di Michele Altamura
Con una risoluzione del Parlamento Europeo, l'Unione Europea chiede al Montenegro di pubblicare tutti gli allegati e i documenti collegati all'accordo raggiunto con l'Italia in merito alla realizzazione dell'elettrodotto Tivat-Pescara di Terna. Sembra che sia stata così ascoltata la battaglia portata avanti dalle ONG e i comitati di consumatori per fermare uno tra i più importanti progetti energetici italiani nei Balcani, sollevando il problema della tutela ambientale. Un esito anticipato dalle analisi dell'Osservatorio Italiano, e che prende oggi delle sfumature molto particolari, in relazione al timore dell'insicurezza energetica creatasi dopo le rivoluzioni del Nord Africa, e al nuovo ruolo che i Balcani stanno assumendo nella cosiddetta 'nuova cortina di ferro' dell'energia. Da mesi, infatti, le varie organizzazioni ed associazioni erano in fibrillazione per preparare la campagna di dossieraggio e dissenso contro gli investimenti in Montenegro ed in tutti Balcani delle società italiane e russe, in antagonismo con le grandi multinazionali energetiche e le lobbies angloamericane. In prima fila la Rete per l'affermazione delle ONG, MANS, che ha aperto una dura campagna di anti-corruzione con la complicità di giornali cosidetti indipendenti, nei confronti del Governo Djukanovic, e soprattutto di A2A e Terna, sparando a zero su ogni tipo di programma di investimento.
La Open Society Institute. Nonostante la ONG faccia della trasparenza e della difesa dei diritti della società civile un dogma ad ispirazione della sua missione, va sottolineato che questa organizzazione è lautamente finanziata da enti (Donatori MANS) come Charles Stewart Fondazione Mott, Rockefeller Brothers Fund, Microsoft Corporation, Transparency International ma soprattutto dalla Open Society Institute del filantropo George Soros. La sua è una controversa figura che, oltre a ricordare speculazioni e spregiudicati investimenti, rappresenta oggi il simbolo delle moderne rivoluzioni sintetiche, all'avanguardia negli strumenti di disinformazione, di contro-informazione e di intelligence. La sua vera storia ci porta fino alle Antille Olandesi, luogo adatto per nascondere qualcosa e creare società off-shore mediante le quali con bonds e fondi di investimento riciclare e moltiplicare denaro, come un "miracolo dei pani e dei pesci". "Fate come io dico, e non io faccio", la storia è sostanzialmente questa: predicare la lotta alla corruzione e al conflitto di interesse, per poi avere al proprio interno una enorme contraddizione. Non dimentichiamo che proprio in questi giorni il Soros Fund Management crea il private equity Silver Lake Kraftwerk, che investirà in imprese in start-up nei settori delle energie rinnovabili, delle reti elettriche e dell'efficienza energetica. Inoltre, il Quantum Fund di Soros e la Fondazione legata all'ex segretario di Stato americano, la 'clintoniana' Madeleine Albright, stanno acquistando una partecipazione di controllo nella APR Energy, società che fornisce energia elettrica soprattutto nei paesi in via di sviluppo, investendo 250 milioni di dollari.
Le rivoluzioni colorate. Il conflitto di interesse della MANS, in relazione alla sua campagna di trasparenza sugli investimenti energetici italiani, è sin troppo evidente, anche se può sembrare fatta in buona fede. Lottano senza sosta, non si sa bene per quale causa, in nome di una sedicente democrazia che neanche in America esiste, e nei fatti nessun Paese al mondo l'ha conosciuta. Qual è dunque la vittoria delle ONG e della Open Society Institute finanziata con miliardi di dollari all'anno provenienti dall'oscuro patrimonio di Soros. Ricordando la storia di questa fondazione - che ha finanziato le più celebri rivoluzioni colorate degli anni '90 proprio per 'aprire i Paesi in via di transizione al liberismo e alla democrazia' - non è difficile capire lo scopo di tali campagne velate di giustizialismo e valori pseudo-democratici, volte così a costruire il dissenso in società dagli equilibri già precari e foriere di malcontenti e malesseri. La lotta alla corruzione diventa così uno strumento, un mezzo, per arrivare a scardinare dei rapporti informali o degli accordi taciti tra popoli, classi politiche e compagnie, sulla base dei quali si è costruito un equilibrio all'interno di Paesi così complessi, come appunto i Balcani.
Per far questo si usano moderne tecnologie di comunicazione, come i social network, un linguaggio standardizzato, slogan ed ideali sintetici, giovani e anonimi leader, media e quotidiani al soldo degli interessi delle grandi società. E poi tanto, tanto denaro, riversato nelle campagne di lotta alla criminalità e alla corruzione per finanziare la macchina invisibile, un braccio armato silenzioso che sferra le rivoluzioni colorate del global-english, prive di un programma e senza un'idea, ma con il mito della corruzione e del conflitto di interesse. E quando qualcosa va storto, la si mette sempre sulla questione morale, per poi cadere sempre più in basso con le proteste e gli scontri di quartiere, tra hoolgans, disoccupati e veterani. Tutto ciò serve appunto per destabilizzare i Governi, manipolare le masse e mettere al potere classi politiche consenzienti, creare concorrenze sleali e cancellare progetti alternativi, una sorta di lustrazione silenziosa, che non passa attraverso le istituzioni, le procure o le leggi. La democrazia diventa un baluardo dietro il quale nascondersi, mentre il ricatto è la vera arma per portare a buon fine progetti affaristici spregiudicati, speculazioni e scalate ostili, privatizzazioni selvagge e colonizzazioni.
La disinformazione e il cybercrimine. E' una storia lunga quella di questi signori, perchè hanno bombardato Paesi per imporre il loro regime di potere e di influenza, ed ora continuano a tessere la loro tela per rafforzare la loro zona di influenza. Nei Balcani arrivano ogni giorno miliardi di dollari da ogni tipo di ente ed istituzione, che confluiscono nelle casse di entità come International Crisis Group, Human Right Wacht, Transparency International, che stanno estendendo la loro rete con campagne mediatiche, dossier ed investigazioni: file, archivi, indagini ed indiscrezioni, tutto viene messo sul web per alimentare il flusso di informazioni dei media locali, scagliati contro i politici locali, le società estere e i nuovi investitori. E' in atto una guerra vera e proprio, in cui la disinformazione è la vera arma del cyber crimine, mentre la vera informazione è l'unico strumento di difesa. Un monito questo da tempo lanciato dall'Osservatorio Italiano, che ha parlato del progetto di Wikileaks ( si veda Lo scontro tra potere ortodosso e lobbies della cybernetica ) - che tra l'altro sembra sia finanziato anch'essa dalla Open Society Institute - come una "macchina dei messaggi" per distruggere il concetto del 'documento segreto' e far crollare ogni barriera al filtro dell'informazione istituzionale. Questo è stato da noi definito 'crimine invisibile', la cui pericolosità sta venendo alla luce. Si pensi alle nuove guerre per il controllo del petrolio e delle risorse energetiche nel Nord Africa, sotto i colpi delle rivolte mediatiche. Purtroppo chi lavora in queste organizzazioni si rende complice di un crimine molto grave. Esempio eclatante quello della scoperta di una "fossa comune in Libia" (VIDEO), che però già esisteva nell'Agosto del 2010 (FOTO - Coordinate Google Map). Senza nulla togliere alle reali vittime della guerra in Libia, le immagini del video sono state presentate come una fossa comune, quando in realtà è un cimitero: è in questa sottile differenza che si commette un crimine.
Nel mosaico di ricostruzione delle zone di influenza nel Mediterraneo, si incastra la denigrazione dell'Italia, che ha nelle campagne contro il Premier Berlusconi il proprio cavallo di battaglia. Lle sue televisioni e il suo conflitto di interesse sono oggetto di perenni discussioni, ed ora anche oggetto di odio del cosiddetto 'Popolo viola'. Al contrario nessuno parla di Murdoch e del controllo quasi planetario dell'informazione, eppure nessuno ha mai sollevato un dito. Ovviamente, la denigrazione dell'Italia ha un significato L'Italia, tuttavia, non deve arretrare, deve rispondere a questo tipo di attacchi e creare un suo organismo di tutela alle imprese che investono all'estero, e deve difenderle con orgoglio e dignità. Le aziende italiane, quindi, non devono dividersi, bensì unire attorno ad un'unica intelligenza e costruire una forza che sia fatta di 'imprese-istituzioni-cittadini'.