involuzione

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Poche cose abbiamo imparato dalla storia all'infuori di questa: che le idee si condensano in un sistema di ortodossia, i poteri in una forma gerarchica e che ciò che può ridare vita al corpo sociale irrigidito è soltanto l'alito della libertà, con la quale intendo quella irrequietezza dello spirito, quell'insofferenza dell'ordine stabilito, quell'aborrimento di ogni conformismo che richiede spregiudicatezza mentale ed energia di carattere.
Io sono convinto che se non avessimo imparato dal marxismo a vedere la storia dal punto di vista degli oppressi, guadagnando una nuova immensa prospettiva sul mondo umano, non ci saremmo salvati. O avremmo cercato riparo nell'isola della nostra interiorità o ci saremmo messi al servizio dei vecchi padroni. Ma tra coloro che si sono salvati, solo alcuni hanno tratto in salvo un piccolo bagaglio dove, prima di buttarsi in mare, avevano deposto, per custodirli, i frutti più sani della tradizione intellettuale europea: l'inquietudine della ricerca, il pungolo del dubbio, la volontà del dialogo, lo spirito critico, la misura nel giudicare, lo scrupolo filologico, il senso della complessità delle cose.
Norberto Bobbio

sabato 12 febbraio 2011

Bologna - Questo non è un problema di (sole) donne



11 / 2 / 2011
Innanzitutto focalizziamo il problema: accade di questi tempi che il primo ministro, e insieme ad esso la classe dirigente di un importante paese europeo sia più noto per le sue marachelle e le sue abitudini sessuali che per le politiche concrete che dovrebbe aver perseguito in tanti anni di governo.
Nello specifico accade che questo primo ministro e la sua classe dirigente spedano più tempo e denaro in festini privati ed escort che a occuparsi della cosa pubblica.
Dall'altro lato l'opposizione, sempre moderata e democratica, taccia il tutto di immoralità e offesa alla nazione. Poi si rivolge alle donne italiane, chiede loro di pronunciarsi contro la prostituzione e di indignarsi per la abietta rappresentazione del corpo femminile che questo governo veicola.
Ma siamo sicur@ che questo sia solo un problema di donne?siamo così certi che la prostituzione sia il problema?
Quello che sta accadendo oggi è molto di più di un'offesa alla nazione e alle sue donne. Quello in corso è l'ennesimo processo di selezione e controllo di corpi e desideri. Dietro gli scandali politici veicolati dai media c'è come un brusio di sottofondo che dobbiamo sapere riconoscere.
Siamo davvero convinte che si tratti ancora una volta solo del premier e di Ruby? 
Quello che davvero ci indigna, nello scorrere  immagini e  discorsi che accompagnano questi scandali,  sono gli effetti di selezione e marginalizzazione che ne conseguono. Facile è, infatti, diffondere l'immagine della prostituta di strada indecorosa e addirittura pericolosa per organizzare un discorso politico ben preciso. Allo stesso modo è facile diffondere l'immagine della velina come donna libera che non si prostituisce, semplicemente accetta come regalo la modica somma di 5000 euro.
Queste immagini sono speculari, ci restituiscono la banalità degli attuali discorsi di potere organizzati attorno all'asse corpi-sessualità. Nessuna delle due rappresentazioni rende la complessità del fenomeno prostituzione.  Del resto  lo stesso governo  Berlusconi si è fatto promotore di un decreto anti-prostituzione che nella sostanza colpiva solo le sex-workers più marginali, riducendo appunto la problematicità della prostituzione a un problema di ordine pubblico e sicurezza. Questo si è tradotto materialmente in un peggioramento delle condizioni di vita e diritti delle sex-workers, i cui corpi diventano sempre più evanescenti e le cui esistenze si svolgono sempre più ai margini.
 Ecco perchè questo non è (per niente) un giudizio morale
quello che ci indigna non è il successo che Ruby e molte altre desiderano raggiungere, né il modo in cui intendono farlo. Pensiamo, onestamente, a come e dove abbiamo vissuto negli ultimi 20 anni.
Bombardamento semiotico  e contesto sociale ci hanno propinato la stessa immagine di donna perfettamente in forma, sempre cordiale e accomodante, qualsiasi ruolo ricopra: supermamma o supermanager che sorride cercando di nascondere la fatica che fa per rimanere, o diventare, come appare. Rappresentate come esistenze circoscritte, allevate tra un reality show e un microonde, precarie nella vita quotidiana ma sempre senza tempo, sessualizzate precocemente e costrette a scoprirsi imprenditrici del proprio corpo, nonché prime traditrici delle proprie aspirazioni, le donne paiono possedere i corpi su cui meglio si articolano le odierne tecnologie di potere, all'opera  nello studio di un chirurgo plastico così come in quello di uno psicanalista, piuttosto che in un fitness club o in centro abbronzante.
Eppure questo processo ci riguarda tutt@. Se è vero che il corpo femminile è sovraesposto, non è altrettanto vero che è l'unico ad essere discriminato. Quello che è in corso oggi è per noi, un processo di esclusione che, mentre fa di tutto per stabilire i confini certi del soggetto di diritto (facendolo coincidere anche con una certa parte del mondo occidentale), rifiuta questo status a tutte le altre e gli altri, alle donne e alle soggettività differentemente sessuate, ai migranti e ai differenti gruppi etnici, alle migliaia di lavorator@ precar@ che pagano oggi il prezzo della crisi. Ed è così che si vengono a creare tutte le discrepanze che abbiamo sotto gli occhi: dalla showgirl argentina che arriva in Italia e diventa famosa alla madre, sempre rumena, che, abbandonata la sua famiglia d'origine, viene in Italia a lavorare come badante.
Non ci indigniamo con Berlusconi perchè è un vecchio perverso. Non ci indigniamo con Ruby o Noemi perchè desiderano successo.
Quello che ci fa rabbrividire è piuttosto la divisione in atto tra corpi  che hanno il diritto di fare tutto e corpi  che non possono fare nulla. Le immagini che ci fanno arrabbiare non sono quelle dei paparazzi. Le immagini che ci fanno indignare sono quelle che riprendono Marchionne che sorride felice mentre ile lavorator@ stringono i denti perchè non arrivano a fine mese.
Quello che ci fa arrabbiare è vedere i corpi dei potenti ipercurati e tirati a lucido, che ci parlano di vacanze termali, di cardio-fitness e solarium, di shopping nel week end  e dieta proteica. E si, ci fa arrabbiare che al contempo si ignori l' esistenza dei corpi, per così dire, incurabili, ma su cui proprio per questo il governo continua ad  accanirsi: corpi dimenticati o mai conosciuti, corpi di donne, gay, migranti, queer, corpi precari a cui non è concessa la stessa libertà, la stessa via di accesso ai diritti.
Gli unici ad esprimere giudizi morali sono oggi al governo. Sono loro che legiferano contro la prostituzione in nome del pubblico decoro e poi, ipocritamente, ne fanno uso. Sono loro che attaccano il nostro diritto all'aborto in nome di un'ipocrita difesa della vita. Sempre loro che difendono la pessima legge 40, sempre loro che non riconoscono i diritti di gay e lesbiche, sempre loro che si concedono lussi a oltranza mentre licenziano, tagliano, chiedono a noi di far sacrifici.
Eppure anche i nostri corpi hanno dei diritti e per rivendicarli scenderemo in piazza il 13 febbraio. Perchè noi resistiamo, anche se non nello spettacolo che ci sottopongono i media mainstream.
Noi, con i nostri corpi anormali, lesbici o queer, sproporzionati e indisciplinati. Noi siamo minoranze solo nell'ordine del “mostrabile”.  In realtà noi tutt@ siamo altr@ , ma in senso più che positivo, più che gioioso, perchè  siamo capaci di affezioni, relazioni, modelli di divenire e desideri differenti da quelli espressi dalla tristezza dei poteri attuali.
Noi altr@ possiamo dare inizio a nuove relazioni sociali, antisessiste e antirazziste, a nuove pratiche cooperative, solidali e rispettose delle differenze, capaci di preservare e incentivare quel bene comune che è la nostra autodeterminazione, capaci di rivendicare per tutt@ la possibilità di una vita dignitosa.
Mentre cerchiamo di capire come questo sia possibile, atteniamoci a una piccola precauzione di metodo, che consiste nel ricordare che questo processo non è naturale né spontaneo, che non si darà da sé se tutte noi altre restiamo “sole” nelle nostre differenze: l'etica è un processo non un prodotto, quello che ha di importante sta nel mezzo.  Questo non è un problema di (sole) donne.

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