Passata la spensierata ebbrezza della tanto agognata - dal mondo Occidentale - vittoria del pensiero unico edonistico-liberista, la post-modernità ci sta facendo pian piano svegliare con quegli acciacchi tipici della post-sbornia da notti bagorde. Le sfide che il nostro tempo ci sta ponendo innanzi sono molteplici ed alcune appaiono insormontabili senza una seria, quanto traumatica, revisione dei nostri modelli. Dalla crisi finanziaria globale alle ondate migratorie, dall’abbassamento della dignità del lavoro nei paesi sviluppati alla compromissione degli equilibri ambientali sono tra le sfide che l’umanità si trova ad affrontare e dalle cui risposte dipende la tenuta stessa dell’abitabilità del mondo.
Tuttavia, dietro alla pregnanza di questi grandi temi passa inosservata una difficoltà che incide in maniera non secondaria sulle capacità che ognuno di noi deve avere per fare fronte e navigare, quantomeno a vista, sul mare in tempesta di questo nostro tempo. Facciamo esperienza ogni giorno dello sgretolamento delle illusioni e della vacuità delle apparenti prelibatezze della post-modernità e a ciò reagiamo con atteggiamenti tipici degli stati di depressione: l’inattività e l’apatia tipica di chi vede ormai frantumarsi il tempo della speranza, il futuro. Insomma, si assiste quotidianamente all’infiacchirsi della nostra fiducia di incidere su processi macroscopici, assestando conseguentemente un colpo mortale alla nostra capacità critica. Quella difficoltà, a cui poco fa accennavo, agisce drammaticamente su questo biunivoco rapporto di potenziamento tra sfiducia e infiacchimento del senso critico, di fatto neutralizzando quei meccanismi culturali che potrebbero recidere il rischio di cristallizzazione in forme psicotiche dell’apatia e dell’inattività. Questa difficoltà si sostanzia nella distinzione tra Realtà e Fiction, nella nostra capacità di saper rintracciare la differenza tra Vero e Verosimile.
Con l’approssimarsi dell’onnipotenza della tecnica, non solo la Fiction rischia di essere indistinguibile dalla Realtà ma addirittura assume un ruolo privilegiato rispetto ad essa, quasi un livello maggiore di verità. Nella Fiction il Verosimile, nel suo ruolo di approssimazione al Vero, raggiunge risultati talmente alti – la tecnica è declinabile infatti come Alta Definizione – che, travolti gli antichi rapporti, la Realtà sembra avere un ruolo da comprimario perché non necessariamente spettacolare.
Il confine tra realtà e finzione si scardina e l’individuo, perso nel deserto di valori della post-modernità, si abbandona ai narcotici e alle illusioni del verosimile come ad una “dolce morte”.
Niente di più profetico poteva esprimere il genio artistico di René Magritte quando nel 1933 sollevò il problema, esprimendolo nell’estasi artistica di “La condition humaine” (vedi foto). La distinzione tra la realtà e la sua riproduzione artistica è rintracciabile solamente per mezzo del bordo bianco della tela, che rompe la continuità con il mondo esterno. Sottovalutare l’importanza di quel tratto bianco significherebbe delegare ad altro – nei nostri tempi la tecnica – la creazione di un mondo condiviso. La sfida di oggi allora, si gioca su questo stacco tra tela e mondo esterno. Riattivare la differenza tra Vero e Verosimile significa prendere in mano, come collettività, l’attività creatrice di significati che nella loro portata universale possono restituire un mondo abitabile insieme agli Altri. Lasciare che la Fiction e la Verosimiglianza rompono gli argini di questa distinzione, venendo a sostituire - come suo surrogato spettacolare - il mondo esterno, significa lasciare mano libera a poteri eterei e sovracomunitari - economici e tecnici - la creazione di questi significati. Magritte nel disegnare il bordo bianco della tela ci ha testimoniato che l’uomo può destarsi dal suo abbandono e diventare artista di un mondo di significati condivisi da tutti. Condizione perché questo avvenga è che si distingua ancora il Vero dal Verosimile, la Realtà dalla sua riproduzione spettacolare, cioè dalla Fiction.
Il confine tra realtà e finzione si scardina e l’individuo, perso nel deserto di valori della post-modernità, si abbandona ai narcotici e alle illusioni del verosimile come ad una “dolce morte”.
Niente di più profetico poteva esprimere il genio artistico di René Magritte quando nel 1933 sollevò il problema, esprimendolo nell’estasi artistica di “La condition humaine” (vedi foto). La distinzione tra la realtà e la sua riproduzione artistica è rintracciabile solamente per mezzo del bordo bianco della tela, che rompe la continuità con il mondo esterno. Sottovalutare l’importanza di quel tratto bianco significherebbe delegare ad altro – nei nostri tempi la tecnica – la creazione di un mondo condiviso. La sfida di oggi allora, si gioca su questo stacco tra tela e mondo esterno. Riattivare la differenza tra Vero e Verosimile significa prendere in mano, come collettività, l’attività creatrice di significati che nella loro portata universale possono restituire un mondo abitabile insieme agli Altri. Lasciare che la Fiction e la Verosimiglianza rompono gli argini di questa distinzione, venendo a sostituire - come suo surrogato spettacolare - il mondo esterno, significa lasciare mano libera a poteri eterei e sovracomunitari - economici e tecnici - la creazione di questi significati. Magritte nel disegnare il bordo bianco della tela ci ha testimoniato che l’uomo può destarsi dal suo abbandono e diventare artista di un mondo di significati condivisi da tutti. Condizione perché questo avvenga è che si distingua ancora il Vero dal Verosimile, la Realtà dalla sua riproduzione spettacolare, cioè dalla Fiction.
Con occhio superficiale una tale riflessione sembra - visti i drammi dei nostri tempi - troppo astratta, ma quanto sia stringente lo dimostra - se guardiamo con occhio più fino - il grande circo politico italiano di questi giorni. Tra le grandi questioni dirimenti della quotidianità italiana, come le guerre fallimentari e i più di 2 milioni (21,2% Istat) di giovani tra i 15 e i 29 anni inattivi (disoccupati e non inseriti in percorsi formativi e scolastici), l’opinione pubblica si divide e si da battaglia su scandali sessuali degni dei più squallidi B-movie della commedia sexy all’italiana.
Così assuefatti alla spettacolarizzazione della realtà, è la Fiction che domina, è la tecnica con il suo impero nella finzione che crea i suoi significati e il nostro senso critico si sposta dalle grandi questioni alla narcosi del verosimile, ammansendoci tutti nell’abbiocco voyeuristico.
Aureliano XeneizesCosì assuefatti alla spettacolarizzazione della realtà, è la Fiction che domina, è la tecnica con il suo impero nella finzione che crea i suoi significati e il nostro senso critico si sposta dalle grandi questioni alla narcosi del verosimile, ammansendoci tutti nell’abbiocco voyeuristico.
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