Nasce Diaspora, il social network libero
Il mondo virtuale di Internet rispecchia in pieno ogni pregio e difetto del mondo reale.
Al giorno d’ oggi il Web permette di svolgere quasi ogni attività, dalla compravendita di prodotti alla condivisione di filmati e documenti, oppure può offrire luogo di incontro tra utenti di diverse realtà, permettendo scambio reciproco e diffusione di notizie.
Per questi ed altri motivi possiamo considerare il Web una vera innovazione sociale oltre che tecnologica, che se sfruttata al meglio può davvero diventare strumento utile per lo sviluppo sociale. Tuttavia, così come nel mondo fisico, dove vi è la possibilità di rivolgersi ad un vasto e vario pubblico la macchina dell’ economia non perde l’ occasione di scendere in piazza, rendendo così anche la rete soggetta alle dure leggi del capitalismo e del business.
Ed è così che sono venute a sorgere le prime discussioni in merito di diritti d’ autore, software proprietario, e tutte quelle pratiche giuridiche-economiche in ambito informatico nate per scopi lucrativi e che finiscono per danneggiare la macchina culturale che è Internet.
A dimostrazione di ciò basti pensare al recente acquisto di Skype da parte della Microsoft Corporation, che molti pensano potrebbe portare all’ estinzione della versione Linux del famoso software per la comunicazione VOIP.
Di soluzioni a questi problemi ne conosciamo tante, come appunto il sistema operativo Linux gratuito e open source o i nuovi progetti in termini di copyleft e libertà digitali; ma ciò che forse ancora sconosciute ai più e poco divulgate sono le problematiche recenti nate nel mondo dei Social Network.
Facebook è secondo le stime il secondo sito più visitato al mondo dopo Google e può vantare la bellezza di 500 milioni di utenti iscritti (se fosse un Paese sarebbe il terzo per popolazione dopo India e Cina).
Come ben sappiamo la famosa azienda fondata da Mark Zuckerberg offre un servizio di iscrizione gratuita e la possibilità di gestire un profilo con foto, video e fattorie di animali senza spendere neanche un soldo; la domanda quindi sorge spontanea: come fa Facebook a finanziare gli enormi costi dovuti innanzitutto alla manuntenzione dei galattici server contenenti quasi 3 miliardi di foto e a pagare tanti impiegati quanti la metà della popolazione italiana, considerando che il fatturato registrato l’ anno scorso è stato di ben 1.1 miliardi di dollari?
Secondo recenti ricerche la risposta sta in un accordo stipulato tra il colosso informatico e le aziende di marketing, alle quali vengono venduti i nostri dati personali e altre informazioni su di noi per utilizzarli nella creazione di campagne pubblicitarie a seconda del target.
Pochi sanno infatti, che secondo i termini del contratto di iscrizione al servizio, all’ accettarlo l’ utente da a Facebook l’ esclusiva proprietà di tutte le informazioni e le immagini che vengono pubblicate; inoltre Facebook viene autorizzato non solo all’ uso ma anche al trasferimento a terzi dei nostri dati sensibili; e dato che il 90% della popolazione al momento di un iscrizione online non legge il contratto, Facebook può vendere questi dati senza altro nostro consenso.
Oltre ai dati personali inoltre, più volte è stato riscontrato che alcune applicazioni quali sondaggi o simili sono create dalle stesse aziende allo scopo di ottenere l’ informazione da loro richiesta. Ovviamente la maggior parte delle volte Facebook ha ribadito che non era a conoscenza del fatto, scaricando la colpa sulle aziende.
Da notare è anche il fatto che una volta iscritti non abbiamo modo di re-impadronirci dei nostri dati, nemmeno con la cancellazione dell’ account, perchè questo non permette l’ eliminazione totale dei dati, che rimarranno immagazzinati per sempre sui server di Facebook fin quando essi lo riterranno necessario.
Per far fronte a questi problemi è nato Diaspora, un nuovo social network ideato da studenti della New York University, il cui obiettivo è creare un sistema decentrato e sucuro, contribuendo a proteggere la privacy degli utenti e con un software libero e open source.
L’ innovazione di Diaspora sta proprio nel suo funzionamento, infatti ogni conputer su cui Diaspora sarà installato diventerà un “pod” indipendente, e il nostro profilo con le nostre informazioni personali rimarranno sulla nostra macchina senza venir divulgate ad altri senza il nostro consenso.
Inoltre se vogliamo o se non abbiamo la possibilità di creare un server nostro potremo fare affidamento a server terzi di nostra “fiducia” su cui installare i nostri profili.
Ora però Diaspora è ancora in fase di test, perciò non disponibile a tutti gli utenti; almeno fino a quando questa fase si condluderà e allora sarà disponibile a tutti.
In Italia alcuni ragazzi dell’ università di Pisa stanno contribuendo a questo progetto, per esempio nell’ implementazione di servizio VOIP sul social network (tra l’ altro non presente neanche su Facebook). Inoltre per chi volesse provare questa fase alfa di Diaspora può farlo registrandosi a http://diaspora.eigenlab.org/.
Contribuire a questi progetti (con la semplice iscrizione o partecipando attivamente) significa sostenere quello sviluppo sociale e tecnologico che è lontano dai riflettori della moda e del business, ma nel quale non essendo sottoposti alle politiche di mercato si può lavorare per il semplice scopo che è la ricerca di conoscenza dedita al progresso scientifico, morale ed umano.
fonte
Al giorno d’ oggi il Web permette di svolgere quasi ogni attività, dalla compravendita di prodotti alla condivisione di filmati e documenti, oppure può offrire luogo di incontro tra utenti di diverse realtà, permettendo scambio reciproco e diffusione di notizie.
Per questi ed altri motivi possiamo considerare il Web una vera innovazione sociale oltre che tecnologica, che se sfruttata al meglio può davvero diventare strumento utile per lo sviluppo sociale. Tuttavia, così come nel mondo fisico, dove vi è la possibilità di rivolgersi ad un vasto e vario pubblico la macchina dell’ economia non perde l’ occasione di scendere in piazza, rendendo così anche la rete soggetta alle dure leggi del capitalismo e del business.
Ed è così che sono venute a sorgere le prime discussioni in merito di diritti d’ autore, software proprietario, e tutte quelle pratiche giuridiche-economiche in ambito informatico nate per scopi lucrativi e che finiscono per danneggiare la macchina culturale che è Internet.
A dimostrazione di ciò basti pensare al recente acquisto di Skype da parte della Microsoft Corporation, che molti pensano potrebbe portare all’ estinzione della versione Linux del famoso software per la comunicazione VOIP.
Di soluzioni a questi problemi ne conosciamo tante, come appunto il sistema operativo Linux gratuito e open source o i nuovi progetti in termini di copyleft e libertà digitali; ma ciò che forse ancora sconosciute ai più e poco divulgate sono le problematiche recenti nate nel mondo dei Social Network.
Facebook è secondo le stime il secondo sito più visitato al mondo dopo Google e può vantare la bellezza di 500 milioni di utenti iscritti (se fosse un Paese sarebbe il terzo per popolazione dopo India e Cina).
Come ben sappiamo la famosa azienda fondata da Mark Zuckerberg offre un servizio di iscrizione gratuita e la possibilità di gestire un profilo con foto, video e fattorie di animali senza spendere neanche un soldo; la domanda quindi sorge spontanea: come fa Facebook a finanziare gli enormi costi dovuti innanzitutto alla manuntenzione dei galattici server contenenti quasi 3 miliardi di foto e a pagare tanti impiegati quanti la metà della popolazione italiana, considerando che il fatturato registrato l’ anno scorso è stato di ben 1.1 miliardi di dollari?
Secondo recenti ricerche la risposta sta in un accordo stipulato tra il colosso informatico e le aziende di marketing, alle quali vengono venduti i nostri dati personali e altre informazioni su di noi per utilizzarli nella creazione di campagne pubblicitarie a seconda del target.
Pochi sanno infatti, che secondo i termini del contratto di iscrizione al servizio, all’ accettarlo l’ utente da a Facebook l’ esclusiva proprietà di tutte le informazioni e le immagini che vengono pubblicate; inoltre Facebook viene autorizzato non solo all’ uso ma anche al trasferimento a terzi dei nostri dati sensibili; e dato che il 90% della popolazione al momento di un iscrizione online non legge il contratto, Facebook può vendere questi dati senza altro nostro consenso.
Oltre ai dati personali inoltre, più volte è stato riscontrato che alcune applicazioni quali sondaggi o simili sono create dalle stesse aziende allo scopo di ottenere l’ informazione da loro richiesta. Ovviamente la maggior parte delle volte Facebook ha ribadito che non era a conoscenza del fatto, scaricando la colpa sulle aziende.
Da notare è anche il fatto che una volta iscritti non abbiamo modo di re-impadronirci dei nostri dati, nemmeno con la cancellazione dell’ account, perchè questo non permette l’ eliminazione totale dei dati, che rimarranno immagazzinati per sempre sui server di Facebook fin quando essi lo riterranno necessario.
Per far fronte a questi problemi è nato Diaspora, un nuovo social network ideato da studenti della New York University, il cui obiettivo è creare un sistema decentrato e sucuro, contribuendo a proteggere la privacy degli utenti e con un software libero e open source.
L’ innovazione di Diaspora sta proprio nel suo funzionamento, infatti ogni conputer su cui Diaspora sarà installato diventerà un “pod” indipendente, e il nostro profilo con le nostre informazioni personali rimarranno sulla nostra macchina senza venir divulgate ad altri senza il nostro consenso.
Inoltre se vogliamo o se non abbiamo la possibilità di creare un server nostro potremo fare affidamento a server terzi di nostra “fiducia” su cui installare i nostri profili.
Ora però Diaspora è ancora in fase di test, perciò non disponibile a tutti gli utenti; almeno fino a quando questa fase si condluderà e allora sarà disponibile a tutti.
In Italia alcuni ragazzi dell’ università di Pisa stanno contribuendo a questo progetto, per esempio nell’ implementazione di servizio VOIP sul social network (tra l’ altro non presente neanche su Facebook). Inoltre per chi volesse provare questa fase alfa di Diaspora può farlo registrandosi a http://diaspora.eigenlab.org/.
Contribuire a questi progetti (con la semplice iscrizione o partecipando attivamente) significa sostenere quello sviluppo sociale e tecnologico che è lontano dai riflettori della moda e del business, ma nel quale non essendo sottoposti alle politiche di mercato si può lavorare per il semplice scopo che è la ricerca di conoscenza dedita al progresso scientifico, morale ed umano.
fonte
Nessun commento:
Posta un commento