involuzione

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Poche cose abbiamo imparato dalla storia all'infuori di questa: che le idee si condensano in un sistema di ortodossia, i poteri in una forma gerarchica e che ciò che può ridare vita al corpo sociale irrigidito è soltanto l'alito della libertà, con la quale intendo quella irrequietezza dello spirito, quell'insofferenza dell'ordine stabilito, quell'aborrimento di ogni conformismo che richiede spregiudicatezza mentale ed energia di carattere.
Io sono convinto che se non avessimo imparato dal marxismo a vedere la storia dal punto di vista degli oppressi, guadagnando una nuova immensa prospettiva sul mondo umano, non ci saremmo salvati. O avremmo cercato riparo nell'isola della nostra interiorità o ci saremmo messi al servizio dei vecchi padroni. Ma tra coloro che si sono salvati, solo alcuni hanno tratto in salvo un piccolo bagaglio dove, prima di buttarsi in mare, avevano deposto, per custodirli, i frutti più sani della tradizione intellettuale europea: l'inquietudine della ricerca, il pungolo del dubbio, la volontà del dialogo, lo spirito critico, la misura nel giudicare, lo scrupolo filologico, il senso della complessità delle cose.
Norberto Bobbio

mercoledì 23 febbraio 2011

cresce il capitale? sì ,anche la disoccupazione

di Fred Goldstein 
L'annuncio da parte del governo USA che la disoccupazione è calata dal 9,4% al 9% in gennaio è pura manipolazione statistica intesa a ingannare i lavoratori per far loro credere che le cose andranno meglio.
Il governo ammette che, a causa della crescita della popolazione, ci vogliono 130.000 nuovi posti di lavoro al mese per accomodare quelli che entrano nella forza lavoro. In gennaio sono stati creati soltanto 32.000 nuovi posti di lavoro. Tuttavia secondo le supposizioni la disoccupazione è calata dello 0,4%! L'amministrazione Obama inneggia a questa magia economica come un segno che le cose stiano progredendo.
E' un tentativo di calmare le acque quando, di fatto, i lavoratori, il movimento sindacale, le comunità e i giovani dovrebbero essere a mobilitarsi in marce per i posti di lavoro nelle strade dirette verso i municipi, i palazzi statali, Washington e i padroni e i banchieri attraverso tutto il paese. E' urgentemente necessaria la mobilitazione di massa per combattere la sempre più disperata crisi della disoccupazione, che viene nascosta dalle stupidaggini statistiche.
Bob Herbert, il ben noto editorialista afroamericano del New York Times, scrive degli effetti della crisi sui poveri. Mentre fa parte dell'establishment dei media, nondimeno ha inveito contro le menzogne e l'ipocrisia del governo riguardo l'economia.
Il 4 febbraio ha scritto: "Ciò di cui gli zeloti dei dati hanno bisogno è di lasciare le loro stanze chiuse ermeticamente e di camminare fuori, fare una passeggiata tra i milioni di americani che stanno male. Dovrebbero parlare con le famiglie che soffrono, che perdono la casa, dividono una stanza da letto, controllare nei rifugi per i senza tetto. ...
"Forse gli zeloti dei dati sono inciampati su una soluzione", ha continuato Herbert. “Hanno creato un modello nel quale un numero radicalmente insufficiente di posti di lavoro ha avuto come risultato un brusco declino nella misura ufficiale della disoccupazione. Se questa tendenza può essere sostenuta, alla fine porteremo giù a zero il tasso dei disoccupati. La gente soffrirà ancora, ma alla fine sarà raggiunta la piena occupazione".
4,9 milioni di 'lavoratori mancanti'
Qui alcuni dei fatti omessi dal governo nei suoi comunicati stampa.
Il tasso di disoccupazione è calcolato sulla base del numero di occupati paragonato al numero totale di lavoratori che si considera stiano partecipando alla forza lavoro. Questo è un punto molto importante da tenere a mente.
"Sorprendentemente, la forza lavoro è tre quarti di un milione di lavoratori più piccola di quanto era prima che cominciasse la recessione", ha scritto Heidi Shierholz, ricercatore dell'Economic Policy Institute, un istituto di ricerca orientato al lavoro. "Ci si sarebbe aspettato che aumentasse di approssimativamente 4,1 milioni di lavoratori dal dicembre 2007 al gennaio 2010, data la crescita della popolazione in età lavorativa durante questo periodo". (www.epi.org, 4 febbraio)
Così, conclude la Shierholz , vi sono 4,9 milioni di "lavoratori mancanti" che non sono entrati nella forza lavoro o l'hanno lasciata.
Se soltanto metà di questi fossero calcolati come parte della forza lavoro, il tasso ufficiale di disoccupazione sarebbe salito al 10,5%, secondo la Shierholz. Se venissero inclusi tutti, il tasso ammonterebbe al 12%!
I "lavoratori mancanti" sono senza dubbio in modo sproporzionato neri e latini, riflettendo la sproporzione nella disoccupazione, che ufficialmente è il 15,7% per i lavoratori afroamericani e similare per i lavoratori latini. Ufficialmente la disoccupazione per i minorenni afroamericani è del 45%.
Nessun posto di lavoro per i tre quarti dei disoccupati
Una misura più fondamentale della crisi è che, anche se tutti i posti di lavoro disponibili fossero riempiti domani, non vi sarebbero posti di lavoro sufficienti per più di tre quarti dei lavoratori disoccupati. Il numero totale delle opportunità di posti di lavoro a dicembre era di 3,1 milioni. Il numero ufficiale dei disoccupati era di 14,5 milioni. Il rapporto di lavoratori disoccupati per posti di lavoro era di 4,7 a 1. (www.epi.org, 8 febbraio)
La Shierholz dimostra che nei 18 mesi della oltremodo anemica ripresa dopo la recessione del 2000-2001, vi erano 62,6 milioni di opportunità di posti di lavoro. Ma nei primi 18 mesi della ripresa capitalista dalla crisi del 2007-2008, vi erano soltanto 51,1 milioni di opportunità di posti di lavoro. Oggi le opportunità di posti di lavoro sono il 18% più basse di otto anni fa, nonostante un significativo incremento della popolazione dal 2002.
La Shierholz conclude che le statistiche governative mostrano che dal dicembre 2007 al febbraio 2010 sono stati perduti 8,7 milioni di posti di lavoro. Undici mesi più tardi, erano stati creati 1 milione di posti di lavoro intendendo una perdita netta di 7,7 milioni. Ma, in aggiunta a questo, erano necessari 3,7 milioni di posti aggiuntivi per la popolazione in età lavorativa che è entrata nella forza lavoro. In altre parole, l'economia capitalista ha bisogno di altri 11,4 milioni di posti di lavoro soltanto per tornare al livello di disoccupazione del 5% di prima che la crisi colpisse.
Opinione di un miliardario preoccupato
Dall'altra parte dello spartiacque di classe, ascoltate Mortimer Zuckerman, immobiliarista miliardario, editore e direttore della rivista di destra “U.S. News & World Report”. Con una ricchezza di $2,8 miliardi, Zuckerman è 147° nella lista di Forbes delle 400 persone più ricche degli USA. In un articolo intitolato "La Grande Recessione dei posti di lavoro", questa figura della classe dominante ha scritto:
"Non vi è alcuna vita nel nostro mercato del lavoro. Ufficialmente la recessione è terminata nel giugno 2009, la Grande Recessione dei posti di lavoro continua velocemente. Da quando il governo ha iniziato a misurare il ciclo economico non vi è una profonda recessione segnata da tali alti livelli di disoccupazione e sottoccupazione e seguiti da una simile anemica crescita dei posti di lavoro. Più posti di lavoro sono stati perduti nella recessione del 2007-09 che nelle quattro precedenti recessioni combinate è questa volta rimpiazzarli è un affare dolorosamente lento". (www.usnews.com, 11 febbraio)
Continua Zuckerman: "Mentre la cifra della disoccupazione dei titoli è giù, il numero degli 'addetti a margine' è aumentato di 300.000 e il declino del tasso dal 9,4 al 9% è principalmente perché questi lavoratori hanno soltanto lasciato il mercato. Ma non hanno lasciato la vita negli USA".
Inoltre, Zuckerman rileva che dei 900.000 a 1 milione di posti di lavoro che si pretende siano stati creati nel 2010, diverse centinaia di migliaia erano lavori statali precari, come quelli che raccolgono dati per il censimento.
Indica numerose questioni che considera cruciali. Tra loro:
Il numero di posti di lavoro a tempo pieno è giù di all'incirca 10 milioni (sua cifra).
Il numero di disoccupati a lungo termine, più di 27 settimane, è il più alto da quando vengono tenuti i dati.
Un terzo dei nuovi posti di lavoro nello scorso anno sono stati da servizi di assistenza precari che "riflettono che le imprese cercano di tagliare i costi delle indennità dell'occupazione a tempo pieno e di utilizzare assunzioni appena in tempo e assunzioni part-time per migliorare il risultato". (Questo da un miliardario che è pienamente consapevole del suo risultato).
La paga oraria reale è calata nei primi quattro trimestri da quando la recessione è terminata ufficialmente, invece della tipica crescita del 2,5% durante i primi quattro trimestri dopo le ultime 10 recessioni.
I governi statali e locali, che contano per il 15% di tutti i posti di lavoro, sono in "modalità riduzione dimensioni".
Verso la fine del suo pezzo, Zuckerman da piena attenzione alle sue preoccupazioni.
"Le tendenze a lungo termine sono accelerate in modi deprimenti per il lavoratore americano. Vi è più delocalizzazione all'estero, più automatizzazione, più conversione di posti di lavoro a tempo pieno in precari e appalti e un salario medio stagnante. Le tecnologie dell'informazione avanzano rapidamente, raddoppiando ogni paio d'anni e vengono sempre più impiegate per eliminare posti di lavoro di tutti i tipi.
"Questo sottolinea il lato negativo delle tecnologie che avanzano, che assieme alla globalizzazione sono state le forze principali di salari che si riducono e di opportunità che diminuiscono, specialmente per quei posti di lavoro che sono fondamentalmente di routine e di natura ripetitiva. Il rischio che delle macchine semi-intelligenti possano distruggere così tanti posti di lavoro, che questa tendenza possa letteralmente destabilizzare l'intera società è una delle sfide maggiori che i governi hanno di fronte in tutti i paesi mentre cercano di trovare lavoro per milioni di diplomati che entrano in un mercato del lavoro che non ha nulla per loro".
Sentiamolo ancora: "potrebbe letteralmente destabilizzare l'intera società". Questo suona moltissimo come se Zuckerman tema una rivolta stile Egitto se il capitalismo continua lungo la sua attuale rotta.
Ripresa senza posti di lavoro & legge dell'accumulazione capitalista di Marx
Queste conclusioni sono completamente in armonia all'analisi del capitalismo di Karl Marx. Nella sua opera epocale, "Il capitale", Marx ha dimostrato che mentre il capitale cresce sempre più grande, diventa sempre più produttivo e ha relativamente meno bisogno di lavoro. Di conseguenza, crea un esercito di riserva sempre crescente di disoccupati. Questo è trattato in "La legge generale dell'accumulazione capitalista" nel volume I. La legge descritta da Marx ora si manifesta violentemente.
I dati teoricamente e praticamente importanti per la classe lavoratrice sono il fatto che la ripresa capitalista vale a dire, la ripresa di affari e profitti per i capitalisti ha raggiunto lo stadio di espansione economica.
Nel quarto trimestre del 2010, l'economia capitalista è cresciuta a un tasso del 3,2%. Questo è un miglioramento sul trimestre precedente. Ma, in maniera più importante, il prodotto interno lordo, ovvero la somma di tutti i beni e servizi prodotti, ha raggiunto $13,38 trilioni, un nuovo record e più alto del picco nell'ultimo rialzo. Ma i posti di lavoro non sono — ripeto, non sono — ritornati.
Piuttosto, l'economia capitalista sta crescendo e i posti di lavoro stanno scomparendo; i lavoratori disoccupati stanno scomparendo dalle statistiche; la sofferenza di massa sta aumentando sotto la superficie e la situazione reale non viene riferita. Il capitalismo ha raggiunto un punto al quale il mercato del lavoro si contrae mentre il capitale aumenta. Questo crea una crisi permanente e severa per le masse e per il sistema stesso.
Per la classe lavoratrice e per gli oppressi negli USA l'unica via d'uscita da questa crisi è di seguire le orme delle masse egiziane che hanno rovesciato il loro dittatore, Hosni Mubarak. Uno slogan molto comune durante quella ribellione era "Basta"!
Qui i lavoratori non ce la fanno più con la disoccupazione, i sequestri e gli sfratti, con l'aumento dei ritmi di produzione, con la perdita di salari e indennità, con i licenziamenti, con la fame e la povertà. Siamo stanchi del razzismo, del sessismo, del fanatismo anti LGBTQ, degli attacchi verbali violenti agli immigrati, della brutalità della polizia, dell'incarcerazione, della guerra, dell'occupazione e dell'intervento. I lavoratori sono stanchi di vedere i banchieri prendere centinaia di miliardi mentre noi dobbiamo soltanto cercare di sopravvivere.
Maurizio Pallante: la decrescita felice (1)  
Serge Latouche. La decrescita felice (2)

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