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La colonna sonora di Imperial Bedrooms
Al di là del seguito di fan che si è costruito fin dal debutto nel lontano 1985 con Meno di zero, acclamato fin da subito come un autore di culto e portavoce di un'intera generazione, Ellis è uno dei migliori scrittori della sua generazione. Uno scrittore con uno stile inconfondibile, trascinante, che ha raccontato i drammi del postmoderno e la disintegrazione dell’identità contemporanea da una particolare angolazione, attraverso una tecnica che fornisce al lettore un punto di vista unico per indagare l’animo dei protagonisti. Aprendo con una considerazione sulle proprie opere precedenti, Ellis sacrifica il proprio ruolo di autore e lascia tutta la scena ai suoi personaggi. Per questo non possiamo considerare Imperial Bedrooms semplicemente un sequel di Meno di zero, di cui recupera la narrazione in prima persona e la tecnica del flusso di coscienza, ma il momento culminante della sua opera, che raccoglie la violenza escatologica di American Psycho e il terrore sovraumano di Lunar Park.
Echeggiando il minimalismo di Raymond Chandler, gli scenari paranoici e la narrazione distopica di George Orwell e Aldous Huxley, Ellis costruisce un romanzo che mescola i generi, oscillando tra il pulp, il noir e il filone metafisico-esistenzialista, dipingendo il volto agonizzante, distorto e aberrante del consumismo tardo-capitalista .
Dopo aver espresso in Lunar Park il desiderio di tornare alla forma breve di Meno di zero, Imperial Bedrooms è l’ideale conclusione di quel fortunato debutto, venticinque anni dopo. I protagonisti sono gli stessi - solo con venticinque anni in più e un fardello di paranoie sempre più pesante-, così come gli ambienti diabolici di Los Angeles e i richiami a Elvis Costello. “Su di noi avevano fatto un film”, esordisce Clay, nel frattempo diventato un mediocre sceneggiatore, di ritorno a Los Angeles per scegliere il cast del film a cui sta lavorando. Il film a cui si riferisce è, ovviamente, Meno di zero (1987, tradotto in italiano come Al di là di tutti i limiti), tratto dall’omonimo libro scritto da un conoscente che ce l’aveva a morte con lui. E adesso Clay vuole riscattarsi e raccontare la sua storia in prima persona. Insieme a lui ritroviamo i vecchi amici di gioventù: Julian, che non è morto in un incidente stradale e nel frattempo ha messo su un’agenzia di escort, Blair, sempre più magra e ora sposata con Trent, diventato un potente agente delle star di Hollywood. Niente è cambiato, ancora si aggirano per le strade di L. A. come fantasmi, scarrozzati in limousine e mercedes da una festa all’altra, morti viventi, completamente vuoti. Del resto, come dice Elvis Costello, citato in epigrafe e dal cui album è derivato il titolo Imperial Bedrooms, “la storia ripete gli antichi vezzi, le facili risposte, le stesse sconfitte”. Forse hanno solo sostituito le droghe con ansiolitici e psicofarmaci più potenti.
A una festa Clay conosce Rain, una aspirante attrice disposta a tutto pur di avere una parte in un film, e se ne innamora (ammesso che la parola amore abbia un senso per lui). Ma Rain è una prostituta, legata a Julian ma anche a Rip e Kelly. Un giorno il corpo di Kelly sarà rinvenuto martoriato e mutilato, e una serie di eventi collegheranno Clay a questo e a altri omicidi, precipitandolo lentamente in un abisso di paranoie e violenza.
Si prova sempre un po’ di vergogna a leggere un romanzo di Bret Easton Ellis su un mezzo pubblico. Abbassare gli occhi sulla pagina mentre si è seduti in metropolitana, farsi trasportare dalla lettura, tra pagine che grondano umori, sangue e visceri, e poi rialzarli per un istante e incrociare quelli del passeggero di fronte a te. La lettura di Ellis è appassionante, è un autore che sa catturare il lettore nelle sue trame fino a condurlo nei recessi più reconditi della perversione, nei bassifondi della natura umana. Una pagina segue l’altra. Ellis si divora, offre tutta la sua capacità narrativa al lettore che convulsamente sente la necessità di andare avanti, leggere ancora, fino a toccare il fondo. Al tutto si aggiunge una musicalità coinvolgente e una colonna sonora che ci riporta all'atmosfera patinata degli anni Ottanta e Novanta. La lettura è un luogo confortante, un angolo in cui isolarsi dal mondo ed esplorare le vite degli altri. Ma è anche il territorio in cui l’istinto può lasciarsi andare in libertà, dare libero sfogo all’immaginazione. Così quando incontriamo di sfuggita lo sguardo del passeggero davanti a noi siamo pervasi da un imbarazzo che ci fa arrossire maliziosamente e spostare di nuovo gli occhi verso il basso, sospettando che lui sappia cosa stiamo leggendo, temendo di essere considerati complici di immoralità.
Si respira ancora il male in Imperial Bedrooms, come nei precedenti libri di Ellis. Immersi in un'orgia di sangue, ci troviamo di fronte a squartamenti, sevizie, torture, esecuzioni filmate e distribuite via internet per soddisfare il gusto malvagio della perversione, avvenimenti che si susseguono secondo una logica depravata e immorale in cui il confine tra sogno, incubo e realtà si confonde e si fa sempre più labile. Droga e alcol a fiumi sorvegliano la sceneggiatura, come caronti di guardia alle porte dell’inferno, tutori dell’ordine durante il festino dei corpi che si prostituiscono al dio Spettacolo. Il tutto è ripreso dagli occhi cinici e lucidi di Ellis, il cui stile inconfondibile gli appassionati ormai sanno riconoscere. Un autore che ritrae un mondo putrido e corrotto con il suo sguardo freddo, impassibile, cinico, in cui non si affaccia mai l’ombra del rimorso. Ma le pagine migliori sono quelle in cui fatti e situazioni sono solo allusi e non messi in scena, quelle che conducono il lettore a un vicolo cieco e lo costringono a concepire fantasie più perverse di quella dell’autore per risolvere il trabocchetto. Pagine che annunciano a gran voce che non c’è fine al vizio, al peccato e a tutti i demoni che la mente umana può concepire. Ellis rende omaggio al maestro Raymond Chandler, di cui cita in epigrafe Il lungo addio: “Non c’è trappola più mortale di quella che prepariamo con le nostre mani”, parole che suonano come monito da non perdere mai di vista durante la lettura. Ellis sa scrivere, ha una grande forza inventiva e un’ironia pungente che è un tratto fondamentale del suo stile. Non è assolutamente un moralista e non è interessato a delineare un quadro sociologico. Eppure, il ritratto abbagliante che ci offre della società dello spettacolo, della moda e della finanza, dominata dal culto esasperato dell’immagine e del corpo, che riconosce tra i suoi valori solo l’inganno e la cui unica regola è il successo a tutti i costi, è terribilmente vero. Reale. Magari fosse solo un’allucinazione, una brutta fantasia da scacciare una volta chiuso il libro. Per questo Ellis è crudele, ci fa soffrire e ci pugnala alle spalle mentre tortura i suoi personaggi. Ma la scrittura è per Ellis un momento privilegiato per elaborare in forma drammatica dolore e paranoia, un’àncora di salvezza a cui lo scrittore ha dichiarato di essersi aggrappato in molti momenti della vita. Anche tenendo in considerazione questo, si capisce meglio un dettaglio che spesso è ignorato dalla critica: l’autobiografismo intriso nei suoi romanzi, che parlano di solitudini, di un comune disagio postmoderno, di uomini e donne che vorrebbero solo “Scomparire qui”.
Imperial Bedrooms è stato promosso in rete attraverso un sito ufficiale (www.randomhouse.com/kvpa/eastonellis/#/home), che raccoglie molte informazioni e recensioni sul libro e sull'autore, e il gioco online the devilinyou (www.thedevilinyou.com, v. m. 18 anni).
Di Sandra Bardotti
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