Il mese d’ottobre di ogni anno vede il rituale della consacrazione, secondo uno scenario ben rodato, dell’attribuzione del premio Nobel che la doxa occidentale presenta come il massimo della consacrazione “universale” di un merito personale. Se tra i diversi Nobel attribuiti, quelli che riguardano le scienze fisiche e la biologia (fisica, chimica e biologia) non suscitano generalmente contestazioni, sebbene le maggiori lobby occidentali siano presenti a raccomandare fortemente “ i loro campioni”, il premio Nobel della pace e ad un livello inferiore quelli letterari suscitano una serie di questioni.
Tentiamo ora di fare chiarezza nella strategia di assegnazione dei Premi Nobel da parte dell’Occidente, in funzione dei suoi interessi. Tanto per ricordarlo, il premio Nobel della Pace ricompensa “ la personalità che abbia maggiormente o al meglio contribuito all’avvicinamento dei popoli , alla soppressione o alla riduzione degli eserciti permanenti, all’unificazione e alla diffusione dei progressi di pace”, secondo le volontà definite nel testamento, di Alfred Nobel.
Su Le Monde, in “Ricordi di un europeo” (Souvenirs d’un Européen, Die Welt von Gestern. Erinnerungen eines Europäers), Stefan Zweig racconta che Florence Nightingale sarebbe stata all’origine della fondazione di questo premio, convincendo Alfred Nobel a riparare “al male che aveva causato con la sua dinamite”.
Anche Hitler…
In parole povere, Alfred Nobel era un mercante di morte che si è arricchito e che alla fine, voleva giocare al “pompiere piromane”. Ci dicono che le nominations per questa onorificenza sono il frutto di proposizioni argomentate e dettagliate, emesse dai membri delle Assemblee nazionali o dei Congressi legislativi, da circoli di professori universitari nell’ambito della geopolitica, del diritto e delle scienze politiche, o da anziani vincitori del premio,()… Molte tra queste sono ormai conosciute e mediatizzate, in particolare quelle comprese tra il 1901 e il 1955. Quando alcune di queste liste sono state rivelate alla stampa, si è potuto scoprire che Adolf Hitler era stato un tempo candidato, nel 1939, da Erik Brandt, membro del parlamento svedese, prima che questo ritornasse sulla sua decisione alcuni giorni più tardi. Altre proposte di questo genere, sottoposte al comitato, come quella di Benito Mussolini ( nel 1935) o ancora di Stalin (nel 1945) e nel 1948). Questo per capire la strumentalizzazione che aveva luogo, dietro le quinte, per eleggere qualcuno e sbarrare la strada ad altri.
I nobel per la pace e per la letteratura di quest’anno non si distinguono dai precedenti per i “ metodi” della candidatura. Il premio Nobel della pace è stato conferito ad un cinese. Pierre Haski ce ne parla: “Liu Xiaobo, 54 anni, è stato condannato nel dicembre 2009 ad 11 anni di prigione per il suo ruolo nella redazione e la divulgazione della Carta 08, un testo che reclama la democratizzazione della Cina, firmato da diverse migliaia di persone. Questo testo si ispira alla Carta 77 dei dissidenti cechi all’epoca del comunismo e Vaclav Havel, dissidente e poi presidente ceco, ha sponsorizzato la “candidatura ” di Liu Xiaobo per questo premio. La scelta del Comitato per il Nobel è certa di suscitare la collera di Pechino, che aveva inviato un vice-ministro degli Affari esteri a Oslo, quest’estate, per mettere in guardia il presidente del comitato per il Nobel sulle le conseguenze di una possibile assegnazione a questo dissidente imprigionato. Il vice-ministro aveva previsto che questa scelta avrebbe avuto delle conseguenze negative sulle relazioni cino- norvegesi”. “Durante il suo processo, ha fatto una notevole arringa personale nella quale sperava di essere l’ultima vittima dell’inquisizione intellettuale della Cina”. Un testo con cui plaude ai considerevoli progressi raggiunti dalla Cina, dalla fine dell’era maoista con la morte del Grande Timoniere nel 1976, ma che sottolinea le lacune in termini di Stato di diritto e di rispetto dei valori universali ai quali proclama il suo attaccamento. La Cina non ha mai ricevuto direttamente il premio Nobel. Nel 1989, l’anno del massacro di Tienanmen, il premio Nobel per la pace era stato attribuito al Dalai Lama, leader spirituale tibetano esiliato in India. E nel 2000, lo scrittore Gao Xingjian, esiliato in Francia e divenuto cittadino francese, riceveva il premio Nobel per la letteratura”. Pechino ha qualificato l’attribuzione come atto di “depistaggio” e ha messo in guardia la Norvegia contro possibili ripercussioni diplomatiche. Nel 1989, di ritorno dagli USA, dove aveva insegnato alla Columbia University di NY, questo insegnante dell’Università normale di Pechino partecipa al movimento democratico della piazza Tienanmen, proclamato dagli studenti.(…) Escluso dall’università, diventa uno degli animatori del Centro indipendente PEN Cina, gruppo di scrittori. Mantiene stretti contatti con il mondo intellettuale; e anche se non può essere pubblicato in Cina, i suoi libri sono diffusi a Hong Kong. In una recente intervista, conservava la speranza di una democratizzazione progressiva della Cina: “ Questa progredisce lentamente ma le domande di libertà- da parte della gente comune, ma anche degli stessi membri di partito- non saranno facili da contenere”. Liu Xiaobo è sposato e non ha figli. Pechino si era ufficialmente dichiarato contrario all’attribuzione del Nobel al dissidente.
Come si può notare, tre premi Nobel sono stati attribuiti in 20 anni a cinesi, per le loro prese di posizione contro la loro patria. Se in assoluto, la loro lotta per la libertà e la loro competenza sono riconosciute, è probabile che non siano i soli. Ci devono certamente essere delle personalità cinesi o altre con simili competenze, il cui impegno contro il loro paese non è stato preso in considerazione.
Lo stesso metodo permette di comprendere l’assegnazione del Nobel alla letteratura del 7 ottobre, allo scrittore ispano peruviano Mario Vargas Llosa per il quale la bestia nera è Chavez che in un modo o nell’altro, sarebbe da abbattere . “Simpatizzante comunista durante la sua giovinezza universitaria e vicino a Castro fino al 1971, Mario Vargas Llosa diventa l’apostolo del neoliberismo: “Spero che mi abbiano dato il il premio più per la mia opera letteraria che non per le mie opinioni politiche. Ma se le mie opinioni politiche, in difesa della democrazia e della libertà e contro le dittature, sono state prese in considerazione, ne sono contento” dichiarava Mario Vargas Llosa, all’Istituto Cervantes di New York, di fronte ad una folla di giornalisti che raccoglievano le sue reazioni all’assegnazione del Nobel”.
Come si vede, Mario Vargas Llosa ha dei dubbi e pensa che il Premio Nobel gli sia stato attribuito per le sue posizioni politiche di destra. Senza rinnegare le qualità letterarie, bisogna constatare che in un certo senso è in missione per conto dell’Occidente.
Interrogato sul futuro dell’America latina, sottolinea che presenta oggi “ governi di sinistra e di destra che sono democratici. E’ una grossa novità rispetto al passato, quando né la destra né la sinistra erano democratici, l’una credeva nei golpe militari e l’altra nella rivoluzione”.E poi aggiunge: “ Cuba e il Venezuela presentano, secondo me, un arretramento ma la mia impressione è che questa corrente autoritaria, antidemocratica va esaurendosi. Ha sempre minore appoggio popolare, come si è appena visto, per esempio con le elezioni (legislative) venezuelane”. (…)L’esistenza di un caudillo carismatico suppone sempre l’abdicazione della volontà, del libero arbitrio, dello spirito creatore e della razionalità di tutto un popolo davanti ad un individuo riconosciuto come essere superiore, meglio dotato per decidere nel bene e nel male per un paese in materia politica, economica, culturale, sociale, scientifica, ecc. E’ questo che vogliamo? Che un nuovo Chavez ci liberi da Chavez?” .
E’ risaputo che l’Occidente che si considera come unico detentore della norma universale e capace di distinguere il bene dal male. Le sue “argomentazioni” per convincere, fanno appello alla democrazia aeroportata, come si sa, con droni interposti, che permette pure all’ultima recluta, dal fondo di una sala climatizzata del Texas, di decidere con il suo joystick sul bene e sul male, braccando il bersaglio con un piacere sadico. Distrutto l’obbiettivo, se ne rimane con la soddisfazione per il lavoro ben svolto e se poi è stato un errore, sarà un’altra azione incaricata di farla dimenticare … L’altro modo di combattere i propri nemici consiste nell’attivare altri canali, oltre a fomentare disordini, si incoraggiano le dissidenze nei paesi che danno problemi all’ “ordine imperiale”.
Per noi non è questione di rifiutare in blocco, tutte le assegnazioni, ci dobbiamo inchinare umilmente , per esempio, davanti a Madre Teresa che meritò mille volte questo riconoscimento ma bisogna ricordare che Gandhi- l’apostolo della non violenza- non ha ricevuto il premio Nobel pur essendo stato nominato più volte perché la Gran Bretagna si era opposta. Tuttavia, non possiamo negare le malversazioni politiche di ogni tipo, circa l’attribuzione dei premi Nobel. Così, durante la guerra fredda, si sa che lo scrittore sovietico Boris Pasternack ha ricevuto il premio Nobel per un manoscritto fuoriuscito nel 1959, grazie alla CIA e proposto al comitato Nobel quando il libro era ancora in forma di manoscritto. Fu,così, per Soljenitsyne, per operaio Lech Walesa che aveva avuto la benedizione di un certo Carol Wojtyla, futuro papa , che minarono l’impero sovietico dall’interno a partire dai suoi satelliti quali la Polonia, la Cecoslovacchia con Vaclav Havel (Letteratura), lo stesso Vaclav Havel che sponsorizzava la candidatura del dissidente cinese per il premio per la pace del 2010. Il colpo da maestro dell’occidente fu inferto all’impero sovietico attribuendo il premio Nobel per la pace a Mikhail Gorbatchev.
Questo fu, al contempo, “la fine della storia”, secondo Fukuyama, la fine della guerra fredda e “l’inizio dello choc di civilizzazioni”, secondo Samuel Huntington, declinata in modo soft come guerra al terrorismo nel le sue multiple varianti( Irak, Hamas, Iran, Afganistan). Fu anche l’Indonesia musulmana che ne fece le spese abdicando alla propria sovranità su Timor orientale. Per far conoscere la causa, Mgr Belo, un uomo di chiesa, fino ad allora sconosciuto, si vide attribuire il premio e con questo titolo la sua causa ebbe più visibilità. Non si può non vederci la lotta sorda contro l’Islam e di fatto contro l’ordine stabilito e contro il neoliberismo che si giocano con ogni mezzo, rischiando di vanificare milioni di speranze.
Infine, trattando il feuilleton dei premi Nobel concessi ai dirigenti arabi “normalizzati” che accettano l’ordine imperialista, con Israele come avanposto di democrazia nella barbarie, due serie di premi Nobel sono stati assegnati per niente: Sadate e Begin, che ha permesso di neutralizzare definitivamente l’Egitto e Arafat, Rabin che ha permesso a Oslo lo smembramento di quello che resta della Palestina. Anche la guerra contro l’Iran ha visto l’attribuzione del premio Nobel della pace a Shirin Ebadi. Tutto va bene per destabilizzare i paesi che non accettano di rientrare nei ranghi.
Chi ha sentito di premi Nobel per la pace in questi ultimi anni che abbiano compiuto la missione storica che ci si aspettava da loro? Malgrado media compiacenti, questi non riescono ad emergere e se ci riescono sono scacciati come disonesti, con un silenzio assordante dei media; fu così per Mairead Corrigan premio Nobel per la pace espulsa da Israele per reato d’opinione che aveva mostrato compassione per i bimbi palestinesi, fu scacciata dagli israeliani e nessuno trovò da ridire. Allo stesso modo Monsignore Desmond Tutu, Premio Nobel per la pace, gli fu vietato di tenere una conferenza in una università USA. Cris Toffolo, presidente del programma di studi “Giustizia e pace” dell’università cattolica Saint Thomas di Minneapolis/St. Paul, era fiero di essere riuscito ad invitare l’arcivescovo sud africano e celebre militante anti apartheid Desmn Tutu per venire a parlare davanti ai suoi studenti. La direzione dell’Università, temendo che potesse far sogere una controversia, decise di consigliarsi con la comunità ebraica della città” (…) Doug Hennes, vice presidente dell’Università, giustificò la decisione: “Abbiamo avuto sentore di un certo numero di cose che ha detto che certe persone trovano le trovano antisemite, perché opposte alla politica israeliana. Non lo accusiamo di essere antisemita. Ma ha comparato lo stato di Israele a Hitler e stimiamo che questo genere di paralleli morali siano offensivi per certi membri di quella comunità”.
Il Nobel per la pace o per la guerra?
La Cina non è come l’ex Urss, è la seconda potenza economica del mondo, ha buoni del tesoro americani (circa 1500 miliardi di dollari), si permette di venire in aiuto di numerosi paesi europei (Grecia, Spagna). Non vuole sopravvalutare la sua moneta come esigerebbe Europa, Stati Uniti e Giappone. Infatti, nessuno, per quanto affidabile, potrà distogliere la Cina dalla sua battaglia contro la fame, battaglia che le ha permesso di far uscire dalla miseria 400 milioni di persone. Vediamo bene come in Europa le proteste dei cittadini siano rispettate: tre milioni di persone in strada e hanno fatto come se non ci fosse stata nessuna protesta. Continueranno a sgobbare passando dalla fabbrica al cimitero senza essersi goduto la pensione.
Quando l’Occidente riduce in briciole paesi come Irak e l’Afghanistan è perché porta la democrazia con droni interposti. Non ci sono mai stati tanti morti da quando è stato dato il premio Nobel ad Obama.E’ certamente il premio per la guerra che avrebbero fatto bene a consegnargli. Ci si domanda come mai Mahmoud Abbas non abbia ricevuto il premio, lui che ha fatto della resa incondizionata un modo di governare e negoziare.
Aspiriamo tutti alla democrazia ma bisogna domandarsi se l’esempio Cinese che privilegia lo sviluppo e una apertura al rispetto della condizione umana, non sia lo schema migliore per questo paese. Cosa vuole l’Occidente? La democrazia, ovunque, come in Irak o in Afghanistan? O più semplicemente una esplosione della Cina che prima di tutto farà male ai cinesi e permetterà al liberismo selvaggio di fare definitivamente manbassa sul pianeta? La democrazia occidentale che discute sempre degli oppressi è da opporsi ad un dispotismo illuminato che dà da mangiare a tutti che non lascia nessuno indietro. Il problema sta tutto qua. L’occidente che vuole imporre un neoliberismo tagliente e le sue lacrime di coccodrillo non è interessato che ai dissidenti che, in un modo o nell’altro, che lo si voglia o meno, sono complici della distruzione del proprio paese. Così gira il mondo.
Fonte: www.mondialisation.ca
involuzione
Poche cose abbiamo imparato dalla storia all'infuori di questa: che le idee si condensano in un sistema di ortodossia, i poteri in una forma gerarchica e che ciò che può ridare vita al corpo sociale irrigidito è soltanto l'alito della libertà, con la quale intendo quella irrequietezza dello spirito, quell'insofferenza dell'ordine stabilito, quell'aborrimento di ogni conformismo che richiede spregiudicatezza mentale ed energia di carattere.
Io sono convinto che se non avessimo imparato dal marxismo a vedere la storia dal punto di vista degli oppressi, guadagnando una nuova immensa prospettiva sul mondo umano, non ci saremmo salvati. O avremmo cercato riparo nell'isola della nostra interiorità o ci saremmo messi al servizio dei vecchi padroni. Ma tra coloro che si sono salvati, solo alcuni hanno tratto in salvo un piccolo bagaglio dove, prima di buttarsi in mare, avevano deposto, per custodirli, i frutti più sani della tradizione intellettuale europea: l'inquietudine della ricerca, il pungolo del dubbio, la volontà del dialogo, lo spirito critico, la misura nel giudicare, lo scrupolo filologico, il senso della complessità delle cose.
Norberto Bobbio
Io sono convinto che se non avessimo imparato dal marxismo a vedere la storia dal punto di vista degli oppressi, guadagnando una nuova immensa prospettiva sul mondo umano, non ci saremmo salvati. O avremmo cercato riparo nell'isola della nostra interiorità o ci saremmo messi al servizio dei vecchi padroni. Ma tra coloro che si sono salvati, solo alcuni hanno tratto in salvo un piccolo bagaglio dove, prima di buttarsi in mare, avevano deposto, per custodirli, i frutti più sani della tradizione intellettuale europea: l'inquietudine della ricerca, il pungolo del dubbio, la volontà del dialogo, lo spirito critico, la misura nel giudicare, lo scrupolo filologico, il senso della complessità delle cose.
Norberto Bobbio