Il Travaglio del Gramscismo
Novanta anni fa fu fondato il Partito Comunista d’Italia – Sezione della Terza Internazionale. Fondatori il gruppo milanese di Bruno Fortichiari, il ‘Soviet’ del napoletano Amadeo Bordiga e infine, titubante, Gramsci per conto del giornale-partitino torinese ‘Ordine Nuovo’. Novant’anni di Storia iniziati tra tragedia e trionfo, lotte, lotte armate, clandestinismo, resistenza, ricostruzione e lotte di governo e di opposizione, filo-sovietismo, ex-filosovietismo, pentitismo post-sovietista e rinnegamento antisovietico, ‘tout court’. Dalla lotta di Classe all’Egemonia, dalla Svolta di Salerno al compromesso storico, all’inciucio, all’autoliquidazione nel correntone cosmopolita dell’‘Ulivo Mondiale’, all’adesione alle voglie e desideri, da ‘Ruby Rossi’, del Pentagono, di Wall Street e di Tel Aviv. Dall’intellettuale organico al Moderno principe, il Partito Comunista, all’agente d’influenza al servizio dei vari think tank statunitensi o para-statunitensi. Da Beppe Fenoglio a Fabio Fazio. Da Ejzenstejn a Muccino. Da Curzio Malaparte a Cita Degregorio. Dalla Piazza Rossa, faro della rivoluzione proletaria mondiale, alle equivoche piscine di Hollywood, faro della globalizzazione ideocratica anglosionstatunitense.
Si, l’avventura è iniziata tra tragedie e trionfi, e sta terminando tra pernacchie e scorreggine. Da Fortebraccio a Crozza. Già da questo dato, si capisce il tracollo di una Storia.
Non starò a ripercorrere la cronologia storica del PCdI-PCI-PDS-DS-PD non serve ed annoia. Oltre che essere inutile. A chi interessa del vero fondatore del Partito Comunista in Italia, Amadeo Bordiga, uno dei tre/quattro marxisti italiani di levatura internazionale che ha sfornato questa Storia? A chi interessa sapere che Gramsci non era affatto un marxista, e che il gramscismo è un sottoprodotto del crocianesimo, malattia che ha devastato l’intelligencija italiana? A chi interessa sapere di Paolo Robotti, dirigente del PCdI e parente di Togliatti, stalinista di ferro prima e dopo esser stato torturato dalla polizia politica di Stalin? Roberto Oros di Bartini, chi era costui? E chi avrà mai fatto Ilio Barontini? A chi interessa delle gesta in terra di Spagna e in terra del Friuli del killer personale di Togliatti, Vittorio Vidali? Chi si ricorda della ‘Guardia di Ferro di Stalin’ Pietro Secchia e della sua Guardia, un po’ meno di ferro, Giulio Seniga, vero padre spirituale e carnale della ‘Nuova Sinistra’ sessantottina? E Luigi Longo, che avrà mai fatto nella sua vita? E chi sono mai stati Pompeo Colajanni e Cino Moscatelli e Angiolo Gracci, questi capi nazional-patrioti (i ‘nazionalcomunisti’, disse l’Amadeo, e che qualche anima pia evangelistica, oggi, rebufferebbe dall’alto della sua ciotola mondandoriana)?
Cialtronia. Infatti del PCI rimangono la faccia smunta del sanculotto ultraborghese Enrico Berlinguer, questo Torquemada travestito da S. Francesco ha lasciato in eredità la sua diletta figlia dirigente RAI-CIA, Bianca, e un moralismo anti-operaio e antipopolare, che solo chi ha saputo fingersi per tutta una vita ‘amico del Proletariato e del Popolo’, ha saputo sfoggiare e imporre. L’egemonia! Dallo stringere la cinghia quale dovere ‘morale’ degli operai, nel 1975, alla buffonata di Mirafiori Gennaio 2011. Una linea rossa che si vede e si segue benissimo, basta volerlo.
I militanti del PCI, che leggevano Geymonat, sono degenerato in una massa informe e ringhiosa che ulula di piacere agli epigrammi del piccolo giacobino ultra-reazionario Marco Travaglio.
Dall’assalto al Cielo, a tre metri sopra il cielo. Dalla foto di Antonio Gramsci accanto alla testata de l’Unità, alla foto della sospetta uxoricida Sakineh. Dalla giungla del Viet Nam, assieme al venerabile Generale Giap e a Zio Ho, alle giungle di plastica hollywoodiane, assieme a zio Rambo e a zio Arnold, a dare la caccia ai feroci nemici della ‘Democracy and Liberty’: Sandinisti, Chavisti o contadini honduregni che siano. Ripugnante. Con Dalema, primo presidente del consiglio ‘post-ex comunista’, l’Italia partecipa attivamente e in prima linea all’aggressione ingiustificata e ingiustificabile, a ciò che rimane della Jugoslavia, mentre si difende dal terrorismo (quello vero, non quello inventato dai burattinai della libera compagnia della menzogna 24h TG-3/RaiNews). Un terrorismo kosovaro-albanese alimentato dalle intelligence di mezza NATO, collegato alla mafia kosovaro-albanese, a sua volta in affari con le mafie di Puglia e dintorni: Bari, Brindisi, Foggia, Taranto, Napoli, …Gallipoli.
Sciocchezze, sciocchezzuole. Non sono queste le cose serie e importanti, ribatteranno prontamente i vari vati residuali del fu PCI. I nipotini verbosi e sussiegosi del verboso e sussiegoso Pietro Ingrao. Affabulatore eterno, tanto bravo a spacciarsi da rivoluzionario, quanto a metterla in quel posto al gonzume che gli va dietro. Dal suo migliore allievo, il gagà Fausto Bertinotti, ad Antonello Caporali e a Niki Vendola; la pestifera figliata ingraiana perseguiterà il popolo italiano per molto tempo ancora.
Dalle scuole delle Frattocchie, a imparare a memoria un marxismo fasullo e monco, appreso spesso da professori-inquisitori, allo studio televisivo del ‘bracciante’-inquisitore milionario Michele Santoro, a imparare a memoria tutti gli stilemi del pornomoralismo, nuova bandiera rivoluzionaria dei senza rivoluzione; nuovo ‘Sol dell’Avvenire’ dei senza speranza …di poter vincere le elezioni. Dal mitra di Dante Di Nanni, al videofonino di Patrizia D’Addario. Dalla critica tormentata di Piepaolo Pasolini alle vacue evacuazioni notturne della contessa Serena Dandini. È comprensibile il perché i piddini si vergognino di celebrare i novant’anni dalla nascita del PCd’I. Cos’hanno più a che fare con quella Storia? E per carità, in effetti, risparmino a tutti il volto lungo e flaccido del Walter Valetroni, lo squittìo irritante di Nanni Moretti, il nullismo totalitario della Deborah Serracchiani, il nazismo comportamentale del ‘Lider Minimo’ Max Dalema, le facce efebiche degli Orlando, dei Renzi e altri rottami incipriati, disquisire dei mali e dei torti del Comunismo variamente inteso.
Continuino pure a fare la rivoluzione guardando nel buco della serratura del bagno di Casa Berlusconi. Troveranno altre guide da inserire nel loro pantheon.
Non più i ritratti di Gramsci, Togliatti, Longo e Natta, ma le foto glamour delle facce rettiliane dei Travaglio e delle Daddario, quella laida della Giovanni Bottero, quella dallo sguardo vuoto di un Federico Moccia o di un Fabio Fazio, oppure dallo sguardo torvo di un Roberto Saviano. Tutti in attesa che dal petto sbocci non una rosa rossa, ma un mandato di cattura che permetta di impiccare per i piedi il guastafeste festaiolo d’Arcore. Invocare una finta rivoluzione, per celebrare una vera catarsi da novant’anni di storia, nelle azioni e nei pensieri, travestita e rigettata.
Si, l’avventura è iniziata tra tragedie e trionfi, e sta terminando tra pernacchie e scorreggine. Da Fortebraccio a Crozza. Già da questo dato, si capisce il tracollo di una Storia.
Non starò a ripercorrere la cronologia storica del PCdI-PCI-PDS-DS-PD non serve ed annoia. Oltre che essere inutile. A chi interessa del vero fondatore del Partito Comunista in Italia, Amadeo Bordiga, uno dei tre/quattro marxisti italiani di levatura internazionale che ha sfornato questa Storia? A chi interessa sapere che Gramsci non era affatto un marxista, e che il gramscismo è un sottoprodotto del crocianesimo, malattia che ha devastato l’intelligencija italiana? A chi interessa sapere di Paolo Robotti, dirigente del PCdI e parente di Togliatti, stalinista di ferro prima e dopo esser stato torturato dalla polizia politica di Stalin? Roberto Oros di Bartini, chi era costui? E chi avrà mai fatto Ilio Barontini? A chi interessa delle gesta in terra di Spagna e in terra del Friuli del killer personale di Togliatti, Vittorio Vidali? Chi si ricorda della ‘Guardia di Ferro di Stalin’ Pietro Secchia e della sua Guardia, un po’ meno di ferro, Giulio Seniga, vero padre spirituale e carnale della ‘Nuova Sinistra’ sessantottina? E Luigi Longo, che avrà mai fatto nella sua vita? E chi sono mai stati Pompeo Colajanni e Cino Moscatelli e Angiolo Gracci, questi capi nazional-patrioti (i ‘nazionalcomunisti’, disse l’Amadeo, e che qualche anima pia evangelistica, oggi, rebufferebbe dall’alto della sua ciotola mondandoriana)?
Cialtronia. Infatti del PCI rimangono la faccia smunta del sanculotto ultraborghese Enrico Berlinguer, questo Torquemada travestito da S. Francesco ha lasciato in eredità la sua diletta figlia dirigente RAI-CIA, Bianca, e un moralismo anti-operaio e antipopolare, che solo chi ha saputo fingersi per tutta una vita ‘amico del Proletariato e del Popolo’, ha saputo sfoggiare e imporre. L’egemonia! Dallo stringere la cinghia quale dovere ‘morale’ degli operai, nel 1975, alla buffonata di Mirafiori Gennaio 2011. Una linea rossa che si vede e si segue benissimo, basta volerlo.
I militanti del PCI, che leggevano Geymonat, sono degenerato in una massa informe e ringhiosa che ulula di piacere agli epigrammi del piccolo giacobino ultra-reazionario Marco Travaglio.
Dall’assalto al Cielo, a tre metri sopra il cielo. Dalla foto di Antonio Gramsci accanto alla testata de l’Unità, alla foto della sospetta uxoricida Sakineh. Dalla giungla del Viet Nam, assieme al venerabile Generale Giap e a Zio Ho, alle giungle di plastica hollywoodiane, assieme a zio Rambo e a zio Arnold, a dare la caccia ai feroci nemici della ‘Democracy and Liberty’: Sandinisti, Chavisti o contadini honduregni che siano. Ripugnante. Con Dalema, primo presidente del consiglio ‘post-ex comunista’, l’Italia partecipa attivamente e in prima linea all’aggressione ingiustificata e ingiustificabile, a ciò che rimane della Jugoslavia, mentre si difende dal terrorismo (quello vero, non quello inventato dai burattinai della libera compagnia della menzogna 24h TG-3/RaiNews). Un terrorismo kosovaro-albanese alimentato dalle intelligence di mezza NATO, collegato alla mafia kosovaro-albanese, a sua volta in affari con le mafie di Puglia e dintorni: Bari, Brindisi, Foggia, Taranto, Napoli, …Gallipoli.
Sciocchezze, sciocchezzuole. Non sono queste le cose serie e importanti, ribatteranno prontamente i vari vati residuali del fu PCI. I nipotini verbosi e sussiegosi del verboso e sussiegoso Pietro Ingrao. Affabulatore eterno, tanto bravo a spacciarsi da rivoluzionario, quanto a metterla in quel posto al gonzume che gli va dietro. Dal suo migliore allievo, il gagà Fausto Bertinotti, ad Antonello Caporali e a Niki Vendola; la pestifera figliata ingraiana perseguiterà il popolo italiano per molto tempo ancora.
Dalle scuole delle Frattocchie, a imparare a memoria un marxismo fasullo e monco, appreso spesso da professori-inquisitori, allo studio televisivo del ‘bracciante’-inquisitore milionario Michele Santoro, a imparare a memoria tutti gli stilemi del pornomoralismo, nuova bandiera rivoluzionaria dei senza rivoluzione; nuovo ‘Sol dell’Avvenire’ dei senza speranza …di poter vincere le elezioni. Dal mitra di Dante Di Nanni, al videofonino di Patrizia D’Addario. Dalla critica tormentata di Piepaolo Pasolini alle vacue evacuazioni notturne della contessa Serena Dandini. È comprensibile il perché i piddini si vergognino di celebrare i novant’anni dalla nascita del PCd’I. Cos’hanno più a che fare con quella Storia? E per carità, in effetti, risparmino a tutti il volto lungo e flaccido del Walter Valetroni, lo squittìo irritante di Nanni Moretti, il nullismo totalitario della Deborah Serracchiani, il nazismo comportamentale del ‘Lider Minimo’ Max Dalema, le facce efebiche degli Orlando, dei Renzi e altri rottami incipriati, disquisire dei mali e dei torti del Comunismo variamente inteso.
Continuino pure a fare la rivoluzione guardando nel buco della serratura del bagno di Casa Berlusconi. Troveranno altre guide da inserire nel loro pantheon.
Non più i ritratti di Gramsci, Togliatti, Longo e Natta, ma le foto glamour delle facce rettiliane dei Travaglio e delle Daddario, quella laida della Giovanni Bottero, quella dallo sguardo vuoto di un Federico Moccia o di un Fabio Fazio, oppure dallo sguardo torvo di un Roberto Saviano. Tutti in attesa che dal petto sbocci non una rosa rossa, ma un mandato di cattura che permetta di impiccare per i piedi il guastafeste festaiolo d’Arcore. Invocare una finta rivoluzione, per celebrare una vera catarsi da novant’anni di storia, nelle azioni e nei pensieri, travestita e rigettata.
Alessandro Lattanzio, 19/1/2011