involuzione
Poche cose abbiamo imparato dalla storia all'infuori di questa: che le idee si condensano in un sistema di ortodossia, i poteri in una forma gerarchica e che ciò che può ridare vita al corpo sociale irrigidito è soltanto l'alito della libertà, con la quale intendo quella irrequietezza dello spirito, quell'insofferenza dell'ordine stabilito, quell'aborrimento di ogni conformismo che richiede spregiudicatezza mentale ed energia di carattere.
Io sono convinto che se non avessimo imparato dal marxismo a vedere la storia dal punto di vista degli oppressi, guadagnando una nuova immensa prospettiva sul mondo umano, non ci saremmo salvati. O avremmo cercato riparo nell'isola della nostra interiorità o ci saremmo messi al servizio dei vecchi padroni. Ma tra coloro che si sono salvati, solo alcuni hanno tratto in salvo un piccolo bagaglio dove, prima di buttarsi in mare, avevano deposto, per custodirli, i frutti più sani della tradizione intellettuale europea: l'inquietudine della ricerca, il pungolo del dubbio, la volontà del dialogo, lo spirito critico, la misura nel giudicare, lo scrupolo filologico, il senso della complessità delle cose.
Norberto Bobbio
Io sono convinto che se non avessimo imparato dal marxismo a vedere la storia dal punto di vista degli oppressi, guadagnando una nuova immensa prospettiva sul mondo umano, non ci saremmo salvati. O avremmo cercato riparo nell'isola della nostra interiorità o ci saremmo messi al servizio dei vecchi padroni. Ma tra coloro che si sono salvati, solo alcuni hanno tratto in salvo un piccolo bagaglio dove, prima di buttarsi in mare, avevano deposto, per custodirli, i frutti più sani della tradizione intellettuale europea: l'inquietudine della ricerca, il pungolo del dubbio, la volontà del dialogo, lo spirito critico, la misura nel giudicare, lo scrupolo filologico, il senso della complessità delle cose.
Norberto Bobbio
sabato 27 agosto 2011
lunedì 22 agosto 2011
Per sapere se uno racconta frottole,lascialo parlare,prima o poi si smaschera da solo
Quei ‘buchi grigi’ nella “mappa del debito”…
di Enrico Galoppini
A margine della “catastrofe” del declassamento del debito degli Stati Uniti, domenica 8 agosto il “Corriere della Sera” ha pubblicato una sorta di “mappa del debito”, ovvero una cartina del mondo che evidenziava, con vari colori, il grado di “affidabilità” dei diversi Stati indebitati, secondo quanto dichiarato dalle “agenzie di rating”.In questa sede non c’interessa discutere sul perché o il per come questo o quello Stato stava al vertice o al fondo della delirante classifica, che attribuisce tre A o una D secondo criteri che onestamente ci sfuggono, considerato che Paesi maggiormente indebitati del nostro non sembrano tenuti a procedere con le fatidiche “riforme strutturali”, le “privatizzazioni” e i “tagli” allo Stato sociale (quello che oggi chiamano “welfare”)…
Non c’interessa neppure porre la fatidica domanda “con chi sono indebitati e perché?”, che nessun “economista” osa avanzare sulle pagine degli “autorevoli” quotidiani…
Non ce ne frega niente, inoltre, della valutazione AA+ affibbiata con gran pompa agli Usa (e già ritirata il 16 agosto), perché ci sta che si tratti dell’ennesima sceneggiata in combutta coi loro veri padroni della finanza allo scopo di pompare sangue da noialtri europei a loro sottomessi dal secondo dopoguerra.
Ci preme piuttosto rilevare una cosa che nessun “esperto” intervistato dallo stesso quotidiano ha avuto il buongusto di far notare.
In mezzo ad una minoranza di Paesi tinteggiati con varie sfumature di azzurro, altri di verde ed altri ancora di rosso e di giallo, sulla mappa risultavano alcuni strani ‘buchi grigi’… Stati che S&P, Moody’s e Fitch non possono collocare nella loro rassegna dei polli da spennare semplicemente perché non sono indebitati!
Per un caso del tutto fortuito… quei “buchi grigi” fuori classifica corrispondono esattamente ai cosiddetti “Stati canaglia”: Iran, Siria, Libia, Sudan, Cuba e Corea del Nord… Più altri Paesi africani che evidentemente non meritano nemmeno la lettera D perché di fatto non esistono, essendo dei simulacri di Stati tenuti in piedi giusto per dare una parvenza di legalità al metodico sfruttamento operato dalle cosiddette “multinazionali” ai danni delle risorse che invece apparterrebbero alle popolazioni locali, distolte dal loro problema essenziale tra miseria e conflitti tra bande attizzati ad arte. E poi, cosa mai possono mai “restituire” Paesi già depredati di tutto punto? Meglio battere cassa dove vi è ricchezza da mungere, come in Italia, ad esempio…
Ah, dimenticavo, sulla medesima “mappa del debito” e della relativa capacità di rifonderlo, Israele era colorato di grigio… quindi, deducete voi il perché. Affari di famiglia?
Sono invece indebitati ben bene coi soliti Banca Mondiale, FMI e altri succhiasangue i “Paesi arabi moderati”, come l’Egitto, la Tunisia e la Giordania, e anche le monarchie di cartapesta del Golfo, amiche per la pelle dell’Occidente.
C’è chi ha scritto che una delle motivazioni che hanno indotto l’Occidente all’assalto della Libia - nella quale non si soffriva affatto “la fame”, né aveva aggredito Stati limitrofi – sia stata la brama d’impossessarsi delle enormi riserve auree tesaurizzate nella banca centrale di Tripoli, per non parlare del fatto che la Libia, piena di “valuta pregiata”, stava ormai utilizzando i propri fondi sia per entrare nell’economia occidentale, sia per sostenere progetti di sviluppo continentale in tutto il continente africano, che invece dev’essere eternamente devastato dagli stessi dispensatori di “progresso” che c’impietosiscono di continuo con le immagini di bambini scheletrici con le mosche negli occhi.
Ma la Libia non è “democratica”, che diamine, quindi andava attaccata… Così, oltre a renderci un involontario servizio facendoci comprendere che gli “Stati canaglia” non sono indebitati con l’usura mondialista, il “Corriere della Sera” ha anche plasticamente raffigurato un’altra verità: che “democrazia” significa “indebitamento”.
Una nazione “democratica” è la riduzione di un popolo ad una massa di “indebitati”, che per pagare addirittura gli “interessi sul debito” (il debito non si deve restituire, altrimenti lo strozzino perde il controllo!) dovranno ipotecare la loro stessa terra, i loro figli e la loro anima. Ed i primi che se la sono venduta sono quei delinquenti della “classe dirigente”, quelli coi sorrisi smaglianti delle riunioni a Bruxelles eccetera. Logico che pretendano la stessa cosa dai loro sottoposti, col pretesto del “pareggio di bilancio”.
Le “nazioni democratiche” alla fine diventano tutte uguali: tutti gli stessi stili di vita, tutti le stesse idee in testa, tutti le medesime priorità e scale di valori. Dietro il miraggio infantile della “democrazia”, mai realizzabile, si nasconde il più concreto interesse dei padroni del danaro creato dal nulla, che succhiata dopo succhiata, riducono ad invertebrate intere popolazioni un tempo fiere e orgogliose del loro passato, della loro cultura e religione, del loro essere se stesse.
Quello è il prezzo da pagare per l’indebitamento coi signori del denari creato dal nulla. Il disastro di una nazione, come quello dell’Italia appena cominciato tra le solite grida sconclusionate di chi sa di recitare una parte di un film che non è certo a lieto fine.
fonte
giovedì 18 agosto 2011
NO al referendum porcata contro la legge porcata
Una legge truffa contro la porcata?
di Piemme
di Piemme
«Spero che i referendari riceveranno una sonora legnata. Anzi: la legnata gliela si deve proprio dare. Non solo per perché è un'iniziativa politica deviante. Gliela si deve dare perché se passasse il quesito referendario dal meccanismo porcata avremmo un sistema elettorale antidemocratico non meno truffaldino».
Come sappiamo Di Pietro e Vendola, quindi le loro protesi elettoralistiche, Idv e Sel, hanno lanciato una raccolta di firme per un Referendum popolare allo scopo di abolire la legge elettorale in vigore, più nota come "porcata" —così l'ha definita uno dei suoi architetti, il pittoresco Ministro Calderoli. Lascia come minimo perplessi che mentre il paese rischia di saltare per aria, mentre c'è bisogno di mobilitare i cittadini per bocciare con l'azione le due manovre del governo che avranno conseguenze irreparabili sulla vita di milioni di persone, si sposti l'attenzione su un un problema del tutto secondario come quello della legge elettorale. Che questa sia la prima preoccupazione del settore sinistro (nel doppio significato) della casta dei politicanti, è sintomatico: questi pensano anzitutto ai posti al sole nel Parlamento. Spero riceveranno una sonora legnata.
«Dicono di volere cancellare la legge porcata. Si presentano dunque in modo allettante in quanto il porcellum è una pessima legge elettorale. Quello che non dicono è che i referendum proposti non solo non ripristineranno le preferenze ma accentueranno ancora di più il carattere maggioritario della legge elettorale. Ovvero proseguirà l’esproprio della sovranità popolare e la marginalità del parlamento accentuatasi in questi 17 anni dallo sciagurato referendum Segni-Occhetto ad oggi. Il rimedio è dunque peggiore del male. Per questo si tratta di referendum di regime che non devono assolutamente essere firmati».
Come sappiamo Di Pietro e Vendola, quindi le loro protesi elettoralistiche, Idv e Sel, hanno lanciato una raccolta di firme per un Referendum popolare allo scopo di abolire la legge elettorale in vigore, più nota come "porcata" —così l'ha definita uno dei suoi architetti, il pittoresco Ministro Calderoli. Lascia come minimo perplessi che mentre il paese rischia di saltare per aria, mentre c'è bisogno di mobilitare i cittadini per bocciare con l'azione le due manovre del governo che avranno conseguenze irreparabili sulla vita di milioni di persone, si sposti l'attenzione su un un problema del tutto secondario come quello della legge elettorale. Che questa sia la prima preoccupazione del settore sinistro (nel doppio significato) della casta dei politicanti, è sintomatico: questi pensano anzitutto ai posti al sole nel Parlamento. Spero riceveranno una sonora legnata.
Anzi: la legnata gliela si deve proprio dare. Non solo per perché è un'iniziativa politica deviante. Gliela si deve dare perché se passasse il quesito referendario dal meccanismo porcata avremmo un sistema elettorale antidemocratico non meno truffaldino.
Alfio Nicotra, di Rifondazione, ha oggi rilasciato una giusta dichiarazione:
«Dicono di volere cancellare la legge porcata. Si presentano dunque in modo allettante in quanto il porcellum è una pessima legge elettorale. Quello che non dicono è che i referendum proposti non solo non ripristineranno le preferenze ma accentueranno ancora di più il carattere maggioritario della legge elettorale. Ovvero proseguirà l’esproprio della sovranità popolare e la marginalità del parlamento accentuatasi in questi 17 anni dallo sciagurato referendum Segni-Occhetto ad oggi. Il rimedio è dunque peggiore del male. Per questo si tratta di referendum di regime che non devono assolutamente essere firmati».
E prosegue:
«Dalle nostre parti sono gli amici dell’Idv a proporsi già il 20 agosto nelle piazze per la raccolta delle firme. Non è la prima volta che il partito di Di Pietro si presta purtroppo ad operazioni di populismo formale ma di forte impianto reazionario in termini sostanziali. Era già successo nel 2008 quando l’Idv raccolse le firme per il referendum elettorale di Mariotto Segni (ancora lui) che abrogava la coalizione e conferiva il premio di maggioranza (il 55% dei seggi) al partito più grande. Solo a referendum indetto Di Pietro ha capito che stava tagliando l’albero su cui era seduto e che se fosse passato quel referendum il Pdl da solo avrebbe governato da qui all’eternità. Si arrivò all’assurdo che l’Idv decise di promuovere il boicottaggio del referendum da loro stessi promosso. Adesso ci siamo di nuovo. Si vede che non c’è limite all’autolesionismo. (...)
« Solo la proporzionale può restituire dignità al Parlamento e sovranità al popolo italiano – conclude l’esponente della Fds - se ci fosse stata la proporzionale Berlusconi , che è sempre stato minoranza nel Paese, non sarebbe mai diventato Presidente del Consiglio. E’ ora di uscire fuori dalla sbornia dell’inganno del maggioritario. Vogliamo un Parlamento che rappresenti veramente il Paese e non una caserma asservita alla Banca Centrale Europea e composto da due coalizioni troppo somiglianti l’una all’altra». [1]
« Solo la proporzionale può restituire dignità al Parlamento e sovranità al popolo italiano – conclude l’esponente della Fds - se ci fosse stata la proporzionale Berlusconi , che è sempre stato minoranza nel Paese, non sarebbe mai diventato Presidente del Consiglio. E’ ora di uscire fuori dalla sbornia dell’inganno del maggioritario. Vogliamo un Parlamento che rappresenti veramente il Paese e non una caserma asservita alla Banca Centrale Europea e composto da due coalizioni troppo somiglianti l’una all’altra». [1]
Ora, anche volendo sorvolare sul fatto che occorra “restituire dignità al Parlamento" e non occorra invece ripensare da cima a fondo la Repubblica e i meccanismi di esercizio della sovranità, una domanda a Nicotra è d'obbligo: come mai taci sul fatto che Vendola e Sel sono copromotori assieme a Di Pietro e Idv di questo referendum truffaldino? In ossequio al buon vicinato di sinistra/ta memoria?
martedì 16 agosto 2011
Lo stato italiano complice di omicidio,Kosovo,Iraq,Afghanistan,Libia
Valery Melis morì il 4 febbraio 2004 a ventisette anni. Ora finalmente il Tribunale Civile di Cagliari ha riconosciuto la responsabilità dell’Esercito Italiano nel non aver fatto nulla per proteggere i soldati dall'uranio impoverito, nonostante fosse a conoscenza dei rischi di contaminazione. Un commento
Se si esaminano le aree interessate ai bombardamenti della Nato del 1999 sul Kosovo quella di Peja – Peć è sicuramente una delle più colpite. Nella distruzione generale, i segni dei bombardamenti erano visibili ad occhio nudo perché interessavano gli insediamenti industriali, i depositi, le caserme, le linee di comunicazione.
Nei mesi immediatamente successivi ai 78 giorni di fuoco che portarono all’abbandono della regione da parte dell’esercito serbo-montenegrino si sapeva che gran parte dei bombardamenti della coalizione occidentale avvenivano con missili arricchiti da “uranio impoverito”: 31 mila ogive con queste caratteristiche vennero scaricate in poco più di due mesi su Serbia, Montenegro e Kosovo, in violazione del diritto internazionale ed in particolare dei protocolli della Convenzione di Ginevra del 1977. Fonti delle Nazioni Unite parlarono allora di una quantità pari ad oltre 8 tonnellate di uranio Impoverito riversata su quei Paesi.
Lo sapevano bene le autorità politiche del nostro Paese, come del resto le gerarchie dell’Esercito italiano, ma non venne fatto nulla, né per mettere in guardia la popolazione civile che in quei luoghi ci tornava ad abitare, né per proteggere i soldati italiani che proprio a Peja – Peć avevano (ed hanno) il loro insediamento permanente.
Fra quei ragazzi in divisa c’era Valery Melis, caporalmaggiore di un esercito che, a differenza di altri contingenti militari presenti nella regione, non informò e nemmeno attrezzò i propri uomini al presidio di un territorio che fra le macerie nascondeva l’invisibile insidia dell’uranio impoverito. Non c’erano tute speciali, né maschere e guanti. Persino il tema era tabù, “inutile allarmismo” si diceva.
Melis si ammalò nell’autunno ‘99 e quando nel dicembre di quello stesso anno se ne tornò in Sardegna i noduli sul collo che preoccupavano quel giovane dai lineamenti così dolci presero rapidamente un nome: linfoma di Hodgkin. L’inizio di un calvario, affrontato con straordinaria dignità.
La dignità che invece non ebbero le gerarchie politiche e militari. Perché si può ben dire che si è sbagliato, si possono ammettere le proprie responsabilità, si possono rassegnare le proprie dimissioni. E invece non avvenne niente di tutto questo, a negare ogni evidenza, ovvero la relazione fra l’uranio impoverito e l’insorgere di patologie cancerogene.
Ero a Peja – Peć nel febbraio del 2000, ad accompagnare il processo di trasformazione della presenza trentina in quella parte del Kosovo: dall’emergenza che aveva visto come protagonisti i volontari della protezione civile all’avvio di una fase nuova di cooperazione fra le nostre comunità. Dalla quale nacquero i mille progetti che nei successivi undici anni sono stati implementati (e che ancora oggi proseguono) nell’ambito del "Tavolo Trentino con il Kosovo”.
Decine di incontri, per conoscere e capire prima di agire. Fra questi, quello con il colonnello Di Benedetto, allora comandante del contingente italiano di stanza a Peja – Peć. Nei miei appunti di allora, molte annotazioni sulla presenza militare italiana, sulle attività svolte, sulla formazione riservata ai soldati. Di una di queste ho un nitido ricordo, quando alla mia domanda sulla presenza di uranio impoverito nell’area di Peja - Peć mi rispose un po’ stizzito che si trattava solo di propaganda giornalistica.
Erano le stesse risposte che venivano date nei mesi immediatamente successivi ai bombardamenti ai rappresentanti delle molte Ong ambientaliste internazionali (Greenpeace, WWF, Rec, Focus Project…) che monitoravano quel territorio, ma anche alle agenzie delle Nazioni Unite come Unep, che poi confermarono nei loro rapporti come la situazione di rischio non fosse limitata solo alle aree direttamente colpite.
Solo dopo anni, nel 2007, il Governo italiano riconobbe per la prima volta il rapporto di causa/effetto nella morte di 37 militari (e 255 malati) esposti all’uranio impoverito utilizzato nei sistemi d’arma (dati per altro contestati dall’Osservatorio militare che invece parlava di 164 morti e di 2.500 ammalati). Numeri che con gli anni sono tragicamente cresciuti fino ad una recente ammissione da parte del ministro La Russa che ha parlato di 2.727 patologie neoplastiche riscontrate fra i soldati italiani fino al 31 dicembre 2009.
Valery Melis morì il 4 febbraio 2004 a ventisette anni. Ora finalmente il Tribunale Civile di Cagliari ha riconosciuto la responsabilità dell’Esercito Italiano nel non aver fatto nulla per proteggere i soldati nonostante fosse a conoscenza dei rischi di contaminazione, condannandolo a risarcire i genitori e i fratelli di Valery. “Deve ritenersi - scrive il giudice nella sentenza - che il linfoma di Hodgkin sia stato contratto dal giovane Valery Melis proprio a causa dell'esposizione ad agenti chimici e fisici potenzialmente nocivi durante il servizio militare nei Balcani, atteso che proprio i detriti reperiti nel suo organismo hanno ben più che attendibilmente causato alterazioni gravi alle cellule del sistema immunitario come rilevato con frequenza di gran lunga superiore della media per i militari rientrati dai Balcani”.
Nel 1999 si inaugurò il concetto di “guerra umanitaria”. Venne fatta senza alcun mandato delle Nazioni Unite, bombardando città ed impianti chimici, usando l’uranio impoverito. Che è entrato nella vita (e nelle viscere) di tanta gente che si è ammalata e continua ad ammalarsi di cancro senza fare notizia. Anche di molti ragazzi italiani impegnati nelle “missioni di pace”, soldati come Valery e tante altre vittime di quel veleno invisibile chiamato “uranio impoverito”.
Prima o poi qualcuno dovrà pure chiedere scusa.
* Michele Nardelli è Presidente del Forum trentino per la pace ed i diritti umani
Nei mesi immediatamente successivi ai 78 giorni di fuoco che portarono all’abbandono della regione da parte dell’esercito serbo-montenegrino si sapeva che gran parte dei bombardamenti della coalizione occidentale avvenivano con missili arricchiti da “uranio impoverito”: 31 mila ogive con queste caratteristiche vennero scaricate in poco più di due mesi su Serbia, Montenegro e Kosovo, in violazione del diritto internazionale ed in particolare dei protocolli della Convenzione di Ginevra del 1977. Fonti delle Nazioni Unite parlarono allora di una quantità pari ad oltre 8 tonnellate di uranio Impoverito riversata su quei Paesi.
Lo sapevano bene le autorità politiche del nostro Paese, come del resto le gerarchie dell’Esercito italiano, ma non venne fatto nulla, né per mettere in guardia la popolazione civile che in quei luoghi ci tornava ad abitare, né per proteggere i soldati italiani che proprio a Peja – Peć avevano (ed hanno) il loro insediamento permanente.
Fra quei ragazzi in divisa c’era Valery Melis, caporalmaggiore di un esercito che, a differenza di altri contingenti militari presenti nella regione, non informò e nemmeno attrezzò i propri uomini al presidio di un territorio che fra le macerie nascondeva l’invisibile insidia dell’uranio impoverito. Non c’erano tute speciali, né maschere e guanti. Persino il tema era tabù, “inutile allarmismo” si diceva.
Melis si ammalò nell’autunno ‘99 e quando nel dicembre di quello stesso anno se ne tornò in Sardegna i noduli sul collo che preoccupavano quel giovane dai lineamenti così dolci presero rapidamente un nome: linfoma di Hodgkin. L’inizio di un calvario, affrontato con straordinaria dignità.
Per approfondire
Vai alla pagina dedicata agli approfondimento OBC sul tema uranio impoverito
Visualizza le mappe dei siti bombardati dalla Nato nel 1995 (Bosnia) e 1999 (Serbia, Kosovo e Montenegro)
Vai alla pagina della Commissione parlamentare d'inchiesta sull'uranio impoverito dell'attuale legislatura.
Visualizza le mappe dei siti bombardati dalla Nato nel 1995 (Bosnia) e 1999 (Serbia, Kosovo e Montenegro)
Vai alla pagina della Commissione parlamentare d'inchiesta sull'uranio impoverito dell'attuale legislatura.
Ero a Peja – Peć nel febbraio del 2000, ad accompagnare il processo di trasformazione della presenza trentina in quella parte del Kosovo: dall’emergenza che aveva visto come protagonisti i volontari della protezione civile all’avvio di una fase nuova di cooperazione fra le nostre comunità. Dalla quale nacquero i mille progetti che nei successivi undici anni sono stati implementati (e che ancora oggi proseguono) nell’ambito del "Tavolo Trentino con il Kosovo”.
Decine di incontri, per conoscere e capire prima di agire. Fra questi, quello con il colonnello Di Benedetto, allora comandante del contingente italiano di stanza a Peja – Peć. Nei miei appunti di allora, molte annotazioni sulla presenza militare italiana, sulle attività svolte, sulla formazione riservata ai soldati. Di una di queste ho un nitido ricordo, quando alla mia domanda sulla presenza di uranio impoverito nell’area di Peja - Peć mi rispose un po’ stizzito che si trattava solo di propaganda giornalistica.
Erano le stesse risposte che venivano date nei mesi immediatamente successivi ai bombardamenti ai rappresentanti delle molte Ong ambientaliste internazionali (Greenpeace, WWF, Rec, Focus Project…) che monitoravano quel territorio, ma anche alle agenzie delle Nazioni Unite come Unep, che poi confermarono nei loro rapporti come la situazione di rischio non fosse limitata solo alle aree direttamente colpite.
Solo dopo anni, nel 2007, il Governo italiano riconobbe per la prima volta il rapporto di causa/effetto nella morte di 37 militari (e 255 malati) esposti all’uranio impoverito utilizzato nei sistemi d’arma (dati per altro contestati dall’Osservatorio militare che invece parlava di 164 morti e di 2.500 ammalati). Numeri che con gli anni sono tragicamente cresciuti fino ad una recente ammissione da parte del ministro La Russa che ha parlato di 2.727 patologie neoplastiche riscontrate fra i soldati italiani fino al 31 dicembre 2009.
Valery Melis morì il 4 febbraio 2004 a ventisette anni. Ora finalmente il Tribunale Civile di Cagliari ha riconosciuto la responsabilità dell’Esercito Italiano nel non aver fatto nulla per proteggere i soldati nonostante fosse a conoscenza dei rischi di contaminazione, condannandolo a risarcire i genitori e i fratelli di Valery. “Deve ritenersi - scrive il giudice nella sentenza - che il linfoma di Hodgkin sia stato contratto dal giovane Valery Melis proprio a causa dell'esposizione ad agenti chimici e fisici potenzialmente nocivi durante il servizio militare nei Balcani, atteso che proprio i detriti reperiti nel suo organismo hanno ben più che attendibilmente causato alterazioni gravi alle cellule del sistema immunitario come rilevato con frequenza di gran lunga superiore della media per i militari rientrati dai Balcani”.
Nel 1999 si inaugurò il concetto di “guerra umanitaria”. Venne fatta senza alcun mandato delle Nazioni Unite, bombardando città ed impianti chimici, usando l’uranio impoverito. Che è entrato nella vita (e nelle viscere) di tanta gente che si è ammalata e continua ad ammalarsi di cancro senza fare notizia. Anche di molti ragazzi italiani impegnati nelle “missioni di pace”, soldati come Valery e tante altre vittime di quel veleno invisibile chiamato “uranio impoverito”.
Prima o poi qualcuno dovrà pure chiedere scusa.
* Michele Nardelli è Presidente del Forum trentino per la pace ed i diritti umani
giovedì 11 agosto 2011
Non fidatevi dei predicatori di austerità !!
1. Non fidatevi dei predicatori di austerità, delle agenzie di rating, dei ministri al taglio. Stanno tutti covando le uova delle recessione, con faccia allegra o triste secondo l’entità del debito sovrano di loro pertinenza. Ma con l’identico risultato di strozzare lo sviluppo, accrescere la divaricazione fra chi ha e chi non ha, favorire la speculazione finanziaria. Un abbaglio colossale, che replica quello del 1929 pur in condizioni strutturali diverse, e che avrà per conseguenza un cambiamento internazionale di egemonia a favore delle potenze emergenti del Bric.
2. Della “discontinuità di governo, cioè della rimozione di Berlusconi, non ce ne può fregare di meno. E’ la scusa ufficiale per mollare ogni difesa di classe a favore dell’unità della società civile nella cornice dello Stato tricolore. Agli estremi margini di un Occidente in declino. Sospettiamo che un nuovo governo più centrista e “presidenziale” farebbe ancora di peggio.
3. Di altrettanta molesta irrilevanza risulta la modifica all’art. 41 della Costituzione, che dovrebbe essere sostituito con una “fate quello che cazzo vi pare, se non è espressamente vietato” –ma allora meglio il “vietato vietare” di sessantottina memoria! Introdurre poi un obbligo costituzionale di pareggio del bilancio sembra inutile quanto assurdo, una resa causidica alla logica dell’indebitamento finanziario.
4. Il mantra delle liberalizzazioni e delle privatizzazioni (alias svendita, ai prezzi attuali), fiaccamente contrastato dalla Cgil, è il rilancio fuori tempo di un neoliberismo sfrenato che ci ha portato alla catastrofe e vorrebbe cancellare perfino i frutti delle vittoriose campagne referendarie. A questo punto costruiamo pure le centrali nucleari. Il doppio tuffo sarà inevitabile.
5. Solo i riots metropolitani costituiscono una valida alternativa alla recessione galoppante. Non solo un sintomo, come tutti riconoscono, ma un elemento di resistenza, perché fa valere in modo tumultuario l’opposizione al divario sociale e al blocco dei consumi che è un elemento strutturale della finanziarizzazione. Sono molto più efficaci del suicida pareggio di bilancio per contrastare cause ed effetti della crisi. Agiscono frammentariamente ma potentemente sulla povertà –fra la minaccia redistributiva e l’incentivo keynesiano selvaggio....La logica dei cuts genera quella del looting: il saccheggio è però un incentivo al consumo migliore dei tagli.
6. Le politiche di pareggio del bilancio scatenano il conflitto sezionale all’interno di ogni paese –sezioni di classe o territoriali contro i meno privilegiati (Tea Party negli Usa, Csu bavarese contro Merkel, Lega padana contro il centro-sud, ecc.), mentre i tumulti mobilitano pezzi di classe e di precariato, communities e lavoratori della conoscenza, migranti e insorgenti generazionali contro la governance finanziaria. Tutti costoro, non i poteri forti locali o transnazionali, hanno il diritto e il dovere di commissariare gli ormai incapaci apparati di governo.
7. Con il solito trucco dell’interventismo democratico (ieri Clinton con il Kosovo, oggi Obama con la Libia) tiene per le palle l’Europa e spinge la “sinistra” (ieri D’Alema, oggi Napolitano) a tirare le castagne fuori dal fuoco per conto di altri. Oggi pure pagando di tasca propria, in ossequio all’ideologia del rientro dei deficit. La guerra vicaria subordina l’Europa agli Usa, l’euro al dollaro, in una parodia dell’ormai perduto egemonismo americano.
8. La sovranità moderna e l’obbedienza alle legge sono nate secolarizzando il debito infinito che il senso di colpa alimentava verso il Dio cristiano, il cui Figlio si era sacrificato per redimere l’umanità dal fallo di Adamo. Insomma, dall’obbligo fisico della restituzione forzosa del debito alla colpa metafisica e infine all’obbligazione giuridica. Con la crisi della sovranità si compie il percorso inverso: dalla mistica dell’obbedienza allo Stato alla materialità del debito che sostituisce ogni potere dello Stato, fino a mettere in Costituzione il pareggio del bilancio. I tumulti fanno saltare quel vincolo superstizioso e l’austera brutalità che ne rivela l’intima natura. A riot is the language of the unheard.
9. La sovranità si definisce con il monopolio legale della violenza, con il fatto cioè che è il solo a produrre legge ed esercitare violenza. Il tumulto comincia con il distribuire la violenza, continua con il produrre istituzioni.
10. Fatti i debiti elogi a Tunisia e Siria, evocati ripetutamente piazza Tahrir e i quartieri londinesi, sarà il caso di pensare seriamente alle forme di lotta da adottare in Italia contro la macelleria sociale che è stata avviata con la manovra economica, a rinforzo di una già pesante crisi salariale e occupazionale dell’industria e dei servizi.
fonte
Testimonianza italiani a Tripoli, 8/8/2011
Tripoli 8/8/2011
Tripoli 08-08-2011
“Siamo un gruppo di Italiani arrivati in Libia il 28 luglio, 4 uomini e 4 donne, che vengono come privati e non come membri di un’agenzia, stiamo cercando di fare qualcosa per questa gente, raccontare quanto stiamo vedendo, sensibilizzare i media e provare ad attivare un’azione umanitaria che possa portare viveri e servizi. La situazione a Tripoli al nostro arrivo sembrava buona, dopo un difficile viaggio di attraversamento della frontiera tunisina dal versante di Djerba, siamo arrivati a Tripoli passando dal confine di Ras Ajdir e poi lungo la pericolosa strada costiera verso Sabratha e Tajura.
La situazione al confine mostrava forti tensioni in quanto sia da una parte che dall’altra vi erano file chilometriche di migranti, molti libici rientravano per passare il Ramadan nella loro martoriata terra, altre persone uscivano per rientrare in Tunisia o per provare a fare rifornimento di benzina.
Attualmente il carburante è uno dei problemi più evidenti, i due soli distributori incontrati nel viaggio notturno (circa 300 km) erano letteralmente assediati dalle vetture in attesa della riapertura, ci saranno state 2-3000 auto in attesa per ogni distributore, i libici si danno il cambio, una persona si occupa di 8-9-10 auto, le sposta a mano una ad una avanzando faticosamente di pochi metri ogni ora, probabilmente ci vorranno diversi giorni di attesa per arrivare finalmente alla pompa, sperando che nel frattempo quest’ultima avesse ancora sufficiente riserve di carburante. (Speranza svanita in quanto al rientro non c’erano più file, la benzina era introvabile).
Arrivati nell’albergo dei giornalisti, (Rixos un 5 stelle) l’unico hotel realmente operativo, abbiamo cominciato a percepire le prime bombe, i boati hanno continuato per tutto il periodo, con una piccola tregua tra il 1 ed il 2 agosto, poi sono ripresi più forti che mai. Incredibilmente dopo 2-3 giorni ci abbiamo fatto l’abitudine, il suono delle bombe è diventato una macabra colonna sonora che accompagnava le nostre ore. La gente a Tripoli come nelle città di questa parte del paese: Zuwarah, Surman, Az-Zawiyah, Zlitan ecc… è profondamente colpita, questa guerra ha generato nel popolo un dignitoso senso di unità e collaborazione, si sono organizzati con delle vetture che caricano chi è rimasto a piedi (la maggior parte) chi ha la macchina senza benzina dà un dinaro a chi ha ancora un mezzo marciante, i mezzi pubblici sono praticamente inesistenti, i negozi aperti cominciano ad essere pochi,cominciano a scarseggiare viveri e beni di prima necessità.
La Nato continua a bombardare, colpisce obbiettivi militari ed a volte “sbagliando?!” anche civili; tra gli obbiettivi degli ultimi giorni ci sono purtroppo anche importanti servizi civili: centrali elettriche, condotte, mezzi di informazione, la città rimane spesso senza luce ed acqua. Il bombardamento sistematico nulla ha a che vedere con la no” fly-zone”, ad ogni modo quest’ultima qualora fosse stata eseguita correttamente sarebbe stata comunque priva di ogni fondamento giuridico non essendo applicabile a conflitti interni.
Il 31 luglio è stata bombardata anche la Tv libica,con lei è stata bombardata la libertà di informazione dopo poche ore di buio il segnale è tornato, la NATO ha giustificato il bombardamento delle antenne (sono morte 3 persone e ferite 15) dicendo che le immagini incitavano alla violenza. Invece noi le abbiamo viste: le immagini riportavano gente che manifestava, documenti di guerra, interviste, tg, propaganda politica ed ogni tanto qualche soap opera o spot pubblicitario.
Dal primo agosto in Libia si festeggia il Ramadan e si pratica il digiuno, non si mangia ne’ si beve dalle 5 del mattino alle 8 di sera circa, quando la sera si aprono i frigoriferi si trova solo merce che si sta o è già deteriorata, 2 giorni senza corrente a 35-37 gradi significa mandare tutto in malora. Da lontano non è possibile capire cosa vi sia dietro queste difficoltà: dove non c’è benzina per andare a comprare provviste dove i supermercati si svuotano sempre piu’ e le scorte si deteriorano per mancanza di elettricità…dietro a tutto questo ci sono persone che prima stavano bene ed ora hanno una vita distrutta, ci sono bambini piccoli che non hanno più il latte, malati di diabete che non possono tenere al fresco l’insulina… (piccoli concreti esempi a cui non si pensa da lontano).
Purtroppo la risoluzione ONU 1973 sembra che comprenda e preveda anche il ridurre un popolo allo stremo così che non possa attaccare o difendersi in quanto privo di sostentamenti, “stremato” per l’appunto. I più deboli, bimbi ed anziani sono i più colpiti, la gente fa del tutto per far vedere che la normalità continua, il venerdì le spiagge si riempiono mentre sopra nel cielo si sentono inquietanti ronzii di caccia che scorrazzano indisturbati sopra le loro teste, l’aviazione e la marina sono state annientate dai raid Nato così che passeggiare in volo su Tripoli è un tranquillo gioco da ragazzi. L’unica difesa ora è l’artiglieria leggera, il popolo ha kalashnikov distribuiti a milioni.
Dopo la preghiera la gente scende nelle piazze e grida tutta la sua rabbia guardando in cielo gli aerei delle forze alleate che per nulla impietositi continuano la loro opera di ”protezione dei civili” .
Il 4 agosto una parte del mio gruppo è rientrato in Italia, la situazione si sta facendo troppo pericolosa, ieri anche mia moglie Yvonne è rientrata, sono rimasto solo in quanto sto cercando di organizzare alcune pratiche burocratiche per l’invio di viveri, medicinali e carburante.
Non essendo partito con gli altri ho il problema del viaggio di ritorno, la auto del protocollo che ci hanno dato una mano in questi giorni sono impegnate, sembra sia arrivata una delegazione dell’Onu che è qui per vedere come sta andando l’azione di “intervento umanitario”
Il 3 agosto sono andato insieme ai giornalisti a Zlitan, il giorno prima in una conferenza stampa il portavoce libico Mussa Ibrahim ci aveva detto che si poteva andare l’indomani a fare una visita in questa città che dista pochi km da Misurata e dal fronte, lungo la strada solita desolazione e carenza di servizi. Appena arrivati abbiamo notato diverse abitazioni e strutture abbattute, in una c’era ancora tanta gente che protestava e sostava sulle macerie, sembra siano morte 4 persone, 2 bambini la madre e la nonna, l’obbiettivo un professore che dicono fosse amico della famiglia del leader e “sembra” si sia salvato, le bombe hanno colpito la casa all’alba, qualcuno dice che la casa fosse troppo bella per un professore, quindi una specie di subdola legittimazione del bombardamento e dell’assassinio. Proseguiamo, dovevamo andare a visitare un ospedale, ci fanno deviare, sembra ci sia un funerale di alcune persone morte all’alba, arriviamo in una specie di moschea dimessa, all’interno ci sono alcune centinaia di persone che pregano, in fondo alla sala 3 bare in fila vengono colpite da raggi di sole che le attraversando le inferriate disegnano un tragico mosaico di luci. Finita la preghiera la gente si avvicina alle bare, aprono i lenzuoli che nascondevano gli orrori, scorgiamo le figure terribilmente oltraggiate di 2 bambini ed un adulto, ci sono due uomini che piangono più degli altri, uno è il padre, l’altro è il fratello di una delle vittime, i volti di quelle piccole vittime sono terrificanti, qualche giornalista si fa scappare qualche lacrima, questa è la guerra, questo è quanto non vedranno mai dai loro aerei i piloti che sparano pensando di portare aiuto ma che spesso scaricano solo morte e devastazione. Aspettiamo che la gente seppellisca queste povere vittime, al termine vediamo che il fratello di uno di queste spara in alto con un mitra, sembra voler far uscire dalla canna tutta la sua devastazione emotiva e l’odio verso chi li sta massacrando, guarda il cielo e grida qualcosa in arabo, non so cosa dica ma tutti possono immaginare: “guardate cosa avete fatto, che colpa hanno queste creature, perche ci odiate? Perche non ci lasciate in pace?”.
Rientrando , passiamo davanti ad una scuola, totalmente devastata dalla bombe, chiedo ad un bambino se sa perchè è stata colpita, mi risponde scherzando che è stato Ibrahim che la ha abbattuta perche’ non voleva andare a scuola…, poi anziché ridere della propri battuta mi guarda con rancore perchè ha capito che sono italiano, si gira e se ne va senza più voltarsi.
La scuola è stata colpita alle 5.30 del mattino, qualche giornalista ci dice che colpiscono in quelle ore perchè sanno che i bambini non sono ancora sui banchi.. Ribatto: -“ ma perchè una scuola?” La risposta è preoccupante: -“perchè qui si potrebbero nascondere delle truppe o soldati del regime che riposano durante la notte non potendolo fare tranquillamente nelle caserme CHE SONO facile bersaglio dei raid aerei.”
Ciò significa che tutto è lecito, che se si bombarda una scuola, un ospedale pediatrico, una moschea… si può sempre dire che è un intervento lecito…
Sono certo che il regime libico possa attuare anche questi mezzi, chi può biasimarli, mandare i suoi uomini a rifocillarsi in caserme dove gli aeri alleati non aspettano altro che siano riuniti per farli fuori tutti non è certamente una buona idea, pensano che in una scuola non saranno mai colpiti… quindi è il cane che si morde la coda, il regime pensa di usare siti civili per poter provare a difendersi e la NATO che li bombarda perchè ha l’ordine di difendere gli uni uccidendo gli altri.
Questa è la guerra, intanto noi italiani, i francesi, gli inglesi, gli americani ed ovviamente i loro Presidenti, si preparano ad andare in vacanza, fa nulla se quando torniamo saranno morti altri migliaia di militari e civili libici, “la guerra si doveva fare e la facciamo, ma non parliamo dei civili morti, pensiamo che la nostra guerra è contro Gheddafi, lui è antipatico, quindi se facciamo capire che la guerra è contro di lui va bene”.
Come sostengono molte autorevoli voci , la Nato ha già perso questa guerra e con lei la faccia quando milioni di persone sono scese in piazza contro questo intervento e a favore del Leader, possono cercare di nascondere tutto questo al mondo con l’aiuto dei media che filtrano e censurano ciò che non deve arrivare ma prima o poi la verità uscirà fuori.
Se la gente vede le facce di questi innocenti, forse potrebbe capire che tanto buoni non siamo e che questa guerra si doveva evitare e si deve fermare prima che vada a morire anche il nostro ultimo briciolo di dignità.
Alessandro Londero
fonte
lunedì 8 agosto 2011
La diabolica truffa del sistema bancario
Da: Plokamos
Secondo la nostra Costituzione, lo Stato, come emanazione politica del Popolo, ha il potere e il dovere costituzionale di esercitare la sovranità politica e monetaria nell'interesse supremo dei cittadini dai quali ha ricevuto il mandato popolare.
L’articolo 1 della Costituzione al comma 2 stabilisce che “La Sovranità appartiene al Popolo, (anche se) la esercita nelle forme e nei limiti stabiliti dalla costituzione.”
Allora è del tutto evidente che se il Popolo è Sovrano, di fatto dovrebbe esercitare la sua sovranità anche e sopratutto sulla emissione della propria moneta!
Allora è del tutto evidente che se il Popolo è Sovrano, di fatto dovrebbe esercitare la sua sovranità anche e sopratutto sulla emissione della propria moneta!
Infatti la maggior parte delle persone è convinta che il nostro denaro sia emesso per decreto dal governo o dalla zecca dello Stato. Purtroppo però le cose non stanno assolutamente così.
In realtà lo Stato ha consentito alla Banca Centrale, controllata da privati, di esercitare in sua vece il potere sovrano di creare moneta e gestire il credito, di conseguenza le banche hanno acquisito il monopolio sull’emissione della moneta e attraverso la gestione “privatistica” del credito e il controllo del debito pubblico, determinano e condizionano il sistema monetario e quindi: il destino economico del nostro paese.
Attualmente il nostro sistema bancario è in mano a un ristretto gruppo di banchieri privati che, in perfetta sintonia e complicità con la classe politica corrotta e attraverso vari sotterfugi istituzionali, è riuscito ad assumere il totale controllo sull’emissione della moneta divenendo di fatto proprietario e gestore di tutto il denaro in circolazione.
Questo colossale inganno ha permesso al sistema bancario privato di acquisire il monopolio sulla creazione della moneta trasformando il Popolo da Sovrano in eterno “debitore” e schiavo di questo sistema bancario fondato sulla truffa monetaria del Signoraggio primario e secondario.
È fondamentale capire che il Signoraggio è lo strumento utilizzato dai banchieri per imporre ai popoli il proprio dominio ed è praticamente sconosciuto alla stragrande maggioranza delle persone che a causa di questa “ignoranza”, voluta e programmata dallo stesso potere bancario, lo subisce passivamente.
Uno Stato, defraudato della propria Sovranità monetaria, non può dirsi davvero Indipendente e Sovrano e un Popolo, privato della sua moneta, automaticamente cessa di essere libero e diventa schiavo di chiunque, al di fuori del popolo stesso, detenga il monopolio dell'emissione monetaria.
Il meccanismo del Signoraggio è maledettamente geniale proprio per la sua diabolica semplicità.
La B.C.E. (Banca Centrale Europea), per conto della Banca d'Italia, mette in circolazione le euro/banconote stampate a costo zero “prestandole” agli Stati, in cambio di titoli del tesoro (B.O.T o C.C.T) ma attenzione: non “accreditando” bensì “addebitando” agli stati sovrani, ovvero cedendo le banconote non al costo tipografico ma al valore nominale (50, 100, 500 euro), gravandole poi degli interessi, al tasso che la stessa Banca Centrale decide in totale autonomia e senza alcun reale controllo da parte delle istituzioni pubbliche.
Tutti possono “prestare” il proprio denaro, ad esclusione della Banca Centrale di emissione poiché non ne ha la proprietà.
Alla banca centrale, infatti, appartiene solamente il valore intrinseco della banconota che è pari al suo costo di produzione (carta e inchiostro).
Le banche però sono autorizzate a mettere in circolazione denaro senza valore in virtù di leggi e provvedimenti di comodo approvati in parlamento dai politici compiacenti se non direttamente coinvolti nella colossale truffa del Signoraggio.
Le banche però sono autorizzate a mettere in circolazione denaro senza valore in virtù di leggi e provvedimenti di comodo approvati in parlamento dai politici compiacenti se non direttamente coinvolti nella colossale truffa del Signoraggio.
Inoltre, questo è possibile grazie alle direttive impartite dal famigerato, nonché incostituzionale, “Trattato di Maastricht”, (trattato sulla moneta unica europea) entrato in vigore il 1° novembre 1993.
La Banca Centrale Europea, quando “fabbrica” una qualunque banconota, sostiene un costo materiale di soli 0.3 centesimi di euro.
La differenza tra il costo di stampa e il valore facciale delle banconote viene comunemente definito “Reddito da Signoraggio”e viene attribuito alla Banca Centrale per la sua funzione di emissione.
Ad esempio: su un biglietto da 100 la Banca Centrale incamera 100 euro più gli interessi, diciamo del 2,50%, meno il costo di produzione di circa 3 centesimi, perciò il guadagno da Signoraggio per la banca è pari a euro 102.47, che in parte vanno ad incrementare il debito pubblico e in parte vengono incassati come interessi dalla stessa Banca Centrale.
Ora non rimane che moltiplicare questa semplice operazione contabile per il valore totale delle banconote in circolazione e si avrà l’entità reale della truffa monetaria che la B.C.E./Banca d'Italia realizza frodando lo Stato “consenziente” e truffando tutti i cittadini pressoché ignari dell’inganno.
In effetti, la Banca Centrale Europea non è altro che una normalissima “tipografia” ma si comporta e trae cospiqui benefici dalla stampa delle banconote come se fosse “proprietaria della moneta” !!!
Questo espediente contabile procura alla Banca Centrale e ai suoi azionisti privati enormi profitti che andrebbero perlomeno tassati dal fisco!
Gli utili reali però vengono “occultati” attraverso semplici e collaudati artifici contabili.
In effetti si falsificano i bilanci, iscrivendo nelle poste passive il “valore nominale” delle banconote in circolazione e nell’attivo il controvalore dei titoli di stato avuti in cambio dal Ministero del Tesoro, ottenendo così un finto “pareggio di bilancio” che produce l’occultamento della maggior parte del reddito da Signoraggio.
La banca per regola dovrebbe iscrivere nelle passività solo il costo di produzione delle banconote in circolazione e non il valore nominale, così facendo si avrebbe, per un biglietto da 100 euro, una passività di 0,3 centesimi e non di 100 euro e nelle attività si registra giustamente il valore “nominale” dei titoli di stato emessi dal Tesoro cioè 100 euro perché questo è l'introito effettivo a fronte dei titoli che la banca realizza (più gli interessi).
Ecco come si occultano gli utili di bilancio.
In altri termini, un credito cioè il titolo di stato del valore di 100 euro viene pareggiato con il controvalore nominale della banconota da 100 euro che in realtà è costato alla banca solo 0,3 centesimi perciò: 100 (banconota) meno 100 (titolo di stato) = (falso) pareggio di bilancio. Il calcolo corretto dovrebbe essere invece: 100 (titolo di stato) meno 0,3 cent. (costo banconota) = guadagno 99,70 più interessi.
Il falso in bilancio consiste nel dichiarare come reddito solo gli interessi, che sono decine di miliardi di euro all’anno, ma allora come andrebbero contabilizzati in bilancio i 1.900 miliardi di debito pubblico che in larghissima parte gli italiani hanno contratto con la Banca Centrale e più in generale col sistema bancario nazionale e internazionale?
Quindi i conti non tornano, infatti non vengono tassati dal fisco i 99,70 euro più gli interessi bensì solo gli interessi (meno le spese) e, visto che gli importi occultati sono davvero notevoli, la Banca Centrale, falsificando il proprio bilancio, ottiene enormi e illeciti profitti anche dalla conseguente evasione fiscale.
Quanto poi alle banconote in circolazione, non si possono considerare un debito per la Banca Centrale, lo sarebbero se la stessa emettesse moneta a fronte di una riserva aurea, ma così non è dal 1971 con l’abolizione degli accordi di Breton Wood, da allora infatti tutte le Banche Centrali emettono moneta creandola dal nulla, cioè senza riserva, insomma…cartastraccia.
In Italia la Banca Centrale di emissione è denominata “Banca d’Italia” ma in realtà non è “pubblica” o “dello Stato” come ingenuamente è indotta a credere la gente comune, sopratutto per la generica ma ingannevole definizione di “Istituto di diritto pubblico” contenuta nel suo statuto.
La banca d’Italia in pratica è e si comporta come una S.p.A. ed è gestita da privati e anche se continua ad apparire a tutti come “la Banca Centrale dello Stato Italiano”, in realtà Bankitalia è “di fatto privata” perché controllata per il 90%, attraverso “le quote”, dalle maggiori banche private italiane e da alcune grandi Assicurazioni come “Le Generali” e solamente il 5% di quote è posseduto dall’INPS come “ente pubblico” (più una parte trascurabile dall’I.N.A.I.L.).
Tutto questo è in contrasto con quanto stabiliva lo stesso Statuto di Bankitalia che all’Art. 3, recitava: “in ogni caso dovrà essere assicurata la permanenza della partecipazione maggioritaria al capitale da parte di Enti pubblici”.
Il 16 dicembre 2006 il Governo Prodi approva una modifica dell’Art. 3 dello Statuto, che ora recita così: “il trasferimento delle quote avviene, su proposta del Direttorio, nel rispetto dell’autonomia e dell’indipendenza dell’Istituto”. Cioè la Banca stessa decide chi può detenere le quote/azioni, sia esso pubblico o privato, senza dover rendere conto di nulla a nessuno.
Se la Banca Centrale non fosse stata di fatto “privatizzata” e fosse lo Stato ad emettere la “nostra moneta”, il cosiddetto “reddito da Signoraggio” tornerebbe allo Stato e non sarebbe sottratto al Popolo sotto forma di interessi sul tristemente famoso “debito pubblico”.
Lo Stato Italiano infatti è oberato da un debito pubblico che ormai supera 1.900 miliardi di euro proprio a causa di questo perverso indebitamento statale in larga parte nei confronti della Banca Centrale e per pagare gli interessi sul debito pubblico, il governo tassa impunemente i cittadini, il lavoro, i servizi, i beni primari e tutto ciò che è tassabile.
La triste realtà è che i cittadini italiani sono costretti a sborsare, su questo debito pubblico inventato da politici e banchieri, oltre 80 miliardi di euro di interessi all’anno, estorti dal Governo con l’imposizione fiscale e attraverso il prelievo forzoso di innumerevoli tasse e odiose gabelle.
In definitiva, è allo Stato che spetta il compito di emettere “tutta” la nostra moneta.
Se fossimo Cittadini e non sudditi, dovremmo opporci attivamente contro lo strapotere delle banche e questa classe politica corrotta, il paese avrà pure diritto a un Governo in cui il cittadino si riconosca pienamente e non lo avverta invece come una “minaccia”, come una presenza aliena, ostile ed estranea. Sarebbe troppo pretendere un governo in grado di esercitare la propria Sovranità politica e monetaria nell'interesse sovrano del Popolo ?
Ma la parte peggiore della faccenda è che solo il 10% della massa monetaria è costituito da denaro fisico, ossia banconote emesse dalla B.C.E. e monete metalliche coniate dallo Stato.
Il restante 90% della moneta viene messo in circolazione dalle banche ordinarie o commerciali, sotto forma di “credito”, ovvero “denaro virtuale”: assegni, carte di credito e cifre sulla memoria informatica di un computer, cioè moneta fittizia/fasulla perché senza copertura, che non costa nulla alla banca ma che trasforma i cittadini, solo perché obbligati a spendere questa moneta “privata”, in eterni schiavi del debito ma, in compenso, fa diventare ricchi e potenti gli adoratori del dio denaro.
Ora è chiaro che il denaro viene letteralmente creato dal nulla dalle banche, infatti sulla base degli accordi interbancari di Basilea 2, le suddette banche “ordinarie” o “commerciali” si sono date come regola quella di detenere come riserva obbligatoria “a garanzia” soltanto il 2% dei depositi per poi prestare il restante 98% ad altri clienti, ma si badi bene, non utilizzando il denaro depositato dai correntisti, bensì “inventandolo” ad ogni successiva richiesta, sotto forma di denaro creditizio ovvero nuovo credito, “sulla base” del deposito iniziale moltiplicato quasi all’infinito. Facciamo un esempio: se depositiamo, 1.000 euro in una banca, il “sistema bancario” nel suo insieme, sulla base di quei 1.000 euro, può prestare, creando altro denaro dal nulla sotto forma di “credito”, con la moltiplicazione del valore dei depositi, fino a 50.000 euro per ogni 1.000 depositati, (questo meccanismo in gergo bancario è noto col nome di “moltiplicatore monetario”).
Così il sistema bancario, indebitando i cittadini, incassa interessi, non sui mille euro iniziali e che, peraltro non sono nemmeno suoi ma del correntista, bensì sui 50.000 creati con poca fatica e a costo zero.
Questo meccanismo di espansione della massa monetaria, nell’oscura terminologia bancaria, viene definita “Riserva frazionaria” o Signoraggio secondario.
Non tragga in inganno il termine “secondario” poiché in quanto a danni e potere distruttivo per la comunità esso non è certamente secondario ma anzi è ben maggiore del Signoraggio primario sulle banconote che fa capo alla B.C.E./Bankitalia.
La banca concede prestiti con denaro che non possiede e che inventa sul momento moltiplicando numeri e pezzi di carta senza valore reale, ma poi il debitore deve restituire alla banca denaro “vero” guadagnato lavorando con fatica e sudore e persino sotto il ricatto del pignoramento dei beni dati a garanzia in caso di “insolvenza”.
Infatti, come se non bastasse, la banca concede il prestito solamente se esso è “garantito” dai beni materiali dei cittadini. La banca stampa denaro falso e lo presta a usura accumulando enormi profitti sottraendoli a chi lavora e produce vera ricchezza.
La ricchezza di un Paese è prodotta dal Popolo, la moneta è stata inventata per “agevolare” gli scambi dei beni e dei servizi prodotti col lavoro dai cittadini, quindi la moneta ha valore solo perché gli stessi cittadini la accettano e la fanno circolare usandola come mezzo di scambio dei beni.
Le banche non producono nessuna “vera ricchezza” ma solo “l’unità di misura” dei beni oggetto dello scambio, esse creano dal nulla il nostro denaro, ne assumono illecitamente la proprietà e poi ce lo prestano lucrando enormi profitti con l'applicazione di un interesse !
Perché lo permettiamo?
sabato 6 agosto 2011
AZZERARE IL DEBITO, USCIRE DALL'EURO
Intervista a Luciano Vasapollo*
R. Se dovessi dare un titolo a questa domanda direi «niente di nuovo sul fronte occidentale». Tutto quello che appare come qualcosa di nuovo, come il default degli Stati Uniti, in realtà va avanti da Bretton Woods del 1971. Con la fine degli accordi gli Usa decidono in base al loro potere politico e militare di imporre il proprio indebitamento come modello di sviluppo che ne scarica il costo sugli altri: debito privato, debito pubblico, e consumo sostenuto dal mix tra debito interno ed esterno, avendo molto deboli i cosiddetti fondamentali macroeconomici e un'economia reale che già da allora mostrava i caratteri della crisi strutturale e sistemica.
Cosa è cambiato nell'odierno scenario?
Dopo la caduta del muro di Berlino si apre una fase di guida unipolare del mondo basata sullo strapotere politico e militare Usa, che con l'imposizione dell'acquisto dei titoli di debito Usa imponevano il sostenimento della loro crescita retta sull'indebitamento e sull'economia di guerra. Poi si apre la fase che a suo tempo definimmo non di globalizzazione ma di competizione globale, basata non sul modello importatore degli americani ma con l'Europa che cerca i suoi spazi di affermazione economica puntando sul ruolo internazionale con una forte posizione di esportatore svolto dalla Germania. Lo stesso modello di economia basata sulla esportazione viene realizzato dalla Cina, che grazie al suo avanzo nella bilancia dei pagamenti decide di diventare il maggior compratore del debito statunitense.
Ad un certo punto, però, qualcuno presenta il conto…
Quando scoppia la crisi dei subprime negli Usa, la crisi volutamente viene evidenziata come crisi di carattere finanziario per lo scoppio delle bolle speculative immobiliari e finanziarie, ma è semplicemente la punta dell'iceberg che evidenzia una crisi dell'economia reale nei meccanismi stessi dell'accumulazione: sono cioè gli stessi meccanismi del modo di produzione capitalistico che si sono inceppati già dai primi anni ‘70 e che dimostrano che la crisi è irreversibile ed è di carattere sistemico. E' evidente che hanno cercato di coprire la crisi dell'economia che si porta dietro il carattere della strutturalità e sistemicità.
Nel mentre la finanziarizzazione ha allargato il giro segnando l'arrivo dei paesi in via di sviluppo.
C'è da dire che il modello esportatore tedesco ha ormai sempre più bisogno di importatori anche direttamente europei ed è così che la Germania deve investire l'avanzo che matura comprando titoli dei Piigs (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia, Spagna) che sono costretti sempre più ad indebitarsi per rispondere alle regole dell'euro, soffocando le proprie economie e massacrando il mondo del lavoro per garantire che la "questione" dell'euro rimanga funzionale allo sviluppo esportatore della Germania e, in seconda battuta, agli interessi francesi. Gli stessi Stati Uniti hanno un indebitamento in parte sostenuto dalla Germania oltre che dalla Cina. La competizione però oggi è sempre più alta e i Brics vogliono il loro spazio. Gli Usa così non hanno più la forza politica e militare per imporre il loro modello di sviluppo al mondo basato sul loro indebitamento. Oggi il presidente degli Usa è costretto a chiedere l'innalzamento del debito proprio per questo, perché sa che fuori dai suoi confini non troverebbe tanti soggetti disposti a finanziare il suo paese in base al precedente modello economico. E' la prova che è finito il mondo a guida unipolare basato sull'egemonia statunitense.
Che poi in fondo è anche il problema dell'Italia che ora sembra essere entrata in una spirale tra recessione e interessi sul debito…
L'Italia si comporta come gli Usa perché spostano il problema del debito più avanti, cioè per tentare di far fronte al deficit, che è un dato congiunturale di flusso. Lo trasformano in esposizione strutturale di stock trasformandolo in debito che massacrerà le generazioni future di lavoratori. E' lo stesso identico meccanismo. Dalle finanziarie lacrime e sangue di oggi si passa ad uno stato di lacrime e sangue permanente. La parte di deficit che si capitalizza, quindi, è una mannaia per le generazioni del futuro.
Insomma, è scattata la trappola della speculazione finanziaria…
E' chiaro che così si pone il problema non della crisi finanziaria ma di una crisi del modello di accumulazione, in crisi è l'intero sistema capitalista. La finanza speculativa che doveva essere quella in crisi si sta riaffacciando in modo prepotente inventando altre armi e nuovi terreni di combattimento. La speculazione finanziaria, come un avvoltoio, è lì e aggredisce chi non accetta le regole di dominio. E scatena attacchi sempre più pesanti contro il salario diretto, indiretto e differito. Per uscire dal debito greco si stanno approntando nuovi strumenti di finanza creativa che dilazionano l'indebitamento e creano le premesse di nuovi collassi.
Le proposte per tentare di mettere un argine a questa situazione?
La cosa assurda è che chi dovrebbe confezionare proposte in grado di tirarci fuori da questa situazione sta in realtà pensando agli interessi di una parte del paese, i ricchi e i soliti noti, come dimostra l'ultima legge finanziaria di Tremonti. Una prima risposta può essere lanciare una campagna del mondo del lavoro non contro l'Europa, ma contro le regole del massacro sociale imposte dalle compatibilità economico-finanziarie dell'euro. La seconda questione che va posta all'ordine del giorno è rilanciare una serie di politiche di una efficiente nazionalizzazione e statalizzazione delle banche e dei settori strategici dell'economia. Il debito sovrano sta diventando un nodo nei paesi deboli perché con i soldi pubblici si sono finanziate le banche. Quindi la prima nazionalizzazione deve essere del sistema bancario. E poi porre immediatamente il nodo di energia, trasporti e comunicazioni come settori strategici in mano allo Stato. Sembrerebbe un ritorno agli anni 50-60, quando si creò in Italia una forte economia mista, con un welfare vero e un futuro per i giovani.
Ultimamente hai partecipato ad alcuni incontri internazionali a Cuba, Bolivia, Spagna, Irlanda. Quali sono i temi del confronto?
Gli economisti critici eterodossi nelle loro varie componenti stanno cercando di trovare un accordo su un programma minimo di controtendenza da proporre e insieme praticare con il ruolo centrale del sindacalismo conflittuale di classe. Esistono varie alternative possibili alla attuale competizione globale e poi fino alla maggiore determinazione del superamento del modo di produzione capitalista, ognuna con distinti gradi di probabilità in funzione di ragioni tecnico-economiche o politico-sociali. In ogni caso, qualsiasi proposta attuabile dovrà fare i conti, in primo luogo, con la tecnologia. Il cambio tecnologico può rappresentare un progresso tecnico e sociale se è frutto di una decisione collettiva dei lavoratori, maggioritaria, responsabile, aperta al dialogo, negoziata e contrattata.
E le proposte concrete e immediate ?
Penso che il discorso sulle nazionalizzazioni, edilizia pubblica, lavoro e salario pieno e a totalità di diritti veri, di uscita dall'euro e, importante, l'azzeramento del debito siano i primi punti qualificanti. Siccome l'economia finanziaria non crea risorse perché sul medio periodo è un gioco a somma zero, perché quindi ci devono entrare gli Stati, quindi i lavoratori su cui si scarica tutta la durezza e drammaticità della crisi? In Grecia non bisogna dilazionare ma dare un taglio netto. E' quello che poi è stato fatto in Sud America, ad esempio quando in Argentina hanno girato le spalle al Fondo monetario internazionale. Se tu entri nella logica della diminuzione del tasso di interesse e allungamento del debito il ricatto diventa continuo.
di Fabrizio Salvatori**
Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa intervista, nella quale Vasapollo si esprime senza indugi per le due misure essenziali della cancellazione del debito pubblico e dell'uscita dall'euro.
Vasapollo, anni addietro, era tra coloro che teorizzava, secondo noi a torto, che la nascita dell'Eurozona sanciva la nascita di un secondo polo imperialista concorrente agli USA, destinato a prendere il sopravvento mondiale.
D. Professor Luciano Vasapollo, gli sconvolgimenti a cui stiamo assistendo in questo periodo sul piano finanziario sono più profondi di quanto sembrino?
R. Se dovessi dare un titolo a questa domanda direi «niente di nuovo sul fronte occidentale». Tutto quello che appare come qualcosa di nuovo, come il default degli Stati Uniti, in realtà va avanti da Bretton Woods del 1971. Con la fine degli accordi gli Usa decidono in base al loro potere politico e militare di imporre il proprio indebitamento come modello di sviluppo che ne scarica il costo sugli altri: debito privato, debito pubblico, e consumo sostenuto dal mix tra debito interno ed esterno, avendo molto deboli i cosiddetti fondamentali macroeconomici e un'economia reale che già da allora mostrava i caratteri della crisi strutturale e sistemica.
Cosa è cambiato nell'odierno scenario?
Dopo la caduta del muro di Berlino si apre una fase di guida unipolare del mondo basata sullo strapotere politico e militare Usa, che con l'imposizione dell'acquisto dei titoli di debito Usa imponevano il sostenimento della loro crescita retta sull'indebitamento e sull'economia di guerra. Poi si apre la fase che a suo tempo definimmo non di globalizzazione ma di competizione globale, basata non sul modello importatore degli americani ma con l'Europa che cerca i suoi spazi di affermazione economica puntando sul ruolo internazionale con una forte posizione di esportatore svolto dalla Germania. Lo stesso modello di economia basata sulla esportazione viene realizzato dalla Cina, che grazie al suo avanzo nella bilancia dei pagamenti decide di diventare il maggior compratore del debito statunitense.
Ad un certo punto, però, qualcuno presenta il conto…
Quando scoppia la crisi dei subprime negli Usa, la crisi volutamente viene evidenziata come crisi di carattere finanziario per lo scoppio delle bolle speculative immobiliari e finanziarie, ma è semplicemente la punta dell'iceberg che evidenzia una crisi dell'economia reale nei meccanismi stessi dell'accumulazione: sono cioè gli stessi meccanismi del modo di produzione capitalistico che si sono inceppati già dai primi anni ‘70 e che dimostrano che la crisi è irreversibile ed è di carattere sistemico. E' evidente che hanno cercato di coprire la crisi dell'economia che si porta dietro il carattere della strutturalità e sistemicità.
Nel mentre la finanziarizzazione ha allargato il giro segnando l'arrivo dei paesi in via di sviluppo.
C'è da dire che il modello esportatore tedesco ha ormai sempre più bisogno di importatori anche direttamente europei ed è così che la Germania deve investire l'avanzo che matura comprando titoli dei Piigs (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia, Spagna) che sono costretti sempre più ad indebitarsi per rispondere alle regole dell'euro, soffocando le proprie economie e massacrando il mondo del lavoro per garantire che la "questione" dell'euro rimanga funzionale allo sviluppo esportatore della Germania e, in seconda battuta, agli interessi francesi. Gli stessi Stati Uniti hanno un indebitamento in parte sostenuto dalla Germania oltre che dalla Cina. La competizione però oggi è sempre più alta e i Brics vogliono il loro spazio. Gli Usa così non hanno più la forza politica e militare per imporre il loro modello di sviluppo al mondo basato sul loro indebitamento. Oggi il presidente degli Usa è costretto a chiedere l'innalzamento del debito proprio per questo, perché sa che fuori dai suoi confini non troverebbe tanti soggetti disposti a finanziare il suo paese in base al precedente modello economico. E' la prova che è finito il mondo a guida unipolare basato sull'egemonia statunitense.
Che poi in fondo è anche il problema dell'Italia che ora sembra essere entrata in una spirale tra recessione e interessi sul debito…
L'Italia si comporta come gli Usa perché spostano il problema del debito più avanti, cioè per tentare di far fronte al deficit, che è un dato congiunturale di flusso. Lo trasformano in esposizione strutturale di stock trasformandolo in debito che massacrerà le generazioni future di lavoratori. E' lo stesso identico meccanismo. Dalle finanziarie lacrime e sangue di oggi si passa ad uno stato di lacrime e sangue permanente. La parte di deficit che si capitalizza, quindi, è una mannaia per le generazioni del futuro.
Insomma, è scattata la trappola della speculazione finanziaria…
E' chiaro che così si pone il problema non della crisi finanziaria ma di una crisi del modello di accumulazione, in crisi è l'intero sistema capitalista. La finanza speculativa che doveva essere quella in crisi si sta riaffacciando in modo prepotente inventando altre armi e nuovi terreni di combattimento. La speculazione finanziaria, come un avvoltoio, è lì e aggredisce chi non accetta le regole di dominio. E scatena attacchi sempre più pesanti contro il salario diretto, indiretto e differito. Per uscire dal debito greco si stanno approntando nuovi strumenti di finanza creativa che dilazionano l'indebitamento e creano le premesse di nuovi collassi.
Le proposte per tentare di mettere un argine a questa situazione?
La cosa assurda è che chi dovrebbe confezionare proposte in grado di tirarci fuori da questa situazione sta in realtà pensando agli interessi di una parte del paese, i ricchi e i soliti noti, come dimostra l'ultima legge finanziaria di Tremonti. Una prima risposta può essere lanciare una campagna del mondo del lavoro non contro l'Europa, ma contro le regole del massacro sociale imposte dalle compatibilità economico-finanziarie dell'euro. La seconda questione che va posta all'ordine del giorno è rilanciare una serie di politiche di una efficiente nazionalizzazione e statalizzazione delle banche e dei settori strategici dell'economia. Il debito sovrano sta diventando un nodo nei paesi deboli perché con i soldi pubblici si sono finanziate le banche. Quindi la prima nazionalizzazione deve essere del sistema bancario. E poi porre immediatamente il nodo di energia, trasporti e comunicazioni come settori strategici in mano allo Stato. Sembrerebbe un ritorno agli anni 50-60, quando si creò in Italia una forte economia mista, con un welfare vero e un futuro per i giovani.
Ultimamente hai partecipato ad alcuni incontri internazionali a Cuba, Bolivia, Spagna, Irlanda. Quali sono i temi del confronto?
Gli economisti critici eterodossi nelle loro varie componenti stanno cercando di trovare un accordo su un programma minimo di controtendenza da proporre e insieme praticare con il ruolo centrale del sindacalismo conflittuale di classe. Esistono varie alternative possibili alla attuale competizione globale e poi fino alla maggiore determinazione del superamento del modo di produzione capitalista, ognuna con distinti gradi di probabilità in funzione di ragioni tecnico-economiche o politico-sociali. In ogni caso, qualsiasi proposta attuabile dovrà fare i conti, in primo luogo, con la tecnologia. Il cambio tecnologico può rappresentare un progresso tecnico e sociale se è frutto di una decisione collettiva dei lavoratori, maggioritaria, responsabile, aperta al dialogo, negoziata e contrattata.
E le proposte concrete e immediate ?
Penso che il discorso sulle nazionalizzazioni, edilizia pubblica, lavoro e salario pieno e a totalità di diritti veri, di uscita dall'euro e, importante, l'azzeramento del debito siano i primi punti qualificanti. Siccome l'economia finanziaria non crea risorse perché sul medio periodo è un gioco a somma zero, perché quindi ci devono entrare gli Stati, quindi i lavoratori su cui si scarica tutta la durezza e drammaticità della crisi? In Grecia non bisogna dilazionare ma dare un taglio netto. E' quello che poi è stato fatto in Sud America, ad esempio quando in Argentina hanno girato le spalle al Fondo monetario internazionale. Se tu entri nella logica della diminuzione del tasso di interesse e allungamento del debito il ricatto diventa continuo.
* Professore di Economia Applicata presso l' Università "La Sapienza" di Roma, direttore di Cestes e Proteo
** fonte: Liberazione del 4 agosto 2011martedì 2 agosto 2011
lunedì 1 agosto 2011
Reddito minimo di cittadinanza UE
Viator
Tra le numerose discutibili politiche sociali promosse dalla Unione Europea, ve n'è una realmente utile e progressista, che tuttavia i nostri onorevoli rappresentanti istituzionali hanno ritenuto di non recepire: il reddito di cittadinanza, il quale - secondo l'interessante video proposto di seguito - risulta applicato in ogni paese europeo eccetto che in Grecia e da noi.
Un reddito minimo riservato ai cittadini in difficoltà rappresenterebbe un enorme passo avanti nell'ambito della tutela della dignità della persona, scongiurerebbe numerose 'tragedie del disagio' e infliggerebbe un duro colpo alla criminalità organizzata, la quale recluta gran parte della manovalanza proprio tra i disoccupati e i disperati.
A chi ritiene che non sia il momento di pensare a misure che distraggano risorse dalle operazioni di rientro del debito pubblico, vorrei far notare che oggi più che mai urgono interventi politici capaci di contrastare ogni genere di sfruttamento, strumentalizzazione e degenerazione della cupa congiuntura che si prospetta all'orizzonte.
Come dimostra egregiamente il video, si tratta di una misura molto meno costosa sia delle missioni militari in giro per il mondo, che del sostentamento dell'elefantiaco baraccone della politica italiana.
Colgo l'occasione per complimentarmi con i mass media italiani - la cui sublime omertà riesce a meravigliarmi ogni volta come fosse la prima - e per puntualizzare che questo blog non rappresenta in alcun modo il partito politico pubblicizzato nel video, nè qualsiasi altro partito politico.
FonteColgo l'occasione per complimentarmi con i mass media italiani - la cui sublime omertà riesce a meravigliarmi ogni volta come fosse la prima - e per puntualizzare che questo blog non rappresenta in alcun modo il partito politico pubblicizzato nel video, nè qualsiasi altro partito politico.
Iscriviti a:
Post (Atom)