisioni intanto sono presidiate dalla polizia.
Un maestro a Tuxtla mi dice “ Ci vogliono ammazzare tutti, ma noi siamo pronti a morire. E ogni giorno saremo di più ”
Sul fronte Oaxaca il governo decide, ancora una volta, che è l’ora del pugno di ferro e un numero impressionante fra federali e soldati viene inviato nello stato per dare una lezione alla Seccion XXII.
Qui succede una cosa che stravolge completamente i piani del governo.
Le comunità che circondano la città di Oaxaca per impedire l’arrivo della polizia federale nella città della APPO, bloccano le strade che portano a Oaxaca con camion, tronchi di alberi e tutto quello che trovano. Teotitlan, San Gabrile Mixtepec, Santa Caterina Juquila, Jamiltepec, Tlaxiaco, Mihuatlan, Salina Cruz, San Pedro Tapanatepec, Juchitan de Zaragoza y Matias Romero: tutte le strade e autostrade che portano alla capitale vengono occupate e vengono innalzate barricate per fermare la polizia: I due stati di Oaxaca e Chiapas sono isolati dal resto del Paese.
Dopo giorni e giorni di blocchi il governo decide nella giornata del 19 di inviare con gli aerei i federali a ristabilire l’ordine. Nel giardino del governatore priista di Nochixtlán atterrano le colonne di poliziotti che mitra alla mano fanno fuoco sulla folla e uccidono 6 persone ne feriscono 51 e ne arrestano 21 mentre gli ospedali vengono chiusi e presidiati dalle forze armate per impedire alle persone di andarsi a fare medicare.
Superati i blocchi il governo decide un blackout controllato per favorire l’entrata in città delle colonne e mentre nello Zocalo si rinforzano le barricate e si preparano le molotov per difendersi da un altro massacro, Oaxaca resta al buio e i federali , scortati dagli aerei che sorvolano i palazzi entrano in città.
Pallottole e ambulanze si rincorrono mentre arrivano grazie a Telegram, Whats up e i mezzi di informazione indipendenti le notizie dei morti, le foto della polizia che spara , le liste delle persone scomparse da Nochixtlan e i movimenti dei federali.
In Chiapas Il 95% dei 75mila professori sta scioperando da un mese per l'abrogazione della cosiddetta riforma educativa; “cosiddetta” perché di educativo non vi è nulla. Si tratta dell'ennesimo tentativo di privatizzare l'educazione, acutizzare le gia enormi differenze fra classi e nel contempo addomesticare e ridurre al silenzio un settore, quello della scuola, che in Messico rappresenta da sempre la principale forza di opposizione al neoliberalismo e alle sue barbarie messe in atto dalla dittatura sanguinaria del PRI.
Il movimento dei maestri anzi che essere stato piegato è un’altra volte luce nelle lotte.
Come nelle parole dell’EZLN, dal comunicato Appunti sulla guerra contro i maestri in resistenza (L’Ora del Poliziotto 3): “a quanto pare, la massiccia campagna mediatica contro i docenti che resistono, è fallita. Il movimento di resistenza contro la riforma dell’istruzione è diventato uno specchio per sempre più persone-persone (cioè non quelle delle organizzazioni sociali e politiche, ma la gente comune).Come se si fosse risvegliato un senso collettivo di urgenza nei confronti della tragedia imminente. Come se ogni colpo di manganello, ogni lacrimogeno, ogni proiettile di gomma, ogni mandato di arresto, fossero slogan eloquenti: “oggi ha attaccato lei, o lui; domani sarai tu. ”
Con un coraggio e una resistenza che hanno dell'incredibile, i maestri sono in sciopero da 36 giorni, insegnando fuori dalle aule, sulle barricate, che un’altro Messico esiste gia.
E’ notte.
Contiamo i nostri morti sulle chat dei telefonini e controlliamo queste maledette liste degli ospedali mentre Oaxaca è sotto assedio, al buio e gli aerei sorvolano la notte.
fonte
Possiamo affermare che gli stati di Chiapas e Oaxaca sono stati attaccati,invasi e occupati dall’esercito della Repubblica e dalla polizia federale.
Lo sciopero dei maestri e del settore dell’educazione sta lasciando sull’asfalto un saldo di morti e feriti che ha tutte le caratteristiche di una vera e propria guerra dichiarata dallo Stato contro la sua stessa popolazione.
Per come sono cominciate, le proteste contro la riforma educativa e l’applicazione delle riforme strutturali hanno avuto come protagonista il magisterio,(il sindacato della scuola), rappresentato soprattutto nel paese dalle combattive e storiche Seccion XXII di Oaxaca e Seccion 7 di Tuxtla Gutierrez.
A molti media esteri, senza considerare quelli messicani che sono completamente controllati dal partito di governo, il PRI, la rinata conflittualità fra scuola e Stato è sembrata la stessa battaglia ciclica fra maestri e governo che molti pensavamo chiusa nel 2006 dopo il fallimento dell’esperienza della comune di Oaxaca e della APPO: una questione contrattuale fra sindacati e Stato.
Tuttavia, col passare dei giorni, gli scioperi, le marce, i presìdi, si sono trasformati in una vera e propria insurrezione popolare che sta coinvolgendo intere città e comunità. Dal settore pubblico a quello ospedaliero a quello campesino-indigeno fino a padri e madri di famiglia, l’opposizione alle privatizzazioni del pacchetto di riforme pensate dal governo di Enrique Pena Nieto e al nuovo attacco del neoliberalismo messicano è diventata generale.
La reazione del governo alla sollevazione nel sud del paese è stata quella di rifiutare ogni piano di dialogo e di procedere al licenziamento di migliaia di maestri oltre che al dispiegamento di esercito e polizia per reprimere con brutalità le manifestazioni.
Il sindacato contando sull’appoggio massivo delle famiglie, del settore pubblico,delle comunità indigene e della società civile, sfiancata dalla violenza del NarcoStato, non ha mollato di un millimetro, scegliendo, al contrario, di raddoppiare gli sforzi per costringere il governo a ritirare le riforme.
Non siamo riusciti a contare quanti blocchi stradali, cortei, assemblee e accampate hanno attraversato e attraversano il paese in questo periodo.
Vedendo crescere nel paese il consenso ai maestri, in una fase di ennesima spoliazione delle risorse statali a favore del capitale transnazionale, il governo decide, il 12 giugno di incarcerare i leader del sindacato, Rubén Núñez Ginés e Francisco Villalobos Ricardez fabbricando per entrambi reati di furto e riciclaggio che non hanno mai commesso, e di trasferirli immediatamente in un carcere di massima sicurezza a Hermosillo, stato di Sonora nel nord del paese.
Esplode la rabbia a Oxaca e migliaia di maestri cominciano ad organizzarsi per raggiungere Città del Messico per il 14 giugno, data per cui è prevista una megamarcia sul centro città per esigere la cancellazione delle riforme, la scarcerazione dei leader sindacali e la cessazione delle violenze sui manifestanti nel paese da parte di esercito e polizia.
Intanto il governo continuando con la logica della lotta al nemico interno richiama migliaia di soldati che vengono inviati in Chiapas a tentare di riportare l’ordine a Tuxtla Gutierrez, dove i maestri della Seccion 7 stanno paralizzando la città bloccando entrate ed uscite autostradali, occupando le sedi delle radio pubbliche e private e reagendo con determinazione alla violenza della polizia federale.
Agli angoli delle strade alunne delle elementari mangiano ghiaccioli e cantano “ Maestro campesino maestro proletario, insegnami il cammino del rivoluzionario”.
Il calore di Tuxtla è asfissiante quasi quanto gli elicotteri della polizia federale che gasano dall’alto ma la CNTE (Confederación Nacional Trabajadores Educación) non molla di un millimetro nè qui nè a Oaxaca e anzi si ingrossano i contingenti di maestri e di organizzazioni che dalla comunità indigene dei due stati raggiungono le capitali.
Da Tuxtla il 14 giugno partono 3500 maestri su 32 autobus per raggiungere il D.F ma vengono tutti fermati all’entrata della città dalla polizia federale. La manifestazione a Città del Messico è imponente e tenta di entrare nel centro città ma il governo schiera muri di blindati e di federali per impedire al corteo di entrarvi. Le sedi delle televisioni intanto sono presidiate dalla polizia.
Un maestro a Tuxtla mi dice “ Ci vogliono ammazzare tutti, ma noi siamo pronti a morire. E ogni giorno saremo di più ”
Sul fronte Oaxaca il governo decide, ancora una volta, che è l’ora del pugno di ferro e un numero impressionante fra federali e soldati viene inviato nello stato per dare una lezione alla Seccion XXII.
Qui succede una cosa che stravolge completamente i piani del governo.
Le comunità che circondano la città di Oaxaca per impedire l’arrivo della polizia federale nella città della APPO, bloccano le strade che portano a Oaxaca con camion, tronchi di alberi e tutto quello che trovano. Teotitlan, San Gabrile Mixtepec, Santa Caterina Juquila, Jamiltepec, Tlaxiaco, Mihuatlan, Salina Cruz, San Pedro Tapanatepec, Juchitan de Zaragoza y Matias Romero: tutte le strade e autostrade che portano alla capitale vengono occupate e vengono innalzate barricate per fermare la polizia: I due stati di Oaxaca e Chiapas sono isolati dal resto del Paese.
Dopo giorni e giorni di blocchi il governo decide nella giornata del 19 di inviare con gli aerei i federali a ristabilire l’ordine. Nel giardino del governatore priista di Nochixtlán atterrano le colonne di poliziotti che mitra alla mano fanno fuoco sulla folla e uccidono 6 persone ne feriscono 51 e ne arrestano 21 mentre gli ospedali vengono chiusi e presidiati dalle forze armate per impedire alle persone di andarsi a fare medicare.
Superati i blocchi il governo decide un blackout controllato per favorire l’entrata in città delle colonne e mentre nello Zocalo si rinforzano le barricate e si preparano le molotov per difendersi da un altro massacro, Oaxaca resta al buio e i federali , scortati dagli aerei che sorvolano i palazzi entrano in città.
Pallottole e ambulanze si rincorrono mentre arrivano grazie a Telegram, Whats up e i mezzi di informazione indipendenti le notizie dei morti, le foto della polizia che spara , le liste delle persone scomparse da Nochixtlan e i movimenti dei federali.
In Chiapas Il 95% dei 75mila professori sta scioperando da un mese per l'abrogazione della cosiddetta riforma educativa; “cosiddetta” perché di educativo non vi è nulla. Si tratta dell'ennesimo tentativo di privatizzare l'educazione, acutizzare le gia enormi differenze fra classi e nel contempo addomesticare e ridurre al silenzio un settore, quello della scuola, che in Messico rappresenta da sempre la principale forza di opposizione al neoliberalismo e alle sue barbarie messe in atto dalla dittatura sanguinaria del PRI.
Il movimento dei maestri anzi che essere stato piegato è un’altra volte luce nelle lotte.
Come nelle parole dell’EZLN, dal comunicato Appunti sulla guerra contro i maestri in resistenza (L’Ora del Poliziotto 3): “a quanto pare, la massiccia campagna mediatica contro i docenti che resistono, è fallita. Il movimento di resistenza contro la riforma dell’istruzione è diventato uno specchio per sempre più persone-persone (cioè non quelle delle organizzazioni sociali e politiche, ma la gente comune).Come se si fosse risvegliato un senso collettivo di urgenza nei confronti della tragedia imminente. Come se ogni colpo di manganello, ogni lacrimogeno, ogni proiettile di gomma, ogni mandato di arresto, fossero slogan eloquenti: “oggi ha attaccato lei, o lui; domani sarai tu. ”
Con un coraggio e una resistenza che hanno dell'incredibile, i maestri sono in sciopero da 36 giorni, insegnando fuori dalle aule, sulle barricate, che un’altro Messico esiste gia.
E’ notte.
Contiamo i nostri morti sulle chat dei telefonini e controlliamo queste maledette liste degli ospedali mentre Oaxaca è sotto assedio, al buio e gli aerei sorvolano la notte.
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