involuzione

involuzione
Poche cose abbiamo imparato dalla storia all'infuori di questa: che le idee si condensano in un sistema di ortodossia, i poteri in una forma gerarchica e che ciò che può ridare vita al corpo sociale irrigidito è soltanto l'alito della libertà, con la quale intendo quella irrequietezza dello spirito, quell'insofferenza dell'ordine stabilito, quell'aborrimento di ogni conformismo che richiede spregiudicatezza mentale ed energia di carattere.
Io sono convinto che se non avessimo imparato dal marxismo a vedere la storia dal punto di vista degli oppressi, guadagnando una nuova immensa prospettiva sul mondo umano, non ci saremmo salvati. O avremmo cercato riparo nell'isola della nostra interiorità o ci saremmo messi al servizio dei vecchi padroni. Ma tra coloro che si sono salvati, solo alcuni hanno tratto in salvo un piccolo bagaglio dove, prima di buttarsi in mare, avevano deposto, per custodirli, i frutti più sani della tradizione intellettuale europea: l'inquietudine della ricerca, il pungolo del dubbio, la volontà del dialogo, lo spirito critico, la misura nel giudicare, lo scrupolo filologico, il senso della complessità delle cose.
Norberto Bobbio

sabato 19 marzo 2011

Le lezioni di economia del “Fatto quotidiano”

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Ho già osservato che il Fatto quotidiano ha appaltato ai neoliberisti del sito NoiseFromAmerika la costruzione di una visione economica per l’area politica al quale la testata si rivolge. La nuova sinistra che così si va coagulando attorno alla testata può finalmente conoscere l’ardita e inedita teoria della mano invisibile del mercato che sistema tutti gli impicci e gli imbrogli dell’economia nazionale mentre ognuno di noi pensa felicemente ai casi suoi. Se Federico Caffè e Claudio Napoleoni fossero ancora tra noi chissà se Padellaro gli permetterebbe di scrivere un paio di colonne sul giornale che dirige…
Comunque ieri Michele Boldrin (membro del collettivo di NoiseFromAmerica ) ha scritto sul giornale un articolo di attacco a Giulio Tremonti e ancora più all’informazione economica del nostro paese. Concordo con la sostanza del pezzo, anche quando viene censurata la mania della sinistra di promettere che vivremo tutti nel paese dei balocchi quando avremo finalmente sconfitto l’evasione fiscale (come se l’evasione fiscale avesse qualcosa a che fare con l’anchilosi di tutte le strutture della nostra economia ).
Dati però gli intenti pedagogici del duo Padellaro/Boldrin verso la sinistra sovietizzante del nostro paese mi sento autorizzato a isolare un brano dell’articolo che, invece, non scorre via tanto pacificamente.
Ora, dovete sapere che negli ambienti neoliberisti esiste l’idea che la speculazione non esista, e che quando si parla di speculazione in realtà ci si riferisce a ordinari fenomeni di mercato. Voi potreste pensare che la speculazione sui mercati obbligazionari è quel fenomeno per cui uno stato vede aumentare gli interessi sul suo debito pubblico per ragioni che non hanno a che fare con la sua solvibilità reale, ma piuttosto con vulnerabilità del sistema che grandi operatori in grado di muovere enormi quantità di “hot money” possono sfruttare in modi preclusi a tutti gli altri. Ma no, vi sbagliate. Sui mercati obbligazionari, e su tutti gli altri, ognuno ha quello che si merita, e tanto meno le contrattazioni sono regolamentate tanto più la giustizia divina può fare il suo corso senza intralci.
Nell’articolo di Boldrin si insinua il dubbio che vi sia una relazione tra speculazione e aumento tendenziale dei prezzi. Riporto il suo pensiero
Poiché per ogni acquisto “speculativo” deve esserci una vendita, può spiegare, signor ministro [si rivolge a Tremonti], in che modo gli speculatori creano “carovità”, ovvero spingono tendenzialmente in alto i prezzi?
L’argomento è talmente formidabile che leggendo quasi mi dimenticavo che nell’universo in cui viviamo gli aumenti tendenziali dei prezzi esistono davvero, e che quando hanno luogo non vi è alcuna sospensione delle transazioni, ossia acquisti e vendite continuano a esserci e a corrispondersi di amorosi sensi. L’aumento del prezzo—sia quando vi è speculazione sia quando non vi è — non sembra affatto correlato all’esistenza o al numero delle transazioni ma solo al livello del prezzo in cui domanda e offerta si incotrano. Se non vi sono meccanismi di forte ponderazione nella formazione dei listini di borsa può ben accadere che un aumento delle quotazioni si accompagni a una contrazione del volume degli scambi; a Piazza Affari funziona proprio così. Di conseguenza la natura consustanziale di acquisti e vendite non prova affatto l’arbitrarietà del concetto di speculazione, che non ha alcun bisogno di essere messo tra virgolette come fa Boldrin.
Infine, la speculazione non si attua necessariamente attraverso la trasmissione di ordini di borsa. Si può speculare semplicemente assentandosi dal mercato, come accade ad esempio quando ci si astiene dal vendere una determinata merce proprio per farne aumentare il prezzo, magari dopo previa provvista a prezzi bassi (ciò che una volta si chiamava accaparramento). Sulle borse di commodity accade continuamente, e in passato oscillazioni del 10-15% sulle derrate alimentari contrattate a Chicago — con effetti disastrosi sui paesi del terzo mondo bisognosi di grano e riso — erano facilmente imputabili a logiche speculative di questo tipo.
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